“…non avevo nessun bisogno di case, giardini, di piscine, di un ufficio, di una segretaria, di un telefono interno, di tre macchine e di un milione di dischi e di libri. Non avevo bisogno di altri vestiti. Nello stato d’animo in cui ero quella notte, non avevo neanche bisogno di mangiare. Potevo nutrirmi di aria umida e di visioni notturne. Mi sentivo il corpo più leggero, più sottile, più duttile e tutto sommato invincibile”. (Elia Kazan “Il compromesso”)
Stamattina
ho fatto tardi al mare, una commissione da sbrigare. Mi sono pure fermato a
fare colazione al bar, da Piero, prima. Ci sono quattro tavoli sotto una
tettoia. È l’ora della colazione per quelli che vanno a lavorare. Ho
riconosciuto il falegname, il ragazzo della carrozzeria, il tipo con la motoape
che fa lo svuotacantine, qualche trasporto occasionale, porta roba in discarica
e vende le uova delle sue galline. Ha sessantasei anni, mi dice, che tira il
fiato coi denti me ne accorgo da solo. A fare rapido servizio al tavolo Piero
da solo non ce la fa a quell’ora. Prendo quello che mi serve, pago e lo porto
fuori io. A quell’ora vanno tutti un po’ di fretta, i posti ci sono ma divido
il tavolo con un muratore che prima d’una sigaretta butta giù una Vecchia
Romagna. Non ho fretta, gli uffici ancora non aprono. Al tavolo accanto si
siede una coppia. Capisco che sono alloggiati in qualche B&B della zona. Io
ho appena iniziato. C’è un discreto via vai. Poi tanto smette, quello non è bar
da aperitivi, sontuose colazioni, roba così. Finisco la mia di colazione.
“Ciao, buona giornata” mi dice il muratore che era seduto con me. Lo chiamo Mal
per il caschetto bianco sempre in ordine, lo prendo in giro, lui ci ride pure.
La coppia diventa impaziente. Una mia amica mi dice che è la barba bianca,
l’aspetto stropicciato, l’occhialino gramscianfotocromatico che ispira gli
altri a darmi chiacchiera. Cominciano a parlarmi, si lamentano che il servizio
è scadente. Lui è nervosissimo, lei sbuffa come un treno a vapore. Sbotta, poi:
«chissà che scontrino». Immagino che vogliano pubblicarlo sui social. Piero,
nel suo bugigattolo tre per tre ha già servito una ventina di persone al banco
ed esce trafelato scusandosi, non li aveva visti. Non voglio stare lì, sbircio
lo scontrino. Sono due euro e cinquanta, una granita di limone fatta coi limoni
– si sentono, ed un ossicino sfuggito alla filtrazione ne fa prova provata – ed
una brioche che è grande quanto un panettone. Quello è barettino fuori dai
flussi, roba da quartiere diruto, non ha cartoline davanti. Non ci saranno suoi
scontrini sui social, si rischia di passare per morti di fame. L’ufficio
postale per fortuna è vuoto e sono al mare ad un’ora accettabile. La gente è
ancora poca.
Mi tuffo
dagli scogli ed esco per farmi una sigaretta. Tiro fuori il giornale – del
giorno prima – sempre quello, mezzo vuoto come sempre, l’acquisto ogni tanto
per affezione. Ma credo sia l’unico che si ricorda che ci sono guerre ovunque,
che ci sono disgraziati che annegano proprio là davanti a dove sto adesso, che
muoiono sul lavoro, che il clima fa il pazzo. Sulla spiaggia mi distraggono dei
gridolini. C’è un gruppo di ragazzini africani che giocano con una palla
leggerissima, il vento la porta ovunque, loro entrano ed escono dall’acqua. Un
sorriso me lo strappano. Più in là ci sono un paio di loro coetanei italiani,
sotto l’ombrellone, hanno in mano i loro videogiochi, uno per uno, così non
fanno turni. Avamposti di civiltà all’ombra.
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