I mega-bacini sono reputati necessari per le grandi imprese agricole. Contadini, ecologisti ed esperti delle Nazioni Unite li contestano perché consumano troppa acqua per colture necessarie ai mangimi
Con l’acqua
che scarseggia e la siccità che avanza, in Europa si assiste a scontri sempre
più marcati per assicurarsi l’utilizzo dell’acqua. Un esempio chiave è quello
offerto dalla Francia dove i contrasti si sono progressivamente acuiti fino a
dare vita a violenti scontri nei mesi scorsi. La crisi è tale che in alcune
zone gli agricoltori pattugliano i terreni e i bacini idrici stanno diventando
simili a siti militari, al fine di evitare sabotaggi e contestazioni. La
gestione dell’acqua in agricoltura è un tema ormai dirompente. Da un lato ci
sono i governi, che anche in Spagna e in Italia puntano sui mega-impianti,
destinati ad irrigare principalmente i grandi appezzamenti che riforniscono
l’industria agroalimentare. Dall’altro ecologisti e scienziati premono affinché
cambi il modello agricolo, che insiste ad investire in colture come il mais,
che consuma troppa acqua e serve soprattutto ai mangimi. Si tratta di uno
scontro destinato ad acuirsi.
Piscine militarizzate
Come
racconta il giornale Politico in un reportage, il bacino idrico di
Mauzé-sur-le-Mignon, nel dipartimento delle Deux-Sèvres, sembra un complesso
militare: cancelli d’acciaio e recinzioni di filo spinato sono posti
all’ingresso. Al controllo si aggiungono riflettori e telecamere. Gli stessi
agricoltori della zona si alternano per pattugliare il sito, perché temono
attacchi e sabotaggi da parte di attivisti. Questi ultimi contestano l’utilizzo
degli invasi per irrigare centinaia di ettari di terreni destinati
principalmente a sementi come il mais, una coltura che necessita di una
grandissima quantità di acqua per garantire una produzione di buona qualità ed
abbondante. Il bacino, situato in una zona della Francia occidentale, è
profondo 10 metri e arriva a contenere circa 240mila metri cubi d’acqua. Come
in altre regioni afflitte dalla siccità, l’utilizzo dell’acqua è diventato
terreno di scontro tra agricoltori e ambientalisti.
Cambiamenti in corso
Gli
agricoltori insistono: senza bacini idrici è impossibile continuare a
coltivare, specie durante le aride estati. “Sì, è vero che usiamo più acqua
della gente comune, ma la stiamo anche pagando. Non è gratis”, ha dichiarato a
Politico l’agricoltore Philippe Robion. L’uomo ha un’azienda agricola di 470
ettari a Tillou, una cittadina a circa 20 chilometri da Sainte-Soline, dove la
gestione di un bacino idrico ha provocato a marzo gravi scontri tra attivisti e
polizia. Le aziende sono alla ricerca di colture che si adattino meglio ai
cambiamenti climatici e allo stress idrico, ma l’acqua continua ad essere una
risorsa indispensabile. Robion ad esempio ha deciso di sostituire gran parte
del mais con girasoli, dato che consumano meno acqua, abbinandoli a
barbabietole, segale e fagioli. Si tratta comunque di semi che richiedono
un’irrigazione costante.Valentin Michel, un altro agricoltore più giovane,
riconosce che le aziende agricole devono ridurre il consumo di acqua, ma reputa
i bacini indispensabili per evitare di perdere i contratti con le aziende di
trasformazione e della grande distribuzione. La presenza degli invasi d’acqua
fungerebbe da “assicurazione” per i raccolti.
Proteste e repressione
A marzo la
manifestazione promossa dal movimento Soulèvements del Terre (Rivolte
della Terra) per contestare il bacino di Saint-Soline, nel dipartimento di
Deux-Sèvres, è stata repressa in modo violento dalle forze dell’ordine: due
persone in coma e centinaia di feriti. In seguito la Lega per i diritti umani
ha stigmatizzato la reazione della polizia, qualificandola come “sproporzionata” e accusando i responsabili del
governo di aver ritardato di proposito i soccorsi per gli attivisti feriti. Nel
dipartimento di Deux-Sèvres sono previsti 16 bacini idrici per un
costo totale di 76 milioni di euro, di cui circa il 70% finanziato con fondi
pubblici. In totale gli impianti dovrebbero immagazzinare circa 6,2 milioni di
metri cubi di acqua all’anno. Dopo gli scontri il presidente francese Emmanuel
Macron ha annunciato una nuova strategia nazionale di gestione dell’acqua per
ridurne il consumo del 10% entro la fine del decennio, chiedendo anche
all’agricoltura di contribuire a questo risultato. Ha promesso inoltre di
autorizzare nuovi bacini solo col supporto di prove scientifiche che dimostrino
che non danneggiano l’ambiente. A queste promesse vaghe, il governo francese ha
abbinato concretezza immediata nel punire la battaglia ecologista, dichiarando
fuorilegge il movimento Soulèvements de la Terre e provando a decapitarlo con
18 arresti tra i suoi membri. Ciò nonostante gli attivisti non si arrendono.
Modello agricolo contestato
Jean-Jacques
Guillet è un falegname di 72 anni che da anni combatte contro i mega-bacini nel
dipartimento di Deux-Sèvres supportando l’associazione Bassines Non
Merci (Serbatoi d’acqua, no grazie). Secondo gli oppositori gli invasi
finiscono col far consumare alle aziende agricole una mole eccessiva di acqua,
con danni alle zone umide limitrofe e alla falda freatica sotterranea. I bacini
idrici, sostengono inoltre, avvantaggiano solo quegli agricoltori che
forniscono poche grandi imprese agroalimentari. L’invaso di
Mauzé-sur-le-Mignon, ad esempio, irriga solo i terreni di cinque grandi
latifondisti. Le fattorie più piccole e i comuni cittadini restano invece a
corto di risorse idriche. Per questo motivo anche il sindacato dei piccoli
agricoltori (Confédération Paysanne) definisce i bacini idrici “una soluzione
del passato” e si oppone alla loro creazione. Le ragioni del movimento trovano
riscontro scientifico anche in una relazione speciale delle Nazioni Unite, che
a maggio hanno inviato una lettera di condanna al governo francese. I sei
relatori speciali, autori dello studio, hanno avvertito che i bacini idrici
sono “un esempio di scarso adattamento ai cambiamenti climatici”, incapaci di
dare sostegno alla produzione alimentare locale. Nel documento si afferma che
“gran parte di queste colture verrebbe esportata sui mercati internazionali”,
la qual cosa determinerebbe “costi ambientali aggiuntivi”, a discapito degli
agricoltori e consumatori locali.
Carburante a base di rabbia
Guillet ha
preso parte alla protesta di marzo ed è rimasto scioccato dalla risposta
violenta della polizia. “Mi fa star male, sono sempre arrabbiato”, ha
dichiarato l’attivista a Politco, frustrato per come la sua lotta decennale
contro i bacini idrici venga ignorata e repressa. “Ma la rabbia è il mio
carburante”, ha detto. In Francia questo sentimento è condiviso da decine di
migliaia di altre persone. Trentamila avevano partecipato alla marcia del 25
marzo. Nonostante le accuse di “ecoterrorismo” e l’ondata di arresti, il
movimento Soulèvements de la Terre ha annunciato un’estate densa di attività e
proteste. Dal 18 al 27 agosto ha chiamato all’appello la popolazione per aderire
al Convoglio per l’acqua, una marcia che da Sainte-Soline, passerà per Orléans
e terminerà a Parigi. Lungo il percorso, in bicicletta, con trattori e a piedi,
attiviste e attivisti si recheranno presso la sede della Loire-Bretagne Water
Agency, l’organismo che decide il finanziamento di questi bacini,
finanziati prevalentemente con denaro pubblico, per dire ai suoi amministratori
di smetterla di spendere soldi per questi progetti. Il 16 luglio, a causa della
procedura di scioglimento imposta dal governo francese, il movimento ha
comunicato la rinuncia al suo impegno nell’organizzazione del convoglio
dell’acqua, ma altre 100 realtà, come Bassins non merci,
associazioni, sindacati e collettivi, assicurano che la marcia verrà comunque
organizzata e realizzata.
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