Trattano con il Comune per avere più volumi. Sono pieni nonostante i
canoni. Il loro mercato è in crescita. Anche il Pnrr, le cui gare vanno a
rilento, li sostiene
Palestra, piscina, sala yoga, cinema, sala giochi, auditorium, ristorante, coworking e aule studio. Sono alcuni dei servizi esclusivi offerti dagli studentati privati che stanno nascendo in diverse città d’Italia: le stanze hanno un prezzo superiore rispetto alla media di mercato. Variano in base al tipo di residenza, ai servizi inclusi, alla dimensione: un posto letto può partire da poche centinaia di euro fino ad arrivare a più di mille. Ecco perché si parla di studentati «di lusso». A poterseli permettere sono studenti con disponibilità economiche oltre la media, soprattutto provenienti da altri Paesi.
A differenza degli appartamenti affittati sul libero mercato, qui gli
studenti non devono interfacciarsi con le agenzie immobiliari o i proprietari
privati, non devono affrontare le selezioni dei futuri coinquilini e possono
prenotare una stanza direttamente dal sito dello studentato, senza dover essere
presenti in loco. Gli alloggi sono completamente ristrutturati e dotati di
molti comfort.
A investire nel settore sono soprattutto fondi immobiliari internazionali e
fondazioni. Il mercato è nuovo in Italia, ma nel resto dell’Europa ha già una
sua storia. Attualmente nel nostro Paese ci sono meno di 50 mila posti alloggio
negli studentati convenzionati censiti dal ministero dell’Università e
ricerca, cresciuti
solo del 9,5% negli ultimi dieci anni: per portare questo numero a 100 mila
entro il 2026, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) mette a
disposizione 960 milioni di euro, destinati all’housing per
studenti. La novità è che la partecipazione al finanziamento viene estesa agli
attori privati, in modo da riuscire a raggiungere gli obiettivi nei tempi stretti
richiesti dall’Unione europea.
C’è un problema: la corsa alle residenze per studenti dovrebbe risolvere il
problema abitativo anche dei meno abbienti. La legge, però, non fissa un tetto
massimo alle tariffe di affitto e non mette paletti chiari su quanti nuovi
alloggi dovranno essere riservati a studenti con basso reddito. E così sono i
privati a stabilire il prezzo.
«Il vantaggio finale è per gli studenti o per gli investitori?», si chiede
in maniera retorica Federica Laudisa dell’Osservatorio regionale per
l’università e per il diritto allo studio di Ires Piemonte. La risposta è
chiara: «In Italia manca un registro pubblico dei soggetti che percepiscono i
finanziamenti per l’edilizia per studenti, con dati aperti e liberamente
consultabili, né esiste un ente regolatore che faccia i controlli. Questo
finisce per agevolare i proprietari di residenze, invece che gli universitari
che hanno bisogno di una casa».
L’inchiesta
Questo articolo è stato realizzato nell’ambito del European Cities
Investigative Journalism Accelerator. Cities for Rent è
un’inchiesta collaborativa europea sul modo in cui il mercato dell’affitto sta
cambiando le città. Su IrpiMedia, in questo
nuovo filone d’inchiesta finanziato da Stars4Media, indaghiamo la crescita del
mercato degli studentati e il peso dei crediti inesigibili nel mercato dei
mutui in Europa.
La (fallita) assegnazione dei fondi del Pnrr
I primi 7.500 posti per i nuovi studentati finanziati con il Pnrr dovevano
essere disponibili entro dicembre di quest’anno: il decreto 1046 del 2022 stanziava 300
milioni euro, puntando in particolare sul patrimonio immobiliare esistente e
non utilizzato. Il testo prevede di destinare solo «prioritariamente» i posti
letto a studenti capaci e meritevoli privi di mezzi (in base a quanto stabilito
dal decreto legislativo 68 del 2012). Sembra invece venire dimenticato un altro
decreto, il 937 del 2016, secondo cui almeno
il 20% dei posti letto cofinanziati dallo Stato devono essere destinati
«obbligatoriamente» – e non solo «prioritariamente» – a studenti in stato di
necessità.
Comunque, il bando non ha ottenuto abbastanza candidature, e così sono stati
assegnati solo 150 milioni, la metà dei fondi disponibili, arrivando a 4.478
posti letto distribuiti su 46 progetti. Tra gli assegnatari ci sono le
università, gli enti per il diritto allo studio, ma anche fondazioni e società
private. Per assegnare i rimanenti 150 milioni di euro, è stato emanato
un secondo bando, con scadenza al 28
dicembre 2022.
I restanti 660 milioni del Pnrr confluiscono poi in un nuovo Fondo per l’housing universitario, istituito dall’articolo 25
del cosiddetto decreto aiuti ter (ossia il decreto legge 144 del 2022): a differenza dei
precedenti bandi, queste risorse saranno destinate esclusivamente a soggetti
privati, che possono eventualmente stipulare convenzioni con le università e
gli enti per diritto allo studio (anche se non vi è nessun obbligo). Nel testo
di legge si chiarisce che i posti letto sono comunque «destinati agli studenti
fuori sede individuati sulla base delle graduatorie del diritto allo studio, ovvero
di quelle di merito», ma non si specifica in quale percentuale e soprattutto
chi è incaricato dei controlli.
Le leggi sugli
studentati
Bologna, un esempio della privatizzazione del mercato
dello student housing
Bologna, città frequentata dagli universitari dal 1088, è testimone di
questa tendenza alla privatizzazione dell’edilizia per studenti: il mercato
dell’affitto è saturo, mancano alloggi e così diversi attori privati stanno
fiutando nuove possibilità di guadagno. La prima a muoversi in città è stata
Camplus, che a Bologna ha anche la sua sede centrale. Nel settembre 2020 è poi
arrivata la catena olandese The Social Hub (fino a ottobre 2022 The Student
Hotel). Né Camplus, né The Social Hub si rivolgono esclusivamente agli
studenti: anche «giovani professionisti e viaggiatori», si legge ad esempio
nella brochure di Camplus, sono i benvenuti in queste strutture. L’ultimo
arrivato a Bologna, a ottobre 2022, è il britannico Beyoo Laude Living mentre
nel 2025 aprirà anche uno studentato della società iberica Livensa Living.
Attualmente a Bologna tutti gli studentati privati sono pieni, prova del
fatto che esiste un target disposto a pagare anche cifre elevate pur di avere
una stanza. Da un lato, queste strutture rappresentano un valore aggiunto per
la città: mettono a disposizione nuovi alloggi e creano posti di lavoro, sia
nella fase di costruzione e ristrutturazione, sia nella fase di gestione.
Dall’altra parte, però, la presenza di residenze di lusso può avere effetti
deformanti sul tessuto urbano e sociale dei quartieri: il rischio è che i
prezzi vengano trainati verso l’alto, portando alla gentrificazione di alcune
aree e a operazioni di speculazione immobiliare…
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