Due Diligence di sostenibilità aziendale: gli Stati membri scelgono di anteporre i profitti delle imprese al rispetto dei diritti umani e del lavoro. L’Italia fra i paesi che hanno affossato il voto.
Il Consiglio dell’Unione
europea ha fatto un altro regalo al mondo delle imprese, inclusa all’industria dell’abbigliamento e delle
calzature, non approvando in sede Coreper l’accordo che aveva
precedentemente concluso con il Parlamento europeo su una normativa per proteggere i diritti umani e
l’ambiente dagli abusi delle imprese, tra cui salari da miseria, condizioni di
lavoro pericolose e negazione di libertà di associazione sindacale. Un colpo basso inferto a lavoratori e
lavoratrici di tutto il mondo e alla salute e stabilità del nostro pianeta.
Sebbene la proposta di
direttiva sia stata oggetto di due
anni di negoziati tra le tre
istituzioni, una minoranza di
Stati membri, guidata dalla Germania e sostenuta vigorosamente anche
dall’Italia, ha deciso di fare marcia indietro rispetto
all’accordo provvisorio raggiunto al termine di sei mesi di trilogo.
“Le
lavoratrici che producono gli abiti che indossiamo sono state ancora una volta
deluse da un sistema che protegge le aziende a scapito dei loro diritti, dei
loro salari e del loro benessere“,
ha dichiarato Deborah Lucchetti, coordinatrice nazionale della Campagna Abiti
Puliti. “La
Germania e altri Stati membri che si sono opposti al voto, fra cui il nostro
paese, hanno avanzato argomentazioni fuorvianti per far fallire un accordo che
è stato il risultato di lunghi negoziati sotto due presidenze dell’UE, uno sviluppo preoccupante che in ultima analisi
mantiene i più vulnerabili nell’economia globale bloccati in un ciclo di
povertà e abusi“.
Presentata dal
Commissario per la Giustizia Didier Reynders, la direttiva sulla dovuta
diligenza in materia di sostenibilità delle imprese (CSDDD) è stata la risposta
ad anni di campagne condotte da organizzazioni della società civile, sindacati
e movimenti sociali per prevenire e porre fine a comportamenti irresponsabili
da parte di aziende con sede e operanti nell’Unione, attraverso le loro
attività nelle catene globali del valore. Peraltro, anche molte aziende e associazioni di impresa si
sono espresse con favore nei confronti di questa normativa, a partire in Italia da CNA Federmoda, che in una lettera aperta dello scorso 22 febbraio indirizzata al
Ministero delle Imprese e del made in Italy ha ricordato come la direttiva due
diligence aiuterebbe le PMI italiane ad essere più competitive.
La direttiva avrebbe
affrontato questioni quali la povertà e i salari non pagati, le condizioni di
lavoro pericolose e la discriminazione di genere, tra le altre. Nel settore
dell’abbigliamento e delle calzature, le aziende che si vantano di essere sostenibili
e inclusive utilizzano complicate catene del valore e pratiche commerciali
abusive e sleali per estrarre profitti da lavoratori scarsamente retribuiti e
talvolta non pagati.
Alla Presidenza belga
dell’UE resta ora poco tempo ma soprattutto poco spazio di manovra per riaprire
i negoziati sul testo e trovare un accordo che possa essere approvato dal
Consiglio e dal Parlamento, a settimane dalla fine dell’attuale mandato e dalle
prossime elezioni europee.
“Non
approvando questa direttiva, i governi europei mandano un messaggio molto
chiaro: le aziende possono
continuare a sfruttare i lavoratori e la politica le proteggerà. Il fatto che l’Italia si sia allineata alla
posizione tedesca è molto grave: è
evidente che anche il nostro paese preferisce continuare a tenere i lavoratori
in povertà. Lo ha dimostrato facendo il funerale al salario minimo, lo dimostra
ancora una volta con il voto di oggi“,
ha aggiunto Priscilla Robledo, coordinatrice lobby e advocacy di Campagna Abiti
Puliti. “Continueremo
a stare al fianco di lavoratori e lavoratrici alla conquista di diritti umani,
dei redditi da lavoro e di condizioni di lavoro dignitose e chiediamo alla
Presidenza belga di riaprire prontamente i negoziati in modo da concordare un
nuovo accordo che mantenga gli elementi chiave del precedente prima della fine
di questo mandato“.
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