Esserne rimasto a lungo lontano avrebbe potuto trasformare la mia
lontananza in nostalgia. Forse è accaduto all’inizio, dopo il primo soggiorno
in Costa d’Avorio e, gradualmente meno, negli altri. C’è qualcosa che ci ha
cambiati entrambi, il Paese e chi scrive la presente lettera a chi ha voglia e
tempo di ‘aprirsi’ a sua volta. Ad ogni ritorno dall’Africa Occidentale al
Paese e ora, da questa riva chiamata Sahel, si fa strada un indefinibile
malessere che rende i miei soggiorni quasi ‘clandestini’. Dev’esserci accaduto
qualcosa che ha forse radici lontane ma che, con l’accelerazione del tempo,
delle parole e dello spazio ha profondamente inciso sul nostro modo di abitare
il mondo. L’uomo senza qualità, romanzo incompiuto dello scrittore
austriaco Robert Musil negli anni Trenta del ‘secolo breve’, ha ispirato il
titolo del presente scritto. Una sorta di meditazione che vorrebbe in realtà
interrogare chi, nella società italiana assume, per scelta o per statuto, un
ruolo qualsiasi di ‘autorità’, ossia di responsabilità, nel pensiero e nella
prassi quotidiana.
Un’amica scriveva che noi non siamo altro che ‘date ambulanti’ e, detto in
modo quasi brutale, non si può non riconoscere nell’affermazione una parte cospicua
di verità. Date, certo, gli anniversari, le feste nazionali che caratterizzano
l’identità di popolo e poi quelle di famiglia, più personali. Date e
avvenimenti camminano assieme a storie cha mai sono lineari e univoche. Per
rimanere nel citato secolo breve, così definito dallo storico inglese Eric J.
Hobsbawn, il nostro Paese ha conosciuto, ancora nella monarchia, le conquiste
coloniali, il fascismo e le resistenze a quest’ultimo. La Costituzione della
Repubblica, frutto delle variegate ‘anime’ delle resistenze, il ritorno del
movimento operaio e sindacale, gli ‘anni di piombo ’, il ‘riflusso’ e poi la
straordinaria mutazione ‘antropologica’ che, tra gli altri, Pier Paolo Pasolini
aveva lucidamente intravisto. Il Paese si trova in questo processo, da molti
analizzato con maggiore acutezza di quanto non fa il sottoscritto, presente e
assente da anni dal quotidiano cammino di costruzione della società che mi
appare, appunto, senza qualità.
Il centenario della nascita di don Lorenzo Milani, giustamente ricordato
come uno dei ‘maestri’ alternativi del nostro tempo, permette di rimettere a
nuovo alcune idee, concetti e scelte. Assieme a Giorgio la Pira, Giuseppe
Dossetti, Danilo Dolci, don Tonino Bello, e molti altri, avrebbero potuto
dettare cammini diversi e più fedeli allo spirito e alla lettera della
Costituzione della Repubblica. Un Paese, tra l’altro, marcato dalla presenza
capillare della Chiesa Cattolica e da un patrimonio di matrice contadina e
operaia ricco e mistificato dal potere. Una Presenza che avrebbe potuto e
dovuto illuminare e operare ben altre scelte che non fossero il matrimonio con
il capitalismo, la subalternità imposta e accettata alle politiche degli Stati
Uniti e l’opzione guerrafondaia che continua a imperversare sotto tutti i regimi
e governi. L’Italia continua a produrre e vendere armi, ad ospitare basi
militari (alcune con testate nucleari rinnovate), si impegna a sostenere una
guerra che non potrà non coinvolgere direttamente e dolorosamente l’Europa e,
ciliegina sulla torta, si impegna in varie ‘operazioni di pace’ all’estero. Come
ben ricordava (già nel 2015, ndr) l’amico Manlio Dinucci e altri
con lui, il nostro Paese, alla faccia dei ‘migranti’, spende per gli armamenti circa 80 milioni di euro al giorno.
Le nuove missioni per l’anno 2023, riporta il sito Analisi Difesa,
riguardano la partecipazione di personale militare alle seguenti missioni di
supporto, consulenza e addestramento alle forze locali:
§
European Union Military Assistance Mission in Ucraina (EUMAM Ucraina) –
supporto al riequipaggiamento ed addestramento delle forze ucraine
§
European Union Border Assistance in Libya (EUBAM Libia) – supporto al
controllo dei confini libici contro i traffici illeciti
§
European Union Military Partnership Mission in Niger (EUMPM Niger) –
supporto alle forze nigerine impegnate contro le milizie jihadiste
§
missione bilaterale di supporto nella Repubblica del Burkina Faso –
supporto alle forze del Burkina Faso impegnate contro le milizie jihadiste
Dunque, è proprio l’Africa del Nord e l’Africa Occidentale, dove chi scrive
ha passato trent’anni della sua vita, e avendo scelto, tra l’altro, il
volontariato internazionale alternativo al servizio militare. Al nostro Paese
senza qualità non è l’Africa dei popoli che interessa quanto le geo strategie
sottese a interessi, profitti e manipolazioni armate. Nei Paesi interessati alle
missioni i militari stranieri sono, lo posso affermare, appena sopportati dalle
società civili. Nessuna di queste missioni, ricorderebbe il citato don
Milani, sarebbe in accordo con lo spirito e la lettera della Costituzione
italiana che, all’articolo 11 ribadisce che …
L’Italia
ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e
come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in
condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità
necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le
Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale
scopo.
In tutti questi anni il silenzio, complice nella quasi totalità delle
autorità ecclesiastiche, dei politici di matrice cristiana, socialista e
comunista, hanno reso possibile il disfacimento del tessuto costituzionale, in
realtà mai applicato in tutti questi anni. La frammentazione, l’isolamento e la
gestione politica di governo grazie al ‘caos’, come ricorda il filosofo
francese Lucien Cerise in un libro recente, evidenzia come il Paese ha
interpretato tutti questi anni (terrorismo, emergenza economica, totalitarismo
sanitario e la guerra in Ucraina…). In realtà, quanto ci è accaduto,
non è che la conseguenza di una duplice dimissione, quella dello spirito e
quella della sovranità. Lo spirito o anima, anzitutto perché come singoli e
come società abbiamo accettato di rimuovere la bellezza, la verità e il bene
dal nostro quotidiano ‘abitare’ il mondo. Ci si è lasciati comprare dalla merce
come orizzonte, la società di mercato per il consumo come stile e la vita ad
una sola dimensione come patria. Ci siamo venduti a vil prezzo come se, tutti,
non fossimo, in questa terra, come ‘stranieri di passaggio’ e dunque compagni
di viaggio e cioè di utopia. Questa è la prima dimissione che ha liquidato la
dimensione simbolica e poetica della dignità umana.
La seconda e non meno importante dimissione è stata quella della sovranità.
Piero Calamandrei sosteneva che ‘la scuola è il luogo dove si compie il
miracolo di trasformare i sudditi in cittadini’…Don Milani con la sua ‘Lettera
ad una professoressa’ scritta con gli alunni di Barbiana, ne è una delle
testimonianze più inequivocabili. In tutti questi anni abbiamo vissuto da
sudditi, schiavi sottomessi ai burattinai di turno che, tra menzogne, paura e
ricatti hanno ridotto la sovranità ad un vuoto contenitore da gettare al
macero. Poche, in questi decenni, sono state le voci capaci di aggregare forme
di resistenza reale al sistema di dominazione che tutto fagocita e riduce la
democrazia, intesa come partecipazione, in un simulacro di politica. La scuola,
espressione della politica, sforna solerti funzionari per il sistema dominante.
Smarrito il popolo sovrano rimane l’opinione, la politica dei sondaggi e gli
interessi di parte. La perdita della sovranità va di pari passo con la perdita
del senso del bene comune. La legge della giungla torna riverniciata di fresco
e si pavoneggia di inutili diritti individuali atomizzati a servizio del potere
del ‘Grande Reset’ di Davos.
Per riprendersi l’anima e la sovranità occorre ripartire dalla verità e
cioè dai poveri che di essa sono gli umili testimoni storici. Metterli, con
loro, al cuore della politica, dell’economia e della prassi religiosa.
Dichiarare apertamente che l’Italia, per fedeltà alla propria Costituzione,
disattende gli accordi sulle basi militari statunitensi sul proprio territorio,
rinuncia a continuare il vassallaggio agli Stati Uniti, esce puramente e
semplicemente dalla Nato, riconverte le industrie belliche in altro utile per
la pace, spinge i vescovi e le alte sfere vaticane a liberarsi dal fardello del
compromesso che ha ridotto il fattore religioso a puntello del sistema
dominante e smette di prodigare armi alla guerra in Ucraina. L’anima e la
sovranità sono state confiscate e poi vendute al mercato di chi concepisce la
vita e la storia come proprietà privata da mercanteggiare. Sono tenute in
cattività per inerzia, dimenticanza e l’effimero della società dello spettacolo
epperò, come tutte le catene, possono essere spezzate da un semplice e inatteso
No. Ed è proprio da un No alla strategia della morte dell’umano, operata dal
sistema di dominazione, che si apre, con un vagito, la speranza perduta e
ritrovata. Niamey, 21 maggio 2023
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