Tra le 8.30 e le 9.00 del 21 dicembre un bimbo di 9 anni di Nuxis giunge al CTO di Iglesias con il 118 e accede direttamente al reparto pediatrico per difficoltà respiratoria. E’ un bambino fragile per una patologia autoimmunitaria diagnosticata a nove mesi.
Sottoposto alle indagini diagnostiche, i
medici contattano la Rianimazione del Brotzu, ma nel reparto per i trattamenti
di eccellenza in regime di urgenza non c’è posto e non si ricovera. Il bimbo si
aggrava.
In nessuna Rianimazione sarda si trova
un posto letto. I pediatri del CTO e il primario anestesista non si arrendono e
contattano ospedali della penisola. Solamente a Padova c’è disponibilità per il
ricovero.
Il bimbo, con un Falcon 50
dell’Aeronautica militare, accompagnato dal primario anestesista, raggiunge
Bologna e poi in ambulanza giunge a Padova intorno alle 4 del mattino del 22
dicembre, giusto in tempo per essere soccorso e stabilizzato.
In Sardegna la vita è sempre più appesa
a un filo. Se nella penisola i posti letto di terapia intensiva pediatrica sono
3 per milione di abitanti, quindi ben al di sotto degli 8 posti della media
europea, in Sardegna la Rianimazione pediatrica non esiste proprio. L’ospedale
Brotzu è punto di riferimento regionale con due posti letto per l’età
pediatrica, ma all’interno della Rianimazione generale. Per garantire i
migliori risultati i bambini devono essere assistiti in unità di terapia
intensiva pediatrica e non in quelle per adulti dove le competenze non sono le
stesse.
Il caso, uno fra tanti, ribadisce
l’assenza di una visione globale della gestione della Sanità. Manca una
programmazione e non si investe sui bambini.
La Rete Sarda Difesa Sanità Pubblica
denuncia l’inadeguatezza delle istituzioni deputate a gestire la Sanità in
Sardegna e invita le istituzioni di competenza ad una maggiore vigilanza sui
diritti dei malati e sui doveri degli apparati politici e burocratici, dagli
assessorati alle Asl.
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