Vogliono impadronirsi del potere e spergiurano che questa volta le cose cambieranno davvero. La loro sarà una vera rivoluzione perché loro sono i buoni e non conoscono dubbi e fragilità. Ma c’è una cosa che i buoni non dicono mai: hanno bisogno di asservimento volontario al loro potere, a fin di bene naturalmente, insomma non cercano persone che pensano in modo critico, non delegano e fanno perdere tempo alla rivoluzione. «Forse l’unica e autentica rivoluzione che meriti questo nome – scrive Mauro Armanino dal Niger – è quella che non sa di esserlo, consapevole della sua intrinseca e umana fragilità. La sola che si avvicini a questa utopia è quella che la sabbia, gelosamente, nasconde agli occhi dei “buoni”…»
Il Niger ha vissuto il suo primo putsch nel 1974. Fu organizzato da un
quartetto di ufficiali guidati dal tenente colonnello Seyni Kountché, il quale
giustificò la sua presa di potere con le difficoltà sociali evidenziate dalla
carestia… “Dopo quindici anni di regno segnati da ingiustizia, corruzione,
egoismo e indifferenza nei confronti del popolo al quale pretendeva di
assicurare benessere, non possiamo più tollerare la permanenza di questa
oligarchia”. Ci troviamo nello stesso anno nel quale Edoardo Bennato
lanciava una canzone il cui testo inizia con “Arrivano i buoni, Arrivano,
arrivano” e continua come segue:
Finalmente hanno capito che qualcosa qui non va
Arrivano i buoni e dicono basta
A tutte le ingiustizie che finora
Hanno afflitto l’umanità
L’ultimo (per ora?) della serie dei putsch è stato giustificato dal
discorso dal presidente della transizione, il generale Abdourahamane Tiani, all’occasione degli
auguri per la festa dell’indipendenza nel passato mese di agosto: ”È questa la
sede per ribadire con estrema chiarezza che l’unica ragione dell’azione del
CNSP è e rimane la salvaguardia della nostra patria, il Niger… Semplicemente,
sono in gioco le vite del popolo nigerino e l’esistenza stessa del Niger come
Stato … vi sono i problemi ormai endemici della corruzione diffusa e
dell’impunità, della cattiva gestione, dell’appropriazione indebita di fondi
pubblici, del clanismo di parte, della radicalizzazione delle opinioni e delle
posizioni politiche, della violazione dei diritti e delle libertà democratiche,
della deviazione del quadro statale a vantaggio di interessi privati e
stranieri, dell’impoverimento delle nostre popolazioni laboriose”. Stesse
cose, cinquant’anni dopo.
Quanti sbagli, quanti errori
Quante guerre e distruzioni
Ma finalmente una nuova era comincerà
La storia umana è una mescolanza di sabbia: si rincorrono imperi, regimi di
eccezione, repubbliche, monarchie, dittature e rivoluzioni. Alcune più note e
altre meno ma tutte con l’inconfessata speranza di un mondo differente, nuovo o
semplicemente migliore del precedente. Solo che nella storia succede come nella
vita perché nulla si crea e nulla si distrugge del vissuto. Si girano le pagine
del libro le cui pagine sono scritte dalla sabbia, cancellabili e, proprio come
la vita, fragili. Troppe volte le promesse dei fautori di rivoluzioni
non erano che colpevoli miraggi. Altre volte le legittime
aspirazioni del popolo si trovano poi tradite dalla realtà del quotidiano.
L’esperienza insegna infatti che bene e male, saggezza e follia, verità e
menzogna si mescolano e confondono a seconda delle stagioni e dei rapporti di
forza. Allora da uno stato di eccezione si passa alla normalità o, se vogliamo,
è la banalità del male che anela a un ulteriore putsch con altri giusti che,
finalmente, metteranno i “cattivi” in grado di non nuocere.
Arrivano i buoni ed hanno le idee chiare
Ed hanno già fatto un elenco
Di tutti i cattivi da eliminare
Le liste sono flessibili e sfuggevoli perché, anch’esse, di sabbia e dunque
mutevoli. Non casualmente si celebrano processi sommari di delinquenti notori.
Vengono istituiti spesso comitati di salute pubblica, di protezione della
rivoluzione e si salveranno dal ripudio solo coloro che danno assicurazioni di
trasparente onestà, gente con “le mani pulite”. Sono loro i prescelti per
governare o comunque orientare e conservare lo spirito della rivoluzione. La
giustizia mostra in tutta evidenza ciò che ci sia aspetta da lei e dunque
l’asservimento volontario al potente di turno. Spariscono cittadini, attivisti,
corrotti e corruttori del sistema. Liste che si aggiornano in
continuazione sotto la guida di gente “illuminata” dallo spirito del tempo e
dal senso della storia dei vincitori. Naturalmente questo processo di
identificazione dei “cattivi” si apparenta a un cantiere permanente per
vocazione e soprattutto domanda tempo, anni ed è ciò che si definisce come
“rivoluzione permanente”. Tutto ciò durerà finché i nuovi padroni saranno,
prima o poi, loro stessi vittime del loro tempo di transizione. Arriveranno
altri buoni, migliori dei precedenti per completare il lavoro.
Così adesso i buoni hanno fatto una guerra
Contro i cattivi, pero hanno assicurato
Che è l’ultima guerra che si farà
Finalmente una nuova era comincerà
Difficile affermare se quelle che abbiamo finora designato col nome pomposo
di “rivoluzioni” lo sono state davvero. Oppure sono state le cronache di
tradimenti annunciati fin dal loro germe sapendo che tra i mezzi adoperati e il
fine perseguito c’è complicità e continuità inscindibile. Forse l’unica
e autentica rivoluzione che meriti questo nome è quella che non sa di esserlo,
consapevole della sua intrinseca e umana fragilità. La sola che si avvicini a
questa utopia è quella che la sabbia, gelosamente, nasconde agli occhi dei
“buoni”.
Nessun commento:
Posta un commento