Nuova ‘Guerra fredda’ tra Russia e Stati Uniti. Anzi, trattandosi dell’Artico, freddissima. E ora, nella nuova area di tensioni entra pure la Cina. Poco tempo fa, gli americani hanno scoperto una flottiglia militare d’assalto russo-cinese, mentre navigava in una zona desolata dell’Oceano Pacifico, vicino all’Alaska, a nord delle isole Aleutine, acque territoriali Usa.
Flotta russo
cinese alle Aleutine
L’incrociatore
lanciamissili cinese Nanchang e altre sei unità navigava al
limite delle acque territoriali Usa. Avvistata dalla Guardia costiera
americana, la flotta russo-cinese, dopo le intimazioni di rito, ha virato a
sud-ovest, allontanandosi. Secondo il Wall Street Journal, che
dedica un approfondito report all’incidente, «le navi russe e cinesi
hanno inviato un messaggio inequivocabile agli Stati Uniti, sul valore
strategico che Mosca e Pechino attribuiscono alla regione». Parliamo,
in effetti, di una vecchia questione, tornata di moda con una rapidissima
rivoluzione geopolitica finora trascurata che, all’improvviso, salta fuori
sotto la spinta delle inarrestabili e catastrofiche variazioni climatiche
planetarie.
Le nuove
rotte artiche navigabili
Il caldo sta
sciogliendo i ghiacci dell’Oceano Artico, aprendo una sorte di ‘autostrada’
marittima tra il Pacifico e l’Atlantico del Nord. Chi
controlla questo corridoio, tra lo Stretto di Bering (in
Estremo oriente) e il Mare di Barents, a nord dell’Europa, ha
un potere contrattuale, politico e commerciale, impressionante. La rotta passa
esattamente a nord della Russia e ne segue gli orli costieri. Più a nord, c’è
solo ghiaccio e il mare non è navigabile. A meno che non continui a
sciogliersi, aprendo un corridoio sempre più ampio, che si distacchi
maggiormente dalla linea costiera di Mosca. Ma, anche così, il contenzioso
giuridico internazionale è assicurato. Gli americani hanno già detto che
vogliono navigare dallo Stretto di Bering fino alla Norvegia, passando a nord
della Russia. Come? Non si sa. Perché, da parte sua, il Cremlino ha ribadito
che quelle sono acque territoriali o che, comunque, subito oltre, diventano «zona
economica esclusiva».
Ma l’unica
cosa che in questo momento è chiara e che Washington e Mosca, su questo tema,
andranno allo scontro. Pechino, intanto, gioca la partita che più le conviene.
La nuova
rotta tra Mosca e Pechino
La ‘rotta
artica’ diventerebbe una soluzione per l’import di energia che arriva
dall’alleato russo. L’anno scorso, enormi rompighiaccio portagas hanno
trasportato il GNL di Mosca in Cina, raddoppiando quasi il volume degli scambi.
Ma il discorso può valere anche al contrario, per i prodotti cinesi che
arrivano in Europa. Attraverso il ‘corridoio Artico’ il risparmio di
strada, rispetto alla rotta che attraversa l’Indo-Pacifico e
poi Suez è quasi della metà. Il problema, come dicevamo, però,
è geopolitico. O, meglio, di diritto internazionale piegato alla geopolitica.
Le interpretazioni sull’utilizzo della rotta artica sono divergenti, tra Mosca
e Washington.
Usa
sull’Artico come per Taiwan
Gli Stati
Uniti, giudicano eccessive le rivendicazioni russe sul transito nel ‘corridoio
Artico’. Praticamente, si fa lo stesso ragionamento che viene proposto per
lo Stretto di Taiwan, con Pechino. Così, gli americani
sono tentati di forzare la mano. Nello scandalo dei documenti segreti del Pentagono finiti
su Internet, c’è stato anche un presunto ‘piano di provocazione’ da attuare,
con la Nato, per mettere Putin di fronte al fatto compiuto. In sostanza, una
flotta mista, di navi da guerra Usa e alleate, avrebbe dovuto forzare il
divieto ‘invadendo’ il Mar di Kara, nell’Artico, a nord
delle coste russe, in una zona territorialmente rivendicata da Mosca.
Il progetto,
afferma il Wall Street Journal, era (rischiosamente) appoggiato anche dal
governo norvegese. Sarebbe stato un casus belli? Forse. Tanto è vero che non se
n’è fatto niente.
Il segreto
svelato
La portavoce
del Pentagono, Sabrina Singh, non ha commentato il documento
trapelato, ma ha voluto ripetere la solita formula: «Gli Stati Uniti
voleranno, salperanno e opereranno ovunque il diritto internazionale lo
consenta, come facciamo in tutto il mondo». Per inciso e per chiarirci:
lo stesso problema gli americani ce l’hanno col Canada e col famoso ‘Passaggio
a Nord-Ovest’. L’interpretazione del diritto internazionale sempre in
chiave e vantaggi americani. Quindi, pare di capire, se le cose dovessero
continuare con l’approccio del muro contro muro è prevedibile che, prima o
dopo, si arrivi a qualche forma di scontro.
Le forze
‘glaciali’ in campo
È bene dire
subito che di Stati Uniti, per quanto riguarda la navigazione militare ai poli,
stanno messi un po’ male. Sembra strano, ma il rapporto tra i rompighiaccio
russi e quelli Usa, nell’Artico, è di 32 a uno. Semplicemente, gli americani si
sono dimenticati di investire in questo tipo di navi dopo la caduta del Muro di
Berlino. E adesso, per recuperare il tempo perduto, ci vorranno anni. Secondo
gli specialisti, i russi hanno costruito navi ‘mirate’ per combattere e
navigare tra i ghiacci. Nel 2024 ne entreranno in servizio altri tre, della
classe ‘Progetto 23550’, che saranno armati di missili da crociera
Kalibr e faranno scalo in basi dotate di sorveglianza aerea, offerta dai
modernissimi caccia Sukhoi SU-34.
La Cina, dal canto suo, ha due potenti rompighiaccio ‘da ricerca’, della
classe Xua Long, che si pensa possano essere anche armati. Finora
Pechino si è concentrata su una crescita quantitativa della sua flotta, che è
diventata la prima del mondo. L’obiettivo, in questa fase, è quello di puntare,
decisamente, sulla costruzione accelerata di portaerei.
Gli Stati
Uniti artici
Infine, gli Stati Uniti. L’Haley, l’unico rompighiaccio operante
nell’Artico, è fermo 6 mesi l’anno per i lavori di manutenzione. L’altro
rompighiaccio, il Polar Star, vecchiotto, rifornisce le basi scientifiche
al Polo sud. Una terza nave, da un miliardo di dollari (gli americani
sanno fare solo le cose in grande) è ancora in lenta fase di costruzione, nei
cantieri del Mississippi. Insomma, se la situazione è questa, forse la
soluzione migliore per Biden è che cambi il tempo. E che un’ondata di freddo
ricongeli l’Artico.
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