Hijos del silencio. Cosa c’è dietro le adozioni dei
bambini cileni in Sardegna? Lo racconta un podcast di Elena Basso e Giulia De
Luca
di Maurizio Pretta
C’è un lungo filo che lega il Cile alla
Sardegna. Un filo tenuto sommerso per decenni che a ben vedere è un intricato
ordito fatto di adozioni illegali, bambini strappati alle loro madri, membri di
organizzazioni religiose e caratterizzato dall’incredibile mutismo delle
istituzioni italiane. Sotto la dittatura di Augusto Pinochet circa cinquecento
bambini cileni arrivarono nell’isola. Come è potuto accadere? Lo racconta ‘Figli del Silenzio’, il podcast scritto dalle
giornaliste Elena Basso e Giulia De Luca che
con l’aiuto delle associazioni Hijos y Madres del
Silencio e Chilenos de Sardigna hanno ricostruito parte di una
complessa vicenda sottaciuta per troppo tempo.
Fra la fine degli anni ’70 e gli ’80,
circa cinquecento coppie sarde hanno adottato bambini e bambine nati in Cile. Sono soltanto una
piccola parte di quelle ventimila adozioni illegali effettuate con la
complicità di medici, ostetriche, infermieri, assistenti sociali, sacerdoti,
suore e magistrati. Una rete che specialmente negli anni della dittatura ha
agito liberamente e che ancora oggi gode della più totale impunità. Il pretesto
per la sottrazione di questi bambini erano le condizioni di miseria delle loro
famiglie o presunti problemi psicofisici, di alcolismo e droga. A questi si
aggiungono quelli prelevati abusivamente da orfanotrofi e brefotrofi, quelli
rapiti in strada dai carabineros e
quelli nati da stupri subiti dalle donne cilene imprigionate dopo il golpe
guidato da Augusto Pinochet, che l’11
settembre 1973 aveva rovesciato il governo democraticamente eletto di Salvador Allende e trascinato il Cile in una
sanguinosa dittatura terminata soltanto nel 1990.
Lo scandalo è emerso nel 2014, quando,
dopo alcune denunce e inchieste giornalistiche, il magistrato Mario Carroza ha avviato un’indagine giudiziaria.
Contemporaneamente la neonata associazione Hijos y Madres del Silencio ha
sviluppato un sistema di tracciamento che ha permesso di stabilire che molti di
questi bambini rapiti da ospedali e orfanotrofi erano partiti per le loro
destinazioni, principalmente Svezia, Italia, Francia e Stati Uniti, con certificati
di nascita cileni che erano stati depositati nei sistemi ufficiali di adozione
di questi paesi. Sono stati questi documenti a far saltare il tappo al vaso di
Pandora, aprendo la strada del ritrovo fra questi bambini, ormai adulti, e le
loro madri biologiche che per decenni, senza ottenere alcun ascolto, avevano
denunciato di essere state ingannate.
Il caso sardo rappresenta un esempio
esplicativo di un dramma che è stato studiato a fondo da Giovanna Bacchiddu, antropologa sarda dell’Università
Cattolica del Cile, che nel saggio ‘Come un trapianto d’organo.
Questioni di uguaglianza e diversità in un contesto di adozione
internazionale’ -pubblicato in Storie di Questo Mondo. Percorsi
di Etnografia delle Migrazioni. ed. F. Bachis and A.M. Pusceddu. Roma: CISU,
2013 – mette in evidenza una sua peculiarità: “I bambini nati in Cile e
adottati da famiglie sarde, come tutti i protagonisti di adozioni
internazionali, hanno inevitabilmente subito un dislocamento fisico ed emotivo.
Essi conservano le tracce della propria origine nel passaporto, talvolta
nell’aspetto fisico, ma soprattutto nell’emotività. Gran parte dei bambini dati
in adozione hanno accumulato una storia personale dolorosa, escludendo forse coloro
che vengono affidati a genitori adottivi a pochi giorni dalla nascita. Il
vissuto doloroso aumenta esponenzialmente con l’età: più lunga è stata la
permanenza in attesa di genitori disposti ad adottarli, maggiori sono state
le ripercussioni emotive.I casi di adozione analizzati si riferiscono a
bambini non più piccolissimi: quelli adottati in età neonatale sono decisamente
una minoranza, mentre prevalgono le adozioni di bambini tra i 6 e
i 12 anni. Un solo caso riguarda l’adozione di un diciottenne. In questi
casi i protagonisti hanno avuto una lunga permanenza nel paese d’origine,
avendo modo di stabilire forti legami con persone, luoghi, situazioni,
paesaggi, colori, sapori e odori”.
Aspetti che emergono, insieme a tanti
altri, anche in ‘Figli del Silenzio’, podcast di pregevole fattura, dove donne
e uomini che ormai hanno superato i quarant’anni d’età, alcuni appartenenti
all’associazione Chilenos de Sardigna, che si
propone di aiutare tutti i cileni adottati a ritrovare le proprie origini
andine, raccontano le loro esperienze ai microfoni di Elena Basso e Giulia De Luca, due giornaliste che si
occupano di tematiche sudamericane. Alcuni di loro, grazie alla rete
organizzata in Cile da Hijos y Madres del Silencio hanno potuto scoprire la
loro vera identità e sono riusciti a ricongiungersi alle madri e alle loro
famiglie naturali. Altri non hanno avuto uguale fortuna, ma non disperano di
riuscire ad ottenere anche per loro verità e giustizia.
Il podcast di IrpiMedia, edito da Giulio
Rubino e prodotto, montato e sonorizzato da Riccardo Coccoza è disponibile
su Spotify e sulle altre piattaforme digitali.
Sono oltre 500 i bambini cileni che, durante la dittatura di
Pinochet, sono stati dati in adozione a famiglie sarde. La loro storia è
rimasta nascosta per molto tempo, fino ad ora - Giulia Calvani
11 settembre 1973: il generale Augusto Pinochet, con un colpo di Stato,
rovescia il governo cileno di Salvador Allende.
Il Paese cade in una dura e repressiva dittatura militare, che terminerà
solo nel 1990.
Negli anni della dittatura, migliaia e migliaia di uomini e donne
vennero arrestati perché non allineati al governo, e di loro si persero le
tracce.
I sequestri avvenivano durante la notte, in totale segretezza. Alcuni venivano
torturati e uccisi, altri venivano gettati nell’Oceano attraverso i cosiddetti
“voli della morte“.
Altri venivano detenuti in campi di concentramento.
Tra le vittime della violenta dittatura di Pinochet ci sono
anche migliaia di bambini, strappati
alle loro famiglie e dati illegalmente in adozione in
giro per il mondo.
Alcuni di questi venivano sottratti utilizzando come pretesto le
condizioni di miseria delle loro famiglie o presunti problemi psicofisici, di
alcolismo e droga. Altri venivano prelevati da orfanotrofi e brefotrofi o
rapiti per strada. Infine, ci sono i bambini nati da stupri subiti dalle donne
cilene imprigionate, o da quelle donne arrestate in stato di gravidanza, alle
quali furono strappati i bambini dalle mani.
“Hijos del silencio”, chi sono i bambini
cileni scomparsi
Lo scandalo è emerso nel 2014, quando, dopo denunce e inchieste
giornalistiche, il magistrato Mario Carroza ha deciso di avviare un’indagine
giudiziaria.
Da quel momento, numerose associazioni in tutto il mondo si sono messe in moto
per la giustizia.
Una delle più importanti è Hijos y Madres del Silencio, che
si occupa di ricostruire i legami tra
le madri biologiche e i loro figli scomparsi.
Negli anni, i membri dell’associazione hanno sviluppato un sistema di
tracciamento che ha permesso di stabilire le destinazioni di molti bambini,
principalmente Svezia, Italia, Francia e Stati
Uniti.
In alcuni casi, grazie ai certificati di nascita cileni depositati nei sistemi
di adozioni, le madri hanno potuto ritrovare i propri figli, ormai adulti.
Inoltre, negli ultimi tempi, gli sforzi di queste associazioni sono
stati accolti dal governo cileno,
che si è attivato per le famiglie spezzate dalla dittatura di Pinochet.
Negli ultimi anni in Cile si sta facendo finalmente chiarezza su
alcune adozioni avvenute in modo illegale: la Camera dei deputati ha istituito
una Commissione d’inchiesta. Siamo stati sentiti anche noi come associazione
per dare la nostra testimonianza. Ci hanno chiesto se eravamo a conoscenza di
adozioni avvenute in modo illegale. Non sappiamo cosa accadrà a lavori ultimati
della Commissione, ma auspichiamo che le mamme private dei loro figli possano
avere giustizia
Secondo le stime, sono oltre 10.000 i bambini nati in Cile e
dati in adozione in tutto il mondo. Alcuni ne sono
consapevoli e, con l’aiuto di diverse associazioni, sono in grado di ritrovare
le proprie radici.
Altri, non sanno nemmeno di essere parte di questa storia.
Prime delle adozioni, infatti, le istituzioni cilene cambiavano il nome del
bambino, affibbiandogli il cognome straniero dei genitori adottivi. Anche la
data di nascita veniva modificata, rendendo impossibile per il bambino
conoscere la propria età.
Il
caso sardo: oltre 500 i bambini adottati illegalmente
Sono oltre 500 i bambini cileni dati illegalmente in adozioni a
famiglie sarde.
Molti di questi fanno parte del sodalizio Chilenos de Sardigna , fondato
a Cagliari nel 2016 da Giorgio Zucca, con l’obiettivo di riunire tutti i cileni sardi arrivati in
Italia durante la dittatura di Pinochet.
Tra questi, lo stesso fondatore.
Avevo otto anni, fino a qual momento vivevo in un orfanotrofio. Ho
vissuto l’adozione in modo molto sereno. I miei genitori sardi sono stati
fantastici. Mi hanno spiegato bene la situazione. Non ho avuto alcun trauma né
problemi
Zucca, grazie all’attività di una troupe televisiva cilena giunta in
Sardegna per girare un documentario, è riuscito a ricongiungersi con la madre e
con i fratelli.
Giovanna Bacchiddu,
antropologa sarda dell’Università Cattolica del Cile, e autrice del saggio “Come un trapianto d’organo. Questioni di uguaglianza e diversità
in un contesto di adozione internazionale”, ha potuto
conoscere le storie di diversi di questi bambini.
I bambini nati in Cile e adottati da famiglie
sarde, come tutti i protagonisti di adozioni internazionali, hanno
inevitabilmente subito un dislocamento fisico ed emotivo. Essi conservano le
tracce della propria origine nel passaporto, talvolta nell’aspetto fisico, ma
soprattutto nell’emotività. Gran parte dei bambini dati in adozione hanno
accumulato una storia personale dolorosa, escludendo forse coloro che vengono
affidati a genitori adottivi a pochi giorni dalla nascita. Il vissuto doloroso
aumenta esponenzialmente con l’età: più lunga è stata la permanenza in attesa di
genitori disposti ad adottarli, maggiori sono state le ripercussioni
emotive.
I casi di adozione analizzati si riferiscono a
bambini non più piccolissimi: quelli adottati in età neonatale sono decisamente
una minoranza, mentre prevalgono le adozioni di bambini tra i 6 e i 12 anni. Un
solo caso riguarda l’adozione di un diciottenne. In questi casi i protagonisti
hanno avuto una lunga permanenza nel paese d’origine, avendo modo di stabilire
forti legami con persone, luoghi, situazioni, paesaggi, colori, sapori e odori
Bambini
cileni in Sardegna: le testimonianze
A Selargius, in provincia di Cagliari, abita Claudio Puddu.
Claudio è solo uno dei 500 bambini cileni arrivati in Sardegna attraverso
un’adozione illegale.
Viene portato via da casa nel capodanno del 1979, a Santiago del
Chile.
Si trovava in casa insieme al fratellino di 18 mesi Lucho Luis, mentre i
genitori, di appena 16 e 19 anni, erano fuori a celebrare la fine dell’anno.
Sentendoli piangere, i vicini decisero di chiamare la polizia.
Lì mi hanno separato dai miei genitori. Ci hanno trovati con i
panni sporchi. Immagino che mio padre e mia madre fossero molto poveri, mamma
lavorava come prostituta.
Mio fratello riuscirono a recuperarlo, io invece risultai adottabile perché mio
padre era analfabeta e non sapeva leggere le lettere che arrivano dal giudice
Claudio giunge così in Sardegna, attraverso una parrocchia che aveva una missione in Cile.
Come racconta Claudio, le suore hanno
avuto un ruolo chiave nel sistema di adozioni tra Cile e Italia.
Qui c’era una maggiore affluenza di bambini adottivi perché negli
anni 70 abitavano molte suore che venivano mandate in missione in Cile
Dal 2016, Claudio lavora insieme a Chilenos de Sardigna per aiutare le madri
cilene a ritrovare i propri figli.
Lui, grazie a una ONG, è riuscito riunirsi alla sua famiglia in Cile.
Quando ho rivisto mio papà, mi ha fatto vedere la carta di
identità: piangeva, continuava a dirmi che ero suo figlio, non mi aveva mai
dimenticato
I genitori di Claudio sono molto poveri. Il padre lavora in un
parcheggio abusivo, mentre la madre vive a 900 km di distanza, in una piccola
stanza senza riscaldamento e con un letto che ospita 7 persone.
A loro ho detto grazie: avrebbero potuto abortire invece abbiamo
avuto un’opportunità. Non mi sento abbandonato, oggi posso dire di avere
quattro genitori
Per i bambini rapiti in Cile e sottratti a famiglie disagiate,
il rapporto con i genitori adottivi, come spiega
Claudio, è complesso.
C’è un senso di riconoscenza un po’ obbligato che si trasforma in omertà.
Ti fanno capire che sono stati loro a salvarti da chissà quale situazione.
Non ti puoi esprimere veramente pur di non ferirli. Molti adottati hanno
rinunciato a tante opportunità per non lasciarli soli
Anche Abel Geremias Fenude,
che abita a Baunei, proviene dal Cile. Lui, però, non ha mai ritrovato le
proprie radici.
Non conosce neanche il giorno del suo compleanno, perché l’orfanotrofio non ha
conservato il suo atto di nascita.
Consuelo Tarantino, invece,
spera di poter tornare in Cile e ricongiungersi con la nonna.
A quanto so mio padre era un politico molto influente che si era
innamorato di una ragazzina, mia madre. Io ero la figlia illegittima da
nascondere.
Quando è morta mia madre italiana sono rinata: ho chiuso un capitolo che mi
faceva male. Ora abbiamo scoperto che in Cile potrei avere una nonna, devo
capire meglio
Queste sono solo alcune storie di bambini
cileni arrivati illegalmente in Sardegna durante la dittatura di Pinochet.
Molte altre storie sono state raccolte nel podcast “Figli del Silenzio, il caso dei
500 bambini cileni adottati in Sardegna“, di Giulia De Luca ed Elena Basso.
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