sabato 12 novembre 2022

Non andremo in Egitto - Luca Manes

Un gigantesco ossimoro. Da una parte il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, lancia ogni settimana accorate grida d’allarme per la salute del Pianeta, flagellato dagli effetti di decenni di uso indiscriminato dei combustibili fossili.

Dall’altra la decisione di tenere l’annuale conferenza sul clima, le ormai ben conosciute COP, in Egitto, uno dei Paesi che più sta puntando proprio sugli stessi combustibili fossili, in particolare sul gas.

Come sempre è accaduto in passato e accade tutt’ora – di esempi ce ne sono a bizzeffe – un regime autoritario come quello guidato dal generale Abdel Fattah al-Sisi deve tanto della sua sopravvivenza ai proventi derivanti dai ricchi giacimenti presenti sul suo territorio e dagli affari con le multinazionali occidentali che non si creano scrupoli a trattare con un capo di Stato che reprime con violenza e provvedimenti ultra-liberticidi ogni minima forma di dissenso.

Di che cosa sia capace il sanguinario governo egiziano purtroppo lo sappiamo bene anche noi italiani. La vicenda Regeni è ancora ben impressa nella nostra memoria collettiva, insieme a quella più recente di Patrick Zaki. E le cose stanno addirittura peggiorando.

Poco più di un mese fa, Amnesty International scriveva: “Nonostante abbiano lanciato, un anno fa, la Strategia nazionale sui diritti umani (Sndu), le autorità egiziane non stanno mostrando alcuna sincera intenzione di riconoscere, né tanto meno di affrontare, la profonda crisi dei diritti umani nel paese.

Al contrario, continuano a reprimere le libertà e a commettere crimini di diritto internazionale, proprio mentre si approssima la Conferenza Onu sul cambiamento climatico (Cop 27)”.

Quasi scontato, allora, che la stessa COP27, organizzata nella “fortezza del turismo” di Sharm el-Sheik, non sarà certo all’insegna della tolleranza e del rispetto del diritto di manifestare. Nonostante un appello lanciato da 36 grandi Ong internazionali lo scorso luglio, le autorità egiziane hanno già fatto sapere che limiteranno al massimo ogni tipo di iniziativa della società civile globale nei primissimi giorni del summit, quando saranno presenti i capi di Stato e di governo.

Paradigmatica anche la vicenda dell’attivista Mahienour el-Massry, bloccata all’aeroporto de Il Cairo mentre era in viaggio verso l’Italia per ritirare l’Aurora Prize for Awakening Humanity. In questo periodo di grande visibilità internazionale portata dalla COP27, ogni voce che può “disturbare il manovratore” deve essere silenziata.

Nel frattempo la società civile egiziana ha lanciato una petizione sostenuta anche da Greta Thunberg, ma dubitiamo che le sue richieste di apertura saranno accolte da al-Sisi.

Con questi presupposti, noi di ReCommon già da mesi abbiamo escluso una nostra presenza a Sharm el-Sheik e comprendiamo in pieno il proposito dell’avvocatessa della famiglia Regeni Alessandra Ballerini di boicottare la COP27.

Siamo consci che fin troppo spesso le COP hanno deluso le aspettative o che le tante promesse non sono poi rispettate. Per fare un esempio recente, l’assicuratore italiano SACE alla COP26 di Glasgow si era impegnato a cancellare i finanziamenti internazionali ai combustibili fossili entro il 2022, ma a poche settimane dalla fine dell’anno non si vede nemmeno uno straccio di documento che dia seguito a questo proposito virtuoso.

Ma proprio per queste ragioni sarebbe stato importante protestare in maniera incisiva contro i decisori politici. Un summit in Egitto è solo un assist perfetto per i petrolieri e i loro sodali, che possono distribuire corpose pennellate di greenwashing in lungo e in largo nelle “esclusive” sale di Sharm el-Sheik.

Non a caso il governo di Il Cairo ha omaggiato il settore fossile affidando un ruolo di prim’ordine alla COP27 alla Hill+Knowlton Strategies, società di pubbliche relazioni che più vicina al settore fossile non si può, senza contare la sponsorizzazione di Siemens Energy, attivissima nei progetti di gas fossile.

Tutto ciò detto, ci teniamo a sottolineare che sì, non andremo in Egitto, ma non siamo certo rimasti con le mani in mano. Nei giorni della COP seguiteci sul sito e sui nostri canali social.

Articolo pubblicato grazie alla collaborazione con Re:Common

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