Mentre in Giappone aveva inizio lo sversamento in mare di acqua radioattiva
trattata dalla centrale nucleare di Fukushima, la campagna di
propaganda europea, iniziava martellante a rassicurare la pubblica opinione
occidentale sulla bontà dell'operazione e sulla sicurezza della stessa sulla
base del mantra che l'Agenzia Internazionale per l'energia atomica
(AIEA) abbia dato il suo benestare.
Ma andiamo con ordine: nel sito dell'impianto nucleare colpito dal maremoto
del marzo 2011, vi sono più di mille serbatoi contenenti circa 1,34 milioni di
tonnellate di acqua trattata, di cui si prevedeva l'arrivo alla loro capacità
massima già nel 2024. Da qui la decisione del gestore della centrale, la Tokyo
Electric Power (Tepco) di diluire il liquido con acqua di mare,
rispettando i limiti consentiti dalle norme di sicurezza giapponesi, per poi
avviare lo scarico tramite un tunnel sottomarino ubicato a un chilometro dal
sito. Il tutto sotto le rassicurazioni della Tepco che intende monitorare le
sostanze radioattive nelle acque vicine alla centrale. In merito, l'Agenzia
Internazionale per l'energia atomica ha stabilito che il piano di scarico è in
linea con gli standard globali di sicurezza e che lo stesso avrebbe un impatto
“trascurabile” sugli uomini e sull'ambiente in generale.
La decisione è stata contestata sia da diversi paesi asiatici, a partire
dalla Cina che dopo aver accusato di “egoismo e irresponsabilità ambientale” il
Giappone, ha subito imposto il divieto di importazione di pesce nipponico, che
per inciso continuerà invece a essere importato nei mercati europei.
Anche in Corea del Sud le proteste sono stati veementi e in particolari le
opposizioni politiche hanno contestato duramente il piano giapponese:diverse le
manifestazioni organizzate nelle città coreane e notizia recente è l'arresto di
quattordici attivisti che hanno tentato di irrompere nella sede dell'ambasciata
giapponese a Seul.
Ma anche nello stesso Giappone non sono mancate le critiche, a iniziare da
quelle mosse dai pescatori e dagli operatori del settore ittico che ovviamente
temono di essere economicamente penalizzati dalla scelta; non sono inoltre
mancate le proteste a Fukushima, così come in altre città giapponesi e ovviamente
non poteva mancare la mobilitazione delle associazioni ambientaliste.
Se quanto il Giappone sta facendo, per motivi di vicinanza geografica in
Asia continentale è assai dibattuto e ovviamente altamente osteggiato, invece
da noi la questione ambientale e personaggi mediatici strumentalizzati come
Greta Thunberg, sono risultati a questo giro non pervenuti.
In sostanza nei giornali e nei salotti televisivi di casa nostra, si è
fatto passare l'operazione, nonostante per dimensioni non abbia precedenti,
come una cosa normalissima, altamente sicura e come se fosse un diritto
acquisito delle autorità giapponesi, giustificato da una unanimità dei consensi
della comunità scientifica sulla questione, che per inciso non esiste
né è mai esistita.
Qualora il buon senso non bastasse per capire che quella autorizzata da
Tokio è semplicemente l'operazione più facile e meno costosa, occorrerebbe
ricordare che sono diverse ( e sicuramente non marginali) le personalità e gli
enti che sia in ambito scientifico sia dal punto di vista del “diritto” si sono
fermamente opposti allo sversamento in acqua.
Iniziamo col citare Ferenc Dalnoki-Veress, professore
a contratto presso il Middlebury Institute of International Studies di
Monterey, in California, e scienziato presso il James Martin Center for
Nonproliferation Studies. È membro del gruppo di esperti indipendenti che
forniscono consulenza al Forum delle Isole del Pacifico sulle questioni
relative a Fukushima .
Nel 2022, proprio il Forum delle Isole del Pacifico, che rappresenta i
governi dell'Oceania, lo ha nominato me insieme ad altri quattro scienziati
indipendenti con diverse esperienze tecniche e competenze in ecotossicologia,
fisica delle radiazioni, biologia marina, oceanografia e analisi dei dati sui
radionuclidi, come membro di in un comitato consultivo di esperti per valutare
i risultati scientifici e le informazioni dal Giappone sul previsto rilascio di
acque reflue da Fukushima Daiichi.
Secondo lo scienziato, il Giappone dovrebbe istituire immediatamente una
task force per considerare più seriamente i benefici e i costi di un’opzione
concreta, anche mediante un progetto di ricerca coordinato con l'AIEA.
“Con gli ecosistemi marini già messi a dura prova dall’inquinamento, dallo
sfruttamento eccessivo e dagli impatti dei cambiamenti climatici, iniziative
come quella di Fukushima vanno contro gli obiettivi del Decennio per le scienze
oceaniche delle Nazioni Unite in corso – afferma- Considerati i diversi
stress indotti dall’uomo che colpiscono oggi gli oceani, è impossibile sapere
esattamente cosa accadrà con l’acqua contaminata immessa nel Pacifico. Il detto
secondo cui la diluizione è la soluzione all’inquinamento non
è coerente con l’ambiente oceanico”.”
Si oppone allo sversamento dell’acqua contaminata anche l’U.S. National
Association of Marine Laboratories (NAML), che riunisce un centinaio di
istituzioni scientifiche americane che si occupano di ambiente marino, secondo
cui il piano proposto “è una questione transfrontaliera e transgenerazionale
che pone preoccupazioni per la salute degli ecosistemi marini e delle persone
che da essi dipendono”.
Come ricorda l'associazione ambientalista Greenpeace “
l’Agenzia internazionale per l’energia atomica ha approvato i piani di rilascio
dell’acqua contaminata ma non ha indagato sul funzionamento del sistema di
trattamento ALPS e ha completamente ignorato i detriti di combustibile
altamente radioattivi che si sono fusi e che continuano ogni giorno a
contaminare le falde acquifere (quasi 1.000 metri cubi ogni dieci giorni).
Inoltre, il piano di rilascio dell’acqua contaminata non ha incluso una
completa valutazione di impatto ambientale, come richiesto dagli obblighi
legali internazionali, dato che esiste il rischio di significativi danni
transfrontalieri ai Paesi vicini. Anche se l’IAEA non ha il compito di
proteggere l’ambiente marino globale, non dovrebbe incoraggiare uno Stato a
violarlo.”
A questo giro poi in silenzio sono stati anche i tutori dei diritti umani:
di fatti nessuno di loro ha ricordato che nell'aprile del 2021 gli stati membri
del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite a Ginevra,
così come i relatori speciali delle Nazioni Unite, si sono opposti e hanno
criticato duramente i piani del Giappone: “Il rilascio di un milione di
tonnellate di acqua contaminata nell’ambiente marino impone rischi
considerevoli al pieno godimento dei diritti umani delle popolazioni
interessate dentro e oltre i confini del Giappone”, hanno affermato gli esperti
indipendenti nominati dal Consiglio per i diritti umani. “
Diversi esperti hanno poi sottolineato come i piani di scarico dell’acqua
contaminata ignorano la risoluzione 48/13 del Consiglio per i diritti umani,
che nel 2021 ha sancito il diritto ad avere un ambiente pulito, sano e
sostenibile.
Il Giappone inoltre avrebbe violato quanto sancito dalla Convenzione delle
Nazioni Unite per il Diritto del Mare (UNCLOS) per proteggere l’ambiente
marino, compreso l’obbligo legale di condurre una valutazione di impatto
ambientale completa degli scarichi nell’Oceano Pacifico, dato il rischio di
significativi danni transfrontalieri ai Paesi vicini, come ricorda Duncan
Currie, avvocato con trentennale esperienza in diritto internazionale
e diritto ambientale.
Di parere affine l’avvocato giapponese, Totsuka Etsuro che
ricorda come il Giappone, in qualità di paese firmatario della Convenzione
delle Nazioni Unite sul diritto del mare e di altre convenzioni internazionali
relative, ha il dovere di osservare queste norme. “Portare avanti con
ostinazione il piano di scarico dell’acqua contaminata rappresenta una
violazione degli obblighi previsti dalle convenzioni “ afferma.
Totsuka Etsuro ha specificato che l’articolo 192 della Convenzione delle
Nazioni Unite sul diritto del mare stabilisce che gli stati hanno l’obbligo di
proteggere e preservare l’ambiente marino. “Il paragrafo 3 dell’articolo 194
stabilisce il dovere di limitare al massimo il versamento di sostanze tossiche,
dannose o nocive provenienti da fonti terrestri. Riversare in mare acqua
contaminata dal nucleare contenente sostanze radioattive rappresenta una
violazione delle disposizioni dei suddetti articoli.”
Opinione del sottoscritto è che il tentativo di politica e media di rendere
appetibile all'opinione pubblica lo sversamento a mare dell'acqua radioattiva
trattata, sia stato avallato perché avviene ad opera del Giappone, stato
allineato al blocco occidentale e alleato subalterno agli Usa in tema di
politica estera.
Immaginate se a condurre un'azione di questo genere fossero stati la
Russia, l'Iran, la Corea del Nord o la Cina: avremmo avuto interminabili cori
indignati nei talk show, prime pagine e trasmissioni televisive che aprono con
servizi che condannano lo sversamento “inquinante”, con tanto di interrogazioni
parlamentari al seguito.
Fonti:
https://www.koreatimes.co.kr/www/nation/2020/07/371_285553.html
https://italian.cri.cn/2023/08/02/ARTI27TJmh0FZ5dPiMbWI6cX230802.shtml
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