È il primo mattino del
13 febbraio 2019 e la nebbia intorno a Borore – paese di duemila anime nella
sub-regione del Marghine, in provincia di Nuoro – non si è ancora diradata.
Nonostante il freddo, nelle campagne di “Sa Canna Urpina”, a pochi minuti dal
centro abitato, due auto imboccano la strada che porta a un ovile. Sul primo
veicolo ci sono due uomini, sul secondo un uomo e una ragazzina.
Nell’ovile – una casetta di mattoni e lamiere – le cimici del Raggruppamento
operativo speciale (Ros) dei carabinieri sono in ascolto. Nei nuovi arrivati,
gli inquirenti riconoscono un accento «quasi sicuramente calabrese», ma dopo
pochi minuti l’ospite sardo invita gli altri a uscire per «vedere dei vitelli».
Forse sospetta la presenza di microspie nell’ovile.
È Francesco Porcu, allevatore di 64 anni con una lista di precedenti degna
di nota: sequestro di persona a scopo di estorsione e rapina, cessione di
stupefacenti, furto e detenzione illegale di armi.
Caratterizzata da un’antica vocazione agropastorale, l’area del Marghine è
celebre per i nuraghi, il Museo del pane rituale e gli importanti rinvenimenti
archeologici. È in questa zona, ad esempio, che sono state rilevate le tracce
del vino più antico del mondo. Ma un altro primato la segna: l’aver dato i
natali ad alcuni dei più sanguinari banditi dell’Anonima sequestri. Mai
veramente curate le radici, cause e concause di questo fenomeno, la Sardegna
centro-occidentale rimane strategica per condurre affari criminali.
Nelle campagne di “Sa canna urpina” la nebbia fatica a diradarsi.
La rete di ovili
È passato un anno esatto da quando, a febbraio del 2018, il Ros ha ricevuto
un’informativa dai colleghi di Nuoro. Riguarda Porcu, ritenuto «il vero capo
dello smercio di droga nella Sardegna centrale» e il cui ovile è individuato
come «il principale sito (di smistamento, ndr) dello
stupefacente importato».
La segnalazione non cade inascoltata. Alla guida del team ci sono
inquirenti di livello. Vengono da pregresse esperienze nella Penisola, dove
hanno conosciuto da vicino organizzazioni di narcotrafficanti e sodalizi di
stampo mafioso. Così nasce l’operazione Marghine –
terza indagine antimafia a vent’anni di distanza da San Gavino –
il cui impianto accusatorio dimostra l’esistenza di una stabile organizzazione
finalizzata al narcotraffico nata dall’incontro tra la ‘ndrangheta, come
fornitore, e i gruppi di criminali sardi, come acquirenti.
Porcu è una figura centrale tra questi due mondi. Esperto narcotrafficante,
tutela se stesso e gli interessi del gruppo con una cautela al limite della
paranoia. «È talmente abituato a traffici di stupefacenti e sospettoso di
indagini nei suoi confronti», scrive il Gip di Cagliari Giuseppe Pintori nella
misura cautelare, che nell’ovile tiene un rilevatore per microspie e un jammer, un dispositivo elettronico in grado di
interferire con eventuali cimici nei paraggi. Non solo, secondo gli inquirenti
«i discorsi compromettenti sulle trattative di acquisto di stupefacenti sono
stati sempre effettuati all’aperto, lontani dalle macchine e senza telefoni».
Ma per il giudice non ci sono dubbi: l’oggetto dei colloqui riservati è
certamente un’attività di narcotraffico, «tanto è vero che Porcu e i calabresi
non si sono nemmeno avvicinati al luogo dove c’era il bestiame».
Aggiornato l’incontro, il padrone di casa annuncia di aver organizzato un
pranzo per il giorno dopo, al quale sono invitati anche i narcotrafficanti. I
carabinieri tornano a nascondersi tra le campagne di Borore. Hanno trovato una
posizione strategica da cui vedono il cancello d’ingresso dell’ovile: arrivano
varie auto, molte delle quali già segnalate in quanto usate da noti trafficanti
di droga strettamente legati a Porcu per parentela o per amicizia. Riconoscono
una delle auto che aveva fatto visita all’ovile il giorno prima e, grazie al
numero di targa, risalgono al recente imbarco da Civitavecchia e ai nomi dei
viaggiatori. Sono Antonio Strangio, classe ‘58, e suo nipote Sebastiano Ficara,
classe ‘85, entrambi con precedenti per narcotraffico ed entrambi di San Luca,
centro nevralgico della ‘ndrangheta nella Locride.
Nessuno dei due è un narcotrafficante internazionale, almeno non al livello
di broker del calibro di Ciccio Riitano, che hanno
rifornito la Sardegna di cocaina come già raccontato da IrpiMedia e Indip. Sono personaggi
di seconda schiera, eppure la loro presenza è «un segnale che indica come la
Sardegna abbia a che fare con una struttura criminale e un’infiltrazione di
livello, ma di cui si vede ancora solo il primo strato», spiegano fonti
investigative. L’operazione Marghine non ha
scoperto una vera e propria attività sistemica tra ‘ndrine di San Luca e narcos
sardi, ma rivela una comunione d’intenti che – se non analizzata, compresa e
interrotta – potrebbe diventare una solida base per uno “sbarco” molto più
stabile per la ‘ndrangheta in Sardegna.
Quello a casa di Porcu è un pranzo d’affari. A tavola i calabresi declamano i propri precedenti penali come se cercassero di fare colpo sugli altri commensali. Raccontano anche di un altro pasto avvenuto sempre per discutere di droga: la sera prima erano a cena da «una persona seria (come capacità criminale, ndr)», un certo «Costantino».
Si tratta di Costantino Dore, allevatore barbaricino con un ovile ad
Arborea, il quale vanta «un variegato curriculum criminale», scrive il Gip, e
precedenti per rapina e reati in materia di armi.
Ma ai due incontri – scoprono gli inquirenti – se ne aggiunge un terzo,
dalle parti di Decimoputzu, a nord ovest di Cagliari e un’ora di macchina da
Arborea. Avviene nell’azienda agricola della famiglia di Raffaele Nonne, 44
anni, all’epoca semilibero dopo una condanna per rapina a mano armata. Nel
2007, con un commando, aveva assaltato l’ufficio postale di Pula, generando una
sparatoria nella quale hanno perso la vita due persone.
Stando alla ricostruzione degli inquirenti, l’ovile di Nonne diventa una
delle tappe del tour dei sanlucoti in Sardegna. Da una parte i due acquirenti
sardi, Dore e Nonne appunto, dall’altra l’intermediazione di Porcu che tira le
fila della distribuzione di droga in Sardegna, nelle zone del Marghine e della
Planargia.
Un ultimo contatto fondamentale è quello che lega Strangio a Porcu. Si tratta
di Silvano Murgia, originario di Uras, un piccolo centro abitato in provincia
di Oristano a poca distanza dalla statale 131, l’arteria che collega il sud al
nord dell’isola. L’intera rete di acquirenti e nascondigli ha appunto una
caratteristica peculiare: sono tutti facilmente raggiungibili in meno di un’ora
di macchina l’uno dall’altro.
Santa Barbara, le
origini del patto
Va così, ormai da anni, il traffico di droga che coinvolge l’isola. «Un
fenomeno criminale in netta espansione nell’ultimo decennio nella Sardegna
centrale dove il narcotraffico ha sostituito o affiancato altri gravissimi
delitti contro la persona ed il patrimonio, quali il sequestro di persona e le
rapine a mano armata», scrive il Gip nella misura cautelare
dell’operazione Marghine, che garantiscono grandi
guadagni «ma che richiedono una notevole organizzazione, disponibilità di armi
e comportano un serio rischio». Il traffico di droga permette invece profitti
ancora più grandi con meno rischi.
Ed è per questo che negli ultimi vent’anni si sono creati gruppi di narcos
che importano regolarmente droghe grazie al contatto con camorra e ‘ndrangheta.
D’altronde gli affari sono promettenti e l’isola figura costantemente tra le
regioni italiane con il maggiore consumo di cocaina al fianco di Umbria e Lazio
e, nel 2003, superando perfino la Lombardia.
Questi gruppi sono facilitati dalla geografia in cui operano: campagne
remote (nel Marghine e Planargia in particolare) e zone montuose e impervie (in
Barbagia), che hanno però facile accesso alle due arterie (le strade statali
131 e 129) che attraversano tutta l’isola.
A quando risalga l’inizio della specifica alleanza tra i sanlucoti e i
“pastori” di Marghine e Barbagia non è dato sapere, ma per Antonio Strangio è
sicuramente significativo l’anno 1976, quando il calabrese è ancora adolescente
e sua sorella Antonia (sic) aspetta una figlia dall’allora trentunenne Silvano
Murgia, di Uras, come appreso da IrpiMedia e Indip. I dettagli di questa amicizia si perdono nel
tempo, ma non i suoi effetti.
Murgia viaggia spesso tra la Sardegna e la “la terza isola”, come viene
spesso chiamata la Calabria. A metterlo nero su bianco è l’indagine Santa Barbara, condotta dal Ros di Cagliari, che nasce
per investigare un traffico di droga in ingresso in Sardegna che individua
proprio in Murgia il canale di collegamento tra i calabresi, nel ruolo di
fornitori, e un’organizzazione stabile per l’importazione di cocaina ed eroina
in Sardegna, da lui capitanata insieme a due soci: Efisio Sanna e Francesco
Mulargia. Santa Barbara – l’indagine
prende il nome dal ristorante il cui si incontravano i trafficanti – porterà
all’arresto di tutti e tre e parte proprio da quest’ultimo.
Mulargia è un ex-poliziotto originario di Serrenti, paese di cinquemila
abitanti a circa mezz’ora da Cagliari, con precedenti legati alla droga. La sua
rete, coltivata per anni insieme all’amico Efisio Sanna, non si limita al solo
Cagliaritano, ma arriva a coprire l’intera isola, dal centro Sardegna, fino a
località turistiche come Villasimius. Lo dimostrano conversazioni e
spostamenti.
Mulargia e Murgia si conoscono nel 1992 in carcere, ma per anni si perdono
di vista. Un fortuito incontro a casa di un fornitore di droga permette di
riallacciare i rapporti: Mulargia e Sanna non sono soddisfatti della qualità
della droga appena acquistata e Murgia propone loro di entrare in affari,
garantendo di poterne procurare di migliore e senza passare da intermediari.
L’associazione dei tre dà origine a un traffico arrivato a garantire forniture
stabili e continuative di uno o due chili di cocaina al mese, provenienti
direttamente dall’Aspromonte.
Lo schema è semplice quanto proficuo: Murgia assicura carichi costanti
dalla Calabria, dove il suo interlocutore diretto è il giovane cognato Antonio
Strangio. Le forniture vengono portate sull’isola, tagliate a casa di alcuni
custodi di fiducia usando dei frullatori e, successivamente, vendute al
dettaglio per soddisfare l’ampia rete di consumatori. Da un lato la cocaina,
prevalentemente destinata all’associazione con Mulargia e Sanna, dall’altra
l’eroina, che Murgia continua a distribuire autonomamente.
Per Murgia diversificare è reso più semplice dal fatto che è lui a tenere
contatti stabili con Strangio, in forza dei suoi rapporti familiari. Ma che
l’origine della merce fosse tra le cosche di San Luca era chiaro anche ai soci.
Ne parlano spesso Sanna e Mulargia, senza sapere di essere intercettati, anche
lamentando in più di un’occasione problemi nel rapporto con Strangio.
I due sono convinti che la cocaina a loro riservata sia di qualità
inferiore e di prezzo più alto, rispetto a quella di altri concorrenti sulla
piazza sarda. Ma il legame tra Murgia e suo cognato rende evidentemente
obbligatorio interfacciarsi con la Locride, dove in un’occasione si reca lo
stesso Sanna, per valutare prima della spedizione la qualità della merce.
È l’ottobre del 2003 quando, dall’altro lato del Mediterraneo, Mulargia e
Sanna attendono notizie dal socio in missione. I due gli hanno affidato
ventimila euro per pagare l’acquisto della fornitura e i compratori che si
riforniscono da loro fanno pressione per avere il prodotto.
Tuttavia, quando tentano di contattare telefonicamente Murgia, non
ottengono alcuna risposta. I due iniziano a innervosirsi e a lamentarsi
dell’organizzazione di Strangio, dei ritardi e della qualità della droga.
Quello che non sanno è che Murgia è stato arrestato non appena ha messo piede
nuovamente in Sardegna con una parte della fornitura di cocaina ed eroina.
Ignari del fatto, Mulargia e Sanna continuano a parlare di come distribuire la merce non appena sarà arrivata, eventualmente comprando da altri fornitori per coprire il ritardo ingiustificato del loro socio e in ogni caso certi che la prima cosa da fare sia, non appena possibile, «incontrare il proprietario del ristorante», Silvano Murgia. Pochi giorni dopo anche Sanna e Mulargia vengono arrestati, decidendo a quel punto di collaborare e di fornire le preziose informazioni che hanno reso possibile la ricostruzione del traffico di cui facevano parte...
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