Al Festivaletteratura un esponente di Fridays for Future è stata fermata e identificata. Voleva mostrare due cartelli durante un incontro organizzato dalla società petrolifera
Non capita
tutti i giorni di essere protagonisti di un episodio che porterà a
un’interrogazione parlamentare. È una piccola storia senza conseguenze, però
utile per capire il rapporto complesso, e non sempre limpido, tra alcuni dei
principali eventi culturali italiani ed Eni, che finanzia e presidia molte di
queste manifestazioni, dal festival di Sanremo in giù.
Non è un
dibattito solo italiano, nel Regno Unito istituzioni come British Museum, Tate,
Royal Opera House, dopo anni di pressioni dei movimenti per il clima, hanno
deciso di rinunciare alle sponsorizzazioni di BP (ex British Petroleum).
L’episodio è accaduto al Festivaletteratura di Mantova. Come contesto, da tempo
in città e anche negli ambienti interni del festival c’è un dibattito
sull’opportunità di mantenere la sponsorizzazione di Eni.
Intanto però
l’azienda rimane il primo finanziatore e ottiene in cambio il palco principale
(quello dei premi Nobel) tutto per sé per un evento, durante il quale domenica
è stato impedito dalla polizia a un’attivista di Fridays for Future, Sofia
Pasotto, di mostrare due cartelli.
La ragazza
era da sola, era anche ospite e speaker del festival. Sui cartelli c’era
scritto «Ma non sentite il caldo» e «People over profit», non esattamente
l'immagine della sovversione, eppure è stata bloccata e identificata dalla
Digos, circondata da sei poliziotti, cartelli requisiti.
Io
ero presente. Non esattamente rassicurato dall’immagine di sei poliziotti
intorno a una ragazza mi sono avvicinato. Risultato: identificato anche io,
senza un motivo apparente che non fosse la mia vicinanza ai cartelli
rivoluzionari. L’identificazione è stata brusca e non esattamente piacevole,
corredata da una frase sessista nei confronti di Pasotto, la cosa si è risolta
in poco tempo, quello di permettere all’evento di finire, e ognuno per la sua
strada.
Pasotto ha
raccontato la storia sui suoi canali social e due giorni dopo la deputata di
Alleanza verdi sinistra, Eleonora Evi, ha annunciato un’interrogazione
parlamentare al ministro dell’interno Matteo Piantedosi, dicendosi «incredula
di fronte alla vicenda che ha coinvolto la giovane attivista di Fridays For
Future, fermata, identificata e trattenuta dalla questura di Mantova per aver
portato con sé dei cartelli critici nei confronti di Eni, sponsor dell’evento,
e del greenwashing che sistematicamente mette in atto».
LA RISPOSTA DEL FESTIVAL
«Siamo
stupiti dal clamore che sta prendendo questa cosa, ci rendiamo conto che è
stato spiacevole, ma con Sofia abbiamo costruito una serie di eventi, durante i
quali ha potuto esporre i suoi cartelli e le sue idee senza limitazioni», ha
risposto Alessandro Della Casa, vicepresidente del direttivo del festival.
Una presa di
posizione non esattamente forte, per un evento che coltiva l’immagine di spazio
di libertà, invitando autrici e autori dissidenti nei loro paesi per le cause
più varie. Purtroppo c’è sempre un livello in cui il dissenso va bene, finché
non rovina la festa dello sponsor.
C’è da
chiedersi cosa ne penseranno gli ospiti di Eni, Brunori Sas, Paola Maugeri,
Neri Marcorè che, ignari di tutto quello che succedeva in fondo alla sala,
parlavano (non sono riuscito a seguire benissimo, causa Digos) di musica e
filastrocche.
Ed è questo
il punto chiave della contraddizione. Il festival di Mantova è uno spazio
generalmente libero, sia io che Sofia abbiamo potuto esprimere senza censura il
nostro punto di vista negli altri luoghi e palchi, anzi, il Festivaletteratura
da tempo ha puntato sul tema dei cambiamenti climatici, invitando divulgatori
ed esperti. E quindi io immagino un frequentatore del festival che di incontro
in incontro raccoglie informazioni su un quadro sempre più allarmante.
Poi va
all’evento di una delle principali aziende di combustibili fossili al mondo e
in quell’evento si parla di filastrocche. Letteralmente: il mondo brucia ed Eni
fischietta. Chiunque dica il contrario: polizia. «Eni ci teneva a mostrare il
suo lato culturale», dicono dal festival, ma Eni non è Warner Music. E forse
sarebbe stato più interessante per il pubblico ascoltare l’altro lato di questa
storia, anche nei termini dell’azienda, con le sue metriche e le sue difficoltà
a fare una transizione necessaria ma non facile.
NON SOLO MANTOVA
Non succede
solo a Mantova, è una contraddizione in cui si trova buona parte dell’industria
degli eventi culturali alla prese con uno sponsor così importante, ricco e non
facile da gestire (per non parlare dei giornali, ovviamente, ma questa è
un’altra storia).
Al festival
della Comunicazione di Camogli, altra manifestazione di cui Eni è sponsor, una
ricercatrice in psicologia del clima all’Università di Trento è intervenuta
durante un incontro con Erika Mandraffino, responsabile comunicazione esterna
di Eni, per chiedere conto di argomenti non trattati nell’intervista (la multa
per greenwashing). È un caso un po’ diverso da quello di Mantova,
non è intervenuta la polizia, l’interruzione della contestatrice è stata pacata
ma poco ortodossa, visto che non erano previsti interventi dal pubblico.
Comunque, dopo una breve risposta di circostanza di Mandraffino, la donna è
stata fatta uscire.
La società,
interrogata su quanto accaduto a Mantova, ha risposto che «Eni sostiene
totalmente la libertà di espressione e di critica, che sono valori fondanti
della cultura aziendale. Non siamo nella posizione di commentare le ragioni
dell’intervento delle forze di polizia, che sono basate su fattori di ordine
pubblico che certamente non dipendono da Eni che tuttavia ribadisce fermamente
il proprio impegno per la transizione energetica e il rispetto degli obiettivi
annunciati al mercato e agli stakeholder».
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