Probabilmente avrete letto tutti la notizia, uscita qualche giorno fa,
della famiglia statunitense con il bimbo che aveva un problema, riassunto così
da Repubblica:
“Il piccolo ha il pene arrossato e dolorante:
preoccupata, la madre consulta un’infermiera per fissare un consulto di
emergenza la mattina successiva. L’operatrice sanitaria le chiede di inviare
delle foto in modo che il medico potesse esaminarle in anticipo. La madre
scatta le foto e le invia attraverso il sistema di messaggistica del medico.”
Poco dopo, Google blocca l’accesso del padre alla posta gmail, ai suoi contatti e foto su Google, e persino al suo numero di telefono – Google, negli Stati Uniti, è anche un fornitore di servizi telefonici. E Google chiama anche la polizia che apre un’indagine sul presunto pedofilo. Anche quando gli investigatori riconoscono l’evidente innocenza del signore, Google si rifiuta di ridargli l’accesso ai suoi “servizi Google”.Solo alcuni dei “Servizi Google”
Il caso non è isolato, ma sistematico: solo
nel 2021, Google ha chiuso 270.000 account per motivi analoghi, facendo 600.000
denunce.
Ragioniamo su questi dati.
1. La vittima/cliente di Google è un
cittadino statunitense che vive negli Stati Uniti.
2. Google è una ditta statunitense
3. Il sistema amministrativo statunitense impone a Google di applicare una legge statunitense
4. La ditta statunitense passa automaticamente al vaglio tutto ciò che passa per le sue mani, per fare ciò che le impone il sistema amministrativo statunitense.
Ma attenzione: a me, nessuno ha chiesto il
passaporto quando anch’io – allora giovane e ingenuo – ho
aperto un account su gmail. Potevo essere statunitense oppure qualunque altra cosa.
Ma immagino che Google controlli i messaggi che mando io, esattamente come
controlla i messaggi che mandano cittadini statunitensi.
Riscriviamo quindi solo la prima
riga:
1. La
vittima/cliente di Google può essere un cittadino di qualunque paese.
E lasciamo tutte le righe successive immutate:
2. Google è una ditta statunitense
3. Il sistema amministrativo statunitense impone a Google di applicare una legge statunitense
4. La ditta statunitense passa automaticamente al vaglio tutto ciò che passa per le sue mani, per fare ciò che le impone il sistema amministrativo statunitense.
Io ho scritto genericamente “sistema amministrativo statunitense”, perché
da questo episodio, emerge che è intervenuta la polizia, quindi presumiamo
la magistratura. Ma non è certo l’unica autorità in grado
di intervenire, nel paese dei Presidential Emergency Action Documents.
Google controlla sistematicamente tutto ciò che le passa per le mani, alla ricerca di materiale pedopornografico.
Quindi mi posso sentire tranquillo?
No, aspettate un attimo.
Noi sappiamo solo che Google controlla
sistematicamente tutto ciò che le passa per le mani.
E grazie a un caso di cronaca, sappiamo che tra le infinite cose che il sistema amministrativo statunitense le può
chiedere/imporre di controllare, c’è il materiale
pedopornografico.
Lo veniamo a sapere perché la presunzione di pedofilia porta subito alla
chiusura degli account e a un’indagine di polizia.
Ma possiamo immaginare mille altre situazioni, in cui si potrebbe
preferire non chiudere un account. E in
cui non ti trovi la polizia che ti bussa alla porta di casa con un mandato, se
non altro perché non abiti negli Stati Uniti.
Ecco perché è bene degooglizzarsi.
Cominciamo proprio dal sito degooglisons-internet.org.
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