mercoledì 2 agosto 2023

È iniziata la guerra dell’acqua (anche in Europa) - Alessia Capasso

 

I mega-bacini sono reputati necessari per le grandi imprese agricole. Contadini, ecologisti ed esperti delle Nazioni Unite li contestano perché consumano troppa acqua per colture necessarie ai mangimi

Con l’acqua che scarseggia e la siccità che avanza, in Europa si assiste a scontri sempre più marcati per assicurarsi l’utilizzo dell’acqua. Un esempio chiave è quello offerto dalla Francia dove i contrasti si sono progressivamente acuiti fino a dare vita a violenti scontri nei mesi scorsi. La crisi è tale che in alcune zone gli agricoltori pattugliano i terreni e i bacini idrici stanno diventando simili a siti militari, al fine di evitare sabotaggi e contestazioni. La gestione dell’acqua in agricoltura è un tema ormai dirompente. Da un lato ci sono i governi, che anche in Spagna e in Italia puntano sui mega-impianti, destinati ad irrigare principalmente i grandi appezzamenti che riforniscono l’industria agroalimentare. Dall’altro ecologisti e scienziati premono affinché cambi il modello agricolo, che insiste ad investire in colture come il mais, che consuma troppa acqua e serve soprattutto ai mangimi. Si tratta di uno scontro destinato ad acuirsi.

Piscine militarizzate

Come racconta il giornale Politico in un reportage, il bacino idrico di Mauzé-sur-le-Mignon, nel dipartimento delle Deux-Sèvres, sembra un complesso militare: cancelli d’acciaio e recinzioni di filo spinato sono posti all’ingresso. Al controllo si aggiungono riflettori e telecamere. Gli stessi agricoltori della zona si alternano per pattugliare il sito, perché temono attacchi e sabotaggi da parte di attivisti. Questi ultimi contestano l’utilizzo degli invasi per irrigare centinaia di ettari di terreni destinati principalmente a sementi come il mais, una coltura che necessita di una grandissima quantità di acqua per garantire una produzione di buona qualità ed abbondante. Il bacino, situato in una zona della Francia occidentale, è profondo 10 metri e arriva a contenere circa 240mila metri cubi d’acqua. Come in altre regioni afflitte dalla siccità, l’utilizzo dell’acqua è diventato terreno di scontro tra agricoltori e ambientalisti.

Cambiamenti in corso

Gli agricoltori insistono: senza bacini idrici è impossibile continuare a coltivare, specie durante le aride estati. “Sì, è vero che usiamo più acqua della gente comune, ma la stiamo anche pagando. Non è gratis”, ha dichiarato a Politico l’agricoltore Philippe Robion. L’uomo ha un’azienda agricola di 470 ettari a Tillou, una cittadina a circa 20 chilometri da Sainte-Soline, dove la gestione di un bacino idrico ha provocato a marzo gravi scontri tra attivisti e polizia. Le aziende sono alla ricerca di colture che si adattino meglio ai cambiamenti climatici e allo stress idrico, ma l’acqua continua ad essere una risorsa indispensabile. Robion ad esempio ha deciso di sostituire gran parte del mais con girasoli, dato che consumano meno acqua, abbinandoli a barbabietole, segale e fagioli. Si tratta comunque di semi che richiedono un’irrigazione costante.Valentin Michel, un altro agricoltore più giovane, riconosce che le aziende agricole devono ridurre il consumo di acqua, ma reputa i bacini indispensabili per evitare di perdere i contratti con le aziende di trasformazione e della grande distribuzione. La presenza degli invasi d’acqua fungerebbe da “assicurazione” per i raccolti.

Proteste e repressione

A marzo la manifestazione promossa dal movimento Soulèvements del Terre (Rivolte della Terra) per contestare il bacino di Saint-Soline, nel dipartimento di Deux-Sèvres, è stata repressa in modo violento dalle forze dell’ordine: due persone in coma e centinaia di feriti. In seguito la Lega per i diritti umani ha stigmatizzato la reazione della polizia, qualificandola come “sproporzionata” e accusando i responsabili del governo di aver ritardato di proposito i soccorsi per gli attivisti feriti. Nel dipartimento di Deux-Sèvres sono previsti 16 bacini idrici per un costo totale di 76 milioni di euro, di cui circa il 70% finanziato con fondi pubblici. In totale gli impianti dovrebbero immagazzinare circa 6,2 milioni di metri cubi di acqua all’anno. Dopo gli scontri il presidente francese Emmanuel Macron ha annunciato una nuova strategia nazionale di gestione dell’acqua per ridurne il consumo del 10% entro la fine del decennio, chiedendo anche all’agricoltura di contribuire a questo risultato. Ha promesso inoltre di autorizzare nuovi bacini solo col supporto di prove scientifiche che dimostrino che non danneggiano l’ambiente. A queste promesse vaghe, il governo francese ha abbinato concretezza immediata nel punire la battaglia ecologista, dichiarando fuorilegge il movimento Soulèvements de la Terre e provando a decapitarlo con 18 arresti tra i suoi membri. Ciò nonostante gli attivisti non si arrendono.

Modello agricolo contestato

Jean-Jacques Guillet è un falegname di 72 anni che da anni combatte contro i mega-bacini nel dipartimento di Deux-Sèvres supportando l’associazione Bassines Non Merci (Serbatoi d’acqua, no grazie). Secondo gli oppositori gli invasi finiscono col far consumare alle aziende agricole una mole eccessiva di acqua, con danni alle zone umide limitrofe e alla falda freatica sotterranea. I bacini idrici, sostengono inoltre, avvantaggiano solo quegli agricoltori che forniscono poche grandi imprese agroalimentari. L’invaso di Mauzé-sur-le-Mignon, ad esempio, irriga solo i terreni di cinque grandi latifondisti. Le fattorie più piccole e i comuni cittadini restano invece a corto di risorse idriche. Per questo motivo anche il sindacato dei piccoli agricoltori (Confédération Paysanne) definisce i bacini idrici “una soluzione del passato” e si oppone alla loro creazione. Le ragioni del movimento trovano riscontro scientifico anche in una relazione speciale delle Nazioni Unite, che a maggio hanno inviato una lettera di condanna al governo francese. I sei relatori speciali, autori dello studio, hanno avvertito che i bacini idrici sono “un esempio di scarso adattamento ai cambiamenti climatici”, incapaci di dare sostegno alla produzione alimentare locale. Nel documento si afferma che “gran parte di queste colture verrebbe esportata sui mercati internazionali”, la qual cosa determinerebbe “costi ambientali aggiuntivi”, a discapito degli agricoltori e consumatori locali.

Carburante a base di rabbia

Guillet ha preso parte alla protesta di marzo ed è rimasto scioccato dalla risposta violenta della polizia. “Mi fa star male, sono sempre arrabbiato”, ha dichiarato l’attivista a Politco, frustrato per come la sua lotta decennale contro i bacini idrici venga ignorata e repressa. “Ma la rabbia è il mio carburante”, ha detto. In Francia questo sentimento è condiviso da decine di migliaia di altre persone. Trentamila avevano partecipato alla marcia del 25 marzo. Nonostante le accuse di “ecoterrorismo” e l’ondata di arresti, il movimento Soulèvements de la Terre ha annunciato un’estate densa di attività e proteste. Dal 18 al 27 agosto ha chiamato all’appello la popolazione per aderire al Convoglio per l’acqua, una marcia che da Sainte-Soline, passerà per Orléans e terminerà a Parigi. Lungo il percorso, in bicicletta, con trattori e a piedi, attiviste e attivisti si recheranno presso la sede della Loire-Bretagne Water Agency, l’organismo che decide il finanziamento di questi bacini, finanziati prevalentemente con denaro pubblico, per dire ai suoi amministratori di smetterla di spendere soldi per questi progetti. Il 16 luglio, a causa della procedura di scioglimento imposta dal governo francese, il movimento ha comunicato la rinuncia al suo impegno nell’organizzazione del convoglio dell’acqua, ma altre 100 realtà, come Bassins non merci, associazioni, sindacati e collettivi, assicurano che la marcia verrà comunque organizzata e realizzata.

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