Ieri, alle 7 del mattino, due attivisti di Extinction Rebellion sono stati
perquisiti nelle loro abitazioni da diversi agenti di polizia. Perquisizioni
corporali, sequestro di cellulari e pc, e la notifica della denuncia per
imbrattamento: tutto questo per aver incollato alcuni mesi fa, con acqua e
farina, alcuni volantini alla sede di RAI Pubblicità SpA.
Alle sette di ieri mattina, 19 settembre, gli agenti della polizia di
Milano e Pavia si sono presentati presso le abitazioni di due attivisti di
Extinction Rebellion per eseguire una perquisizione e consegnare denunce per
imbrattamento. Sono state eseguite anche perquisizioni corporali, perquisizioni
delle auto e a entrambi sono stati sequestrati i telefoni e i personal
computer. “Sono entrati in casa e hanno iniziato a spostare tutto
quanto – dichiara Skar – Hanno perquisito anche la mia
macchina e ho potuto andare in bagno solo scortata. Tutto questo per aver
attaccato con acqua e farina, cinque mesi fa, dei volantini in una sede RAI di
Milano, per chiedere un’informazione libera dalle multinazionali del fossile”.
I reati appaiono sproporzionati rispetto ai fatti contestati. Infatti
Enrico e Skar, il 14 aprile, avevano semplicemente incollato alcuni manifesti,
con farina e acqua, alle vetrate della sede di RAI Pubblicità S.p.A. di corso
Sempione. L’obiettivo dell’azione era esortare la RAI a dare un’informazione
più completa e capillare sulla crisi ecoclimatica e a rivedere i propri legami
con ENI, azienda che continua ad investire nell’estrazione di petrolio e gas, ma che attraverso
pubblicità e sponsorizzazioni contribuisce ai bilanci della televisione
pubblica italiana. Sponsorizzazioni delle quali non è noto l’ammontare. Nel gennaio
2022, sollecitata dal quotidiano Domani sulla
sponsorizzazione di ENI per il Festival di Sanremo, la Rai aveva ritenuto di
non rendere noto la cifra della sponsorizzazione a sei zampe.
Non è la prima volta che a Milano accade un episodio simile. A maggio 2022,
diversi agenti delle forze dell’ordine hanno perquisito e denunciato alcuni studenti delle scuole
superiori, in seguito alle manifestazioni contro le morti dell’alternanza
scuola-lavoro, e alcuni attivisti di Fridays For Future, per aver scritto “Il
gas fossile uccide” presso una sede di Gazprom. “Quello che stiamo
osservando in tutta Italia nei confronti dei movimenti climatici, è un uso
improprio del codice penale” – dichiara Anna – “Reati pensati
per colpire la criminalità organizzata o chi distrugge opere d’arte e il
paesaggio, sono strumentalmente rivolti contro attivisti che pongono in essere
azioni non violente e sempre reversibili per portare l’attenzione sulla gravità
della crisi ecoclimatica”. L’inasprimento della repressione nei
confronti degli attivisti climatici è una tendenza in atto in tutta Europa e
sotto la lente dell’ONU. Il 13 aprile, l’inviato speciale per i difensori
dell’ambiente, Michel Forst, nel corso di un convegno organizzato a Torino da
Amnesty International ha dichiarato: “La repressione sta
diventando la risposta più facile al dissenso” e ha
continuato “Bisogna comprendere le cause per cui si decide di andare
contro la legge. Alle volte, i giudici si concentrano sull’azione in sé e non
sulle ragioni profonde che la muovono”.
In un mondo sempre più esposto agli effetti della crisi climatica, si può
scegliere se dare risposte politiche adeguate o se reprimere chi porta una voce
di allarme e dissenso. In Italia, ancora una volta, la risposta sembra chiara.
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