Ricordo con grande affetto il dott. Maida, il medico che per anni ha seguito la mia famiglia di origine quando vivevo ancora a Napoli.
Era una persona eccezionale, instancabile e capace di
empatizzare con i propri pazienti in maniera straordinaria. Ricordo
perfettamente il suo studio medico, era spartano, l’unico vezzo che si era
concesso era una statuina di ceramica di un medico con camice bianco e
sfigmomanometro appeso al collo con un’espressione simpatica, un bel sorriso su
di un viso rubizzo. Quella statuina aveva su di me un effetto quasi miracoloso
poiché, essendo io un bambino un po’ fifone per quanto riguarda le visite
mediche (ma chi non lo è), alla vista di quella statuina sorridente che mi
guardava, la mia tensione si scioglieva e la visita del dott. Maida diventava
“sopportabile”.
Il suo studio era sempre pieno all’inverosimile, le
attese erano lunghissime e favorivano lunghe chiacchierate tra i pazienti in
attesa, per cui andare dal dott. Maida significava anche socializzare e questo
rendeva tutto meno spiacevole, considerando che ci si trovava nella sala di
attesa di un medico. La sua capacità diagnostica era impressionante, negli anni
che è stato il nostro medico di famiglia e dunque anche il mio medico, quindi
dalla mia infanzia (avevamo anche un pediatra, ma noi ci fidavamo di Maida)
fino agli anni dell’università, non l’ho mai visto sbagliare una diagnosi.
Ci visitava in maniera scrupolosa e dopo qualche
minuto ci diceva con sicurezza qual era il problema, per fortuna problemi quasi
sempre semplici da risolvere, tranne che in un’occasione e cioè quando mia
sorella, durante l’adolescenza, venne assalita da dolori terribili e nessuno
dei numerosi specialisti dai quali Maida ci aveva mandato erano riusciti a
risolvere nulla. Durante una delle terribili notti nelle quali le urla di
dolore di mia sorella erano a dir poco insopportabili, in più di un’occasione
io mi chiudevo in bagno e mi tappavo le orecchie per non sentirla, mio padre
preso dalla disperazione, prima di portare mia sorella all’ospedale la quale ne
aveva terrore, non sapendo cosa fare, verso mezzanotte, chiamò a casa del dott.
Maida, si proprio così, a quei tempi c’erano medici che lasciavano ai loro
pazienti il numero privato di casa, non essendoci ancora i telefoni cellulari.
Il dott. Maida non abitava molto lontano da noi per cui dopo un po’ lo vedemmo
arrivare trafelato a casa con la sua borsa di cuoio e con ancora il pigiama
addosso!
Ve la immaginate oggi una cosa del genere? Comunque
sia, il nostro caro dottore essendosi accorto della profonda angoscia che
attanagliava i miei genitori a causa di quei dolori indicibili dei quali non si
riusciva a comprenderne le cause, prese l’iniziativa e disse: «Va bene, adesso
basta, visto che i “professori” finora non hanno capito nulla, mi assumo io la
responsabilità, da stasera stessa cominciate questa terapia e non vi
preoccupate più, credo di aver capito la causa di questi dolori». A noi sembrò
un miracolo, già dal giorno dopo mia sorella stava meglio e nel giro di pochi
giorni guarì completamente.
La storia del dott. Maida è stata immortalata in un
libro che ne descrive tutta la sua passione per la medicina e il profondo
spirito di solidarietà che animava la sua professione. Tempo fa mi sono
procurato questo libro e ho letto un aneddoto incredibile, pare che il dott.
Maida, agli inizi della sua carriera, girasse per le strade più povere di
Napoli per curare chi non aveva nemmeno i soldi per comprare i farmaci,
talmente tante sono state le persone aiutate da questo medico che ancora oggi a
Napoli si parla di lui. Pochi mesi fa il mio medico, qui a Nuoro, è andato in
pensione, per molti aspetti mi ricorda il dott. Maida, anch’egli è un medico
che non ha perso il “vizio” di visitare i pazienti, evita accuratamente le
diagnosi telefoniche e, udite udite, quando ce n’era bisogno veniva a casa a
visitarti.
Quando è arrivata la telefonata con la quale ci
comunicava che da lì a poco non sarebbe stato più il nostro medico (altro
aspetto eccezionale, molti svaniscono nel nulla e se ne perdono le tracce)
siamo stati presi, innanzitutto dalla tristezza poiché con lui si era
instaurato un bel rapporto umano e, in secondo luogo, siamo stati assaliti dal
panico poiché conoscendo la situazione nuorese e non solo, avremmo rischiato di
rimanere senza medico di base e, infatti, quando sono andato all’ufficio
dell’ASL preposto per il cambio del medico mi è stato detto che gli unici
medici disponibili erano a Dorgali un paese della provincia che dista da Nuoro
circa trenta chilometri. Poi, fortunatamente, una farmacista amica ci ha dato
il nome di un medico che forse aveva qualche posto che si era liberato di
recente. Mi ricordo che io e mia moglie, senza pudore, siamo andati a bussare
alla porta di questo medico e nel frattempo riflettevo su quante cose erano
cambiate nella sanità italiana dai tempi del dott. Maida. Comunque, per nostra
fortuna, abbiamo trovato un medico gentilissimo che, probabilmente, quando ci
ha visto davanti alla sua porta a chiedere disperati se ci prendeva, deve
essersi impietosito e ci ha detto subito di si.
Ecco, questo è un esempio, e nemmeno il più grave, di
come i cittadini italiani, quotidianamente devono districarsi tra le inadempienze
causate dalla totale incapacità di programmazione dei politici che governano la
regione Sardegna, ma leggo che, per quanto riguarda la sanità, è ciò che sta
accadendo in tutta Italia. Il nostro non è un paese giusto, purtroppo dobbiamo
ammetterlo, e fa molta rabbia che tale giustizia potrebbe essere più ampia
semplicemente scegliendo una classe politica adeguata. Mi preme però ricordare
ancora l’eroico dott. Maida che, dopo aver seguito migliaia di pazienti a
Napoli, contemporaneamente, non abbondonò mai la moglie che a causa di una
malattia rimase immobile a letto per anni assistita da quest’uomo che curava
semplicemente perché lo riteneva un suo dovere.
Molti anni dopo, quando non vivevo più a Napoli, venni
a sapere dai miei della morte terribile del dott. Maida, un tumore facciale che
gli devastò quel viso sempre sorridente e confortante, i miei genitori che
erano andati a trovarlo poco tempo prima che morisse mi dissero che per la
prima volta lo videro piangere, ma non piangeva per lui, pensava alla moglie
che avrebbe continuato, in completa solitudine, a vegetare in un letto
d’ospedale.
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