Ancora una
volta, in tal caso in Cile, l’umanità si è trovata dinanzi al solito bivio. Da un lato
lo sfruttamento cieco e incosciente del pianeta e dall’altro il rispetto per la
natura in quanto tutto, che contiene noi altri come il resto delle creature
viventi. E ha preso la sua decisione.
C’era una volta una storia che andrà come andrà, e non sarà un finale facile da
accettare.
Lo temo, lo suppongo, me l’aspetto e ho accumulato sin troppo disincanto nel
corpo per immaginare una conclusione differente.
D’altra parte, dal punto di vista anagrafico, come molti della mia generazione
non sono di certo persona interessata. Al massimo, responsabile, per alcuni
aspetti anche colpevole. Perciò lasciamo in pace le meritate e necessarie
speranze di chi vive e soprattutto vivrà in prima persona gli scenari futuri.
Nel mentre, siamo in Cile, nei pressi del comune di La Higuera della provincia di Elqui nella
Regione di Coquimbo.
Su questa zona ha mosso una decina di anni addietro le proprie fameliche quanto
sbavanti fauci il progetto denominato Dominga.
Supportato dai precedenti governanti per varie ragioni tutt’altro che casuali,
prefigura la realizzazione di un impianto minerario portuale, attingendo al
giacimento situato proprio a 16 km a nord-ovest della città di La Higuera.
Tuttavia, approfittando della traduzione italiana del nome del progetto stesso,
come dire, non è sempre dominga, ovvero domenica.
Difatti, nonostante le belle parole nella presentazione dell’iniziativa -
laddove anche nelle operazioni maggiormente devastanti dal punto di vista ecologico
si cerca di sfangarla tramite una sorta di greenwashing semantico con aggettivi
tipo “sostenibile” o “rinnovabile” - nel 2017 la valutazione ambientale del
progetto ha restituito pareri
decisamente negativi.
Ne ha pagato le spese – giustamente a mio avviso – il governo Bachelet,
tra dimissioni di ministri a destra e a manca, anche se dal punto di vista
dell’orientamento politico, visto ciò che è accaduto con l’esecutivo
successivo, forse bisognerebbe che questa gente con il telecomando delle nostre
vite nelle mani e coloro che glielo affidano cominciassero a capire che
l’effettiva priorità dell’ambiente su ogni nostra decisione non è solo una cosa
di sinistra o di destra, ma di semplice buon senso.
Nondimeno, come premesso, nonostante in Cile nel 2018 si sia passati da un
governo socialista a uno di pensiero opposto come quello di Sebastián
Piñera, il famigerato progetto è rimasto invariato sul tavolo, in cima alle
urgenze.
A esser franchi, lo stesso Piñera ne era un forte sostenitore finché è stato
presidente prima della stessa Bachelet dal 2010 al 2014.
Il tutto comprovato dalle informazioni emerse dallo
scandalo dei Panama Papers, dove tra l’altro venne fuori il
coinvolgimento della famiglia del presidente sin dal 2010, azionista di
maggioranza del 56% del progetto stesso.
Ripeto, sarà forse un evidente sintomo del tempo che passa, ma su questo
argomento non sono particolarmente ottimista, qualora volga lo sguardo verso
l’orizzonte.
Tuttavia, lo scorso mercoledì un comitato ministeriale del nuovo governo
dell’attuale presidente Gabriel Boric ha dato ai cileni e soprattutto alla
terra che li ospita una buona notizia: il progetto Dominga è stato bocciato nuovamente
in quanto dimostra nei fatti di non voler fare abbastanza per evitare l'impatto
dell’estrazione sulle vicine riserve marine e naturali, le quali ospitano
delfini tursiopi, diverse specie di balene e il pinguino di Humboldt.
C’era una volta infine una storia, la nostra, che andrà come andrà, e non credo
che i miliardari e i miliardi che si nascondono o meno dietro tali mostruose
azioni criminali si arrenderanno, ma per una volta non hanno vinto.
Oggi no.
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