Iniziamo con una panoramica generale: i dati sulle richieste di connessione energetica suddivise per tipo di fonte (fotovoltaico, eolico on-shore, eolico off-shore) sono resi pubblici da Terna, l’ente responsabile dell’attuazione della cosiddetta “rivoluzione energetica” per conto dello Stato. Attraverso una mappa interattiva, è possibile esaminare dettagliatamente lo stato delle richieste di connessione a livello regionale, provinciale e comunale (https://www.terna.it/it/sistema-elettrico/rete/econnextion). Le regioni guida in questa classifica della colonizzazione sono, nell’ordine, la Puglia, la Sicilia e la Sardegna. A seguire, troviamo la Basilicata, il Lazio, la Campania e la Calabria. Le regioni del Centro-nord, al contrario, hanno dati trascurabili.
Il principio su cui si basa questa iniziativa è chiaramente esposto da
Giacomo Donnini, direttore dei grandi progetti e dello sviluppo internazionale
di Terna: «l’energia delle fonti rinnovabili è per sua natura intermittente e
pertanto dobbiamo prevedere un’importante capacità di trasporto: una rete che
consenta di prelevarla dove viene prodotta e di portarla dove viene consumata,
sostanzialmente quindi da Sud verso Nord, dove si concentra la maggior parte
dei consumi civili e industriali» (Laura Magna, I segreti di Tyrrhenian
Link, il colossale progetto di Terna per la trasmissione di energia elettrica, https://www.industriaitaliana.it/tyrrhenian-link-industria-energia-cavi-prysmian-terna/ )
Terna ci sta dicendo, in maniera inequivocabile, che la Sardegna verrà
utilizzata come una piattaforma energetica a beneficio di quella parte dello
Stato dove l’energia serve di più. E tutto questo sta avvenendo in maniera
forzosa e imperiale, senza alcun coinvolgimento delle comunità e dei territori
interessati, in totale disprezzo della democrazia e dell’autonomia statutaria
della Sardegna, nonché dei valori dell’autodeterminazione dei popoli e dei
territori. In breve, dietro la retorica accattivante della transizione
energetica si sta scrivendo un oscuro nuovo capitolo di subordinazione per il
Meridione e la Sardegna, un tema che Antonio Gramsci aveva già inquadrato –
cento anni addietro – in termini di rapporto coloniale.
Metano e rinnovabili
Recentemente La Nuova Sardegna (20/10) ha dato notizia del
raggiunto accordo sul “decreto energia”, cioè quell’intesa che porterà a
mandare in soffitta il famigerato Dpcm Draghi del 2022 il quale aveva aperto le
porte alla quarta colonizzazione della Sardegna, in nome appunto della
“rivoluzione energetica” e della “riconversione verde”. Va ricordato che lo
stesso Dpcm 22, prevedeva la costruzione di due rigassificatori e un sistema di
depositi costieri in cui il metano sarebbe arrivato via nave per essere
distribuito su gomma. Il nuovo accordo però non sventa affatto la quarta
colonizzazione, come pure aveva recentemente annunciato il presidente del
Consiglio e Consigliere regionale della Regione Sardegna Michele Pais. Anzi il
nuovo decreto, come avevano del resto previsto i movimenti de coloniali,
inasprisce la condizione subalterna della Sardegna che diventerà sempre più il
gruppo elettrogeno della parte nord della penisola italiana. La Sardegna
infatti, con appena un milione e 600mila abitanti, oltre ad essere occupati per
monti e per valli da pantagruelici campi eolici e fotovoltaici imposti in modo
autoritario e realizzati da multinazionali senza scrupoli a cui Draghi aveva
spalancato le porte, sarà anche sventrata da un sistema di condotte regionali
per il gas metano. Inoltre verrà procrastinato l’uso del carbone ben oltre la
data di cessazione di tale fonte inquinante, prevista dal Dpcm 2022 per il 2025
(Costantino Cossu, In Sardegna c’è una gran puzza di gas, Il Manifesto, https://ilmanifesto.it/in-sardegna-ce-una-gran-puzza-di-gas).
Svanisce così quella pia illusione di alcuni ambientalisti che avevano
potuto credere di assistere ad una partita tra supporters delle energie
rinnovabili e fan del gas e del carbone (Il Manifesto sardo, 20
settembre 2023, https://www.manifestosardo.org/alla-sardegna-da-parte-di-giovani-che-non-vogliono-vederla-bruciare/ ), quando invece
la vera contesa è tra sistema coloniale che ha l’obiettivo di stabilire in
Sardegna un concentrato di produzione energetica di vari tipi (metano, carbone,
eolico, solare) e movimenti de coloniali che si oppongono alla quarta
colonizzazione dell’isola.
Sì, perché quella in corso è una vera e propria colonizzazione e non è
certamente la prima, arrivando dopo la deforestazione tra Ottocento e
Novecento, il colonialismo minerario di inizio Novecento e la colonizzazione
militare e industriale avvenuta tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta. La
quinta se contiamo anche la colonizzazione linguistica e culturale che ha di
fatto sradicato la lingua sarda dalla nostra società come lingua veicolare,
riducendola a sottocultura dialettale e portandola di fatto sull’orlo
dell’estinzione.
Sulla complementarietà tra gas e rinnovabile rimando alla ricerca di Piero
Loi su Indip, (Sardegna, la giungla dell’energia, e l’oligarca russo va a
tutto gas, https://indip.it/sardegna-la-giungla-dellenergia-e-loligarca-russo-va-a-tutto-gas/ )
Le CER e la sovranità energetica
La riconversione energetica è un obiettivo dei movimenti decoloniali e va a
congiungersi con la necessità di ricostruire un rapporto organico tra
democrazia, sovranità popolare, ambiente e contrasto al caro vita. Non è un
caso che le comunità più impegnate contro la colonizzazione energetica (verde o
presunta tale) siano quelle comunità che hanno costruito sul loro territorio le
CER, ovvero le comunità energetiche rinnovabili. Tra tutti Biddanoa ‘e
Forru con il suo battagliero sindaco Maurizio Onnis che non perde
occasione per ricordare come lo Stato italiano sia nemico dei sardi e
controparte dei loro più fondamentali bisogni.
In un ventennio si è consentito a multinazionali di espropriare terreni
agricoli e di sottrarsi ad ogni tipo di programmazione del territorio. In
particolare, l’articolo 12 della legge “Razionalizzazione e semplificazione
delle procedure autorizzative” (29 dicembre 2003, n.387) consente la
proliferazione indiscriminata di impianti eolici. Questa è la logica
terrificante che c’è dietro e non si pone certo al servizio del bene comune e
dell’ambiente.
Le CER saldano democrazia energetica, sostenibilità, decrescita e
decolonizzazione. Questa è la strada che vogliamo e dobbiamo perseguire, nel
segno del rifiuto di ogni modello impositivo, antidemocratico e sostanzialmente
coloniale, sia che prenda la forma del metano o del carbone, sia che si
presenti sotto l’allettante specchietto per le allodole (e di allodole la
Sardegna è piena, specie in ambienti di sinistra e ambientalisti) delle
cosiddette “rinnovabili”.
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