domenica 3 settembre 2023

Cina e Russia sulla rotta del Polo Nord ma l’America non gradisce - Piero Orteca

 

Nuova ‘Guerra fredda’ tra Russia e Stati Uniti. Anzi, trattandosi dell’Artico, freddissima. E ora, nella nuova area di tensioni entra pure la Cina. Poco tempo fa, gli americani hanno scoperto una flottiglia militare d’assalto russo-cinese, mentre navigava in una zona desolata dell’Oceano Pacifico, vicino all’Alaska, a nord delle isole Aleutine, acque territoriali Usa.

 

Flotta russo cinese alle Aleutine

L’incrociatore lanciamissili cinese Nanchang e altre sei unità navigava al limite delle acque territoriali Usa. Avvistata dalla Guardia costiera americana, la flotta russo-cinese, dopo le intimazioni di rito, ha virato a sud-ovest, allontanandosi. Secondo il Wall Street Journal, che dedica un approfondito report all’incidente, «le navi russe e cinesi hanno inviato un messaggio inequivocabile agli Stati Uniti, sul valore strategico che Mosca e Pechino attribuiscono alla regione». Parliamo, in effetti, di una vecchia questione, tornata di moda con una rapidissima rivoluzione geopolitica finora trascurata che, all’improvviso, salta fuori sotto la spinta delle inarrestabili e catastrofiche variazioni climatiche planetarie.

Le nuove rotte artiche navigabili

Il caldo sta sciogliendo i ghiacci dell’Oceano Artico, aprendo una sorte di ‘autostrada’ marittima tra il Pacifico e l’Atlantico del Nord. Chi controlla questo corridoio, tra lo Stretto di Bering (in Estremo oriente) e il Mare di Barents, a nord dell’Europa, ha un potere contrattuale, politico e commerciale, impressionante. La rotta passa esattamente a nord della Russia e ne segue gli orli costieri. Più a nord, c’è solo ghiaccio e il mare non è navigabile. A meno che non continui a sciogliersi, aprendo un corridoio sempre più ampio, che si distacchi maggiormente dalla linea costiera di Mosca. Ma, anche così, il contenzioso giuridico internazionale è assicurato. Gli americani hanno già detto che vogliono navigare dallo Stretto di Bering fino alla Norvegia, passando a nord della Russia. Come? Non si sa. Perché, da parte sua, il Cremlino ha ribadito che quelle sono acque territoriali o che, comunque, subito oltre, diventano «zona economica esclusiva».

Ma l’unica cosa che in questo momento è chiara e che Washington e Mosca, su questo tema, andranno allo scontro. Pechino, intanto, gioca la partita che più le conviene.

La nuova rotta tra Mosca e Pechino

La ‘rotta artica’ diventerebbe una soluzione per l’import di energia che arriva dall’alleato russo. L’anno scorso, enormi rompighiaccio portagas hanno trasportato il GNL di Mosca in Cina, raddoppiando quasi il volume degli scambi. Ma il discorso può valere anche al contrario, per i prodotti cinesi che arrivano in Europa. Attraverso il ‘corridoio Artico’ il risparmio di strada, rispetto alla rotta che attraversa l’Indo-Pacifico e poi Suez è quasi della metà. Il problema, come dicevamo, però, è geopolitico. O, meglio, di diritto internazionale piegato alla geopolitica. Le interpretazioni sull’utilizzo della rotta artica sono divergenti, tra Mosca e Washington.

Usa sull’Artico come per Taiwan

Gli Stati Uniti, giudicano eccessive le rivendicazioni russe sul transito nel ‘corridoio Artico’. Praticamente, si fa lo stesso ragionamento che viene proposto per lo Stretto di Taiwan, con Pechino. Così, gli americani sono tentati di forzare la mano. Nello scandalo dei documenti segreti del Pentagono finiti su Internet, c’è stato anche un presunto ‘piano di provocazione’ da attuare, con la Nato, per mettere Putin di fronte al fatto compiuto. In sostanza, una flotta mista, di navi da guerra Usa e alleate, avrebbe dovuto forzare il divieto ‘invadendo’ il Mar di Kara, nell’Artico, a nord delle coste russe, in una zona territorialmente rivendicata da Mosca.

Il progetto, afferma il Wall Street Journal, era (rischiosamente) appoggiato anche dal governo norvegese. Sarebbe stato un casus belli? Forse. Tanto è vero che non se n’è fatto niente.

Il segreto svelato

La portavoce del Pentagono, Sabrina Singh, non ha commentato il documento trapelato, ma ha voluto ripetere la solita formula: «Gli Stati Uniti voleranno, salperanno e opereranno ovunque il diritto internazionale lo consenta, come facciamo in tutto il mondo». Per inciso e per chiarirci: lo stesso problema gli americani ce l’hanno col Canada e col famoso ‘Passaggio a Nord-Ovest’. L’interpretazione del diritto internazionale sempre in chiave e vantaggi americani. Quindi, pare di capire, se le cose dovessero continuare con l’approccio del muro contro muro è prevedibile che, prima o dopo, si arrivi a qualche forma di scontro.

Le forze ‘glaciali’ in campo

È bene dire subito che di Stati Uniti, per quanto riguarda la navigazione militare ai poli, stanno messi un po’ male. Sembra strano, ma il rapporto tra i rompighiaccio russi e quelli Usa, nell’Artico, è di 32 a uno. Semplicemente, gli americani si sono dimenticati di investire in questo tipo di navi dopo la caduta del Muro di Berlino. E adesso, per recuperare il tempo perduto, ci vorranno anni. Secondo gli specialisti, i russi hanno costruito navi ‘mirate’ per combattere e navigare tra i ghiacci. Nel 2024 ne entreranno in servizio altri tre, della classe ‘Progetto 23550’, che saranno armati di missili da crociera Kalibr e faranno scalo in basi dotate di sorveglianza aerea, offerta dai modernissimi caccia Sukhoi SU-34.
La Cina, dal canto suo, ha due potenti rompighiaccio ‘da ricerca’, della classe Xua Long, che si pensa possano essere anche armati. Finora Pechino si è concentrata su una crescita quantitativa della sua flotta, che è diventata la prima del mondo. L’obiettivo, in questa fase, è quello di puntare, decisamente, sulla costruzione accelerata di portaerei.

Gli Stati Uniti artici

Infine, gli Stati Uniti. L’Haley, l’unico rompighiaccio operante nell’Artico, è fermo 6 mesi l’anno per i lavori di manutenzione. L’altro rompighiaccio, il Polar Star, vecchiotto, rifornisce le basi scientifiche al Polo sud. Una terza nave, da un miliardo di dollari (gli americani sanno fare solo le cose in grande) è ancora in lenta fase di costruzione, nei cantieri del Mississippi. Insomma, se la situazione è questa, forse la soluzione migliore per Biden è che cambi il tempo. E che un’ondata di freddo ricongeli l’Artico.

da qui


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