lunedì 14 novembre 2022

La sete assedia il Corno d’Africa - Alberto Castagnola

Il clima globale

Siccità: il fenomeno climatico La Nina, responsabile dell’aggravarsi della siccità nel Corno d’Africa, potrebbe avere una durata senza precedenti in questo secolo e  continuare almeno fino alla fine dell’anno. Lo prevede l’Organizzazione Meteorologica Mondiale. Il fenomeno provoca un raffreddamento di parte delle acque superficiali del Pacifico, influenzando il ciclo delle precipitazioni e il clima di alcune regioni del pianeta. Secondo un rapporto della Noaa degli Stati Uniti, la concentrazione di gas serra (anidride carbonica, metano, ecc.) nell’atmosfera ha  raggiunto un nuovo record nel 2021: 414,7 parti per milione, cioè 2,3 ppm in più del 2020, un aumento molto più consistente e rapido rispetto al passato.

Secondo il servizio europeo sul cambiamento climatico, Copernicus, il periodo dal primo giugno al 31 agosto è stato il più caldo mai registrato in Europa: 1,34 gradi più della media del periodo 1991-2020 e 0,4 gradi più del precedente record del 2021. Secondo un rapporto della Organizzazione Meteorologica Mondiale (Omm) le ondate di caldo e gli incendi diventeranno più frequenti, intensi e durevoli  a causa della crisi climatica, peggiorando la qualità dell’aria e mettendo a rischio la salute degli esseri umani. Riportiamo quasi integralmente la sintesi di un articolo apparso su “Science”  pubblicato su Internazionale n. 1478 del 16 settembre perchè tratta di fenomeni già in corso.

La crisi climatica in atto potrebbe destabilizzare in modo irreversibile fino a sedici sistemi naturali terrestri. Si tratta di meccanismi che regolano il “funzionamento” del pianeta e che se modificati cominceranno ad autoalimentarsi. Con un riscaldamento del pianeta tra 1,5  e 2 gradi rispetto all’era preindustriale, si raggiungerebbero sei punti di non ritorno: il collasso dei ghiacciai della Groenlandia e dell’Antartide occidentale, lo scioglimento del permafrost, la perdita di ghiaccio marino nel mare di Barents, il collasso della corrente del Labrador e la morte delle barriere coralline più vicine all’equatore. Un riscaldamento tra due e quattro gradi renderebbe probabili altri quattro eventi: la scomparsa della foresta pluviale amazzonica, lo scioglimento dei ghiacciai montani, il collasso dei ghiacciai dell’Antartide orientale e un aumento della vegetazione nel Sahel.

Con un riscaldamento oltre i quattro gradi ci potrebbero essere ulteriori conseguenze: lo spostamento a nord della foresta boreale, il collasso totale del permafrost, la scomparsa dei bacini subglaciali dell’Antartide orientale, il collasso della banchisa artica e quello delle correnti dell’oceano Atlantico meridionale. Infine, Il testo fa notare che il pianeta è avviato verso un riscaldamento di 2,6 gradi. In schede precedenti abbiamo riportato informazioni su alcuni di questi fenomeni (situazione della Groenlandia, barriere coralline, ecc.) evidentemente già in corso. Inoltre è da notare che si usano dati relativi all’intero pianeta, mentre esistono molte località dove certe temperature sono già state raggiunte, anche di 3 gradi o più.

La minaccia di una carestia in tutta l’Africa è sempre più concreta. In alcune  zone non piove da due anni e in molte zone è in corso la peggiore siccità degli ultimi quaranta anni. L’ultima volta che una carestia è stata dichiarata in Somalia, nel 2010-2011, le vittime sono state 250.000. Secondo le Nazioni Unite, in Somalia, Etiopia ed Eritrea 22 milioni di persone rischiano di morire di fame. Un bambino somalo su tre è affetto da malnutrizione cronica.

A scatenare l’emergenza in una delle regioni più povere del mondo è stata la siccità, ma le cause reali sono più ampie e profonde. La regione inoltre importava da Russia e Ukraina il 90% del grano che improvvisamente è stato bloccato dall’invasione di cui non si intravede la fine. Un grave problema, ancora irrisolto, è costituito dall’aumento della concentrazione di metano nell’atmosfera, iniziato circa 15 anni fa. Il laboratorio di monitoraggio globale della National Oceanic and Atmospheric Administration misura i diversi gas (anidride carbonica, protossido d’azoto, esafluoruro di zolfo, ecc.) tra i quali il metano è il secondo per importanza, e che ha un effetto sul riscaldamento globale 80 volte superiore a quello dell’anidride carbonica, pur avendo un periodo di permanenza nell’atmosfera molto inferiore a quello dell’anidride carbonica. Il metano è il principale ingrediente del gas naturale, ma viene emesso anche da altre attività umane, come le discariche, le risaie e gli allevamenti di bestiame, specie se intensivi. Negli ultimi anni l’aumento del metano  ha accelerato bruscamente.

Le implicazioni per il riscaldamento globale: un terzo dell’incremento di 1,1 gradi centigradi rispetto all’epoca preindustriale può essere attribuito al metano. Nel 2020 la sua presenza nell’atmosfera ha fatto segnare il più elevato tasso di crescita mai registrato e nel 2021 questo record è stato battuto immediatamente. Vediamo le ragioni: il metano derivato dai combustibili fossili contiene una maggiore quantità di carbonio -13 rispetto a quello atmosferico,  mentre quello prodotto da fonti microbiche (aree umide, discariche, animali, ecc.) ne contiene meno. Intorno al 2007, però, la tendenza si è invertita.

L’aumento recente non deriva soprattutto dai combustibili fossili, ma da altre fonti. È quindi successo qualcosa di significativo, che gli scienziati stanno cercando di scoprire. Quali sono le altre fonti? Dalle paludi e dai laghi meno profondi nei tropici, allo scioglimento del permafrost nell’Artico, dalle discariche  e dall’attività agricola all’industria dei combustibili fossili, oltre che ai “pozzi” chimici che lo catturano e lo rimuovono dall’atmosfera.

Svelare il mistero ci permetterà di stabilire se il mondo stia andando o no verso lo scenario più catastrofico, quello di una “bomba di metano”: un circolo vizioso in cui un pianeta sempre più caldo emette naturalmente una quantità maggiore di metano, alimentando ulteriormente il surriscaldamento. È una prospettiva terrificante, a cui gli scienziati cercano di girare intorno, soprattutto nelle interviste. Altri esperti sono più diretti”: “Se le emissioni dovute ai combustibili fossili fanno cuocere il mondo a fuoco lento,  il metano è una fiamma ossidrica”. E ancora: “ Il timore è che se riscalderemo la Terra abbastanza da cominciare a scaldarsi da sé, perderemo la battaglia”.

La fonte è Durwood Zaelke,  presidente dell’Institute for Governance & Sustainable Development.  Grazie al cambiamento nella proporzione di molecole con carbonio -13 sanno che l’incremento deriva da fonti microbiche. Ma quali esattamente? Le aree umide, il bestiame e le discariche producono metano “microbico”, generato dalla decomposizione della materia organica, e quindi gli scienziati stanno raccogliendo dati in tutto il mondo, anche perchè la crescita più intensa sembra provenire dai tropici. In particolare, sembra che dal 2007 l’aumento della quantitò di metano microbico  nell’atmosfera sia l’85% del totale, e che la metà proviene dai tropici. Ma solo nel 2019 si è accertato un forte aumeto proveniente dalle aree umide (in particolare dagli acquitrini del Sudd in Sud Sudan, ma anche il sudest asiatico e l’Amazzonia presentano tendenze simili.

In pratica, quando l’acqua  nelle aree umide aumenta, aumentano anche le emissioni di metano, perchè i microbi che producono il gas hanno più materia organica di cui cibarsi. In particolare nell’Artico si moltiplicano i campioni prelevati, perchè la regione si sta riscaldando tre volte più rapidamente rispetto al resto del pianeta, e il metano (anche nella forma di deuterio o metano pesante) viene prodotto da microrganismi chiamati metanogeni; inoltre nel permafrost da solo ci sono 1500 miliardi di tonnellate di carbonio. In Alaska, a causa dello scioglimento del permafrost si stanno formando moltissimi laghi.

E questi nuovi bacini termocarsici  emettono metano in misura dieci volte superiore a quella di un lago normale. Tuttavia le zone umide tropicali ne emettono quantità molto maggiori. Il testo qui utilizzato svolge anche  una serie di valutazioni (preoccupate) sugli scarsi impegni in materia nelle sedi internazionali (Glasgow e l’IPCC del prossimo novembre) e constata che chi sta effettuando tutte queste ricerche ha finora ricevuto scarsi finanziamenti per un problema così importante.

§  Eventi estremi.

Gli incendi nell’Amazzonia brasiliana hanno registrato un nuovo record per il mese di agosto: 33.116 roghi contro i 28.060 del 2020. Un incendio ha causato due morti e distrutto 1600 ettari di vegetazione nel sud della California, Stati Uniti. Un incendio che si è sviluppato nell’Oregon, nell’ovest degli Stati Uniti, ha distrutto più di 37.000 ettari di vegetazione e costretto migliaia di persone a lasciare le loro case. Un altro rogo ha incenerito 17.000 ettari nel nord della California. In Bolivia, gli incendi appiccati per fare spazio all’agricoltura sono triplicati in appena due settimane. Dall’inizio dell’anno sono stati distrutti più di 850mila ettari di foresta. Dall’inizio dell’anno nell’Amazzonia brasiliana sono stati registrati 75.592 incendi, più che nell’intero 2021. Nei primi giorni del mese la situazione del Pakistan a seguito dei monsoni assume dimensioni ancora più gravi.

Dopo tre mesi di piogge, quasi metà dei terreni coltivabili è stata sommersa dall’acqua, gli sfollati superano i 33 milioni di persone, i morti sono oltre1200 ma potrebbero essere quasi  2000. Sono inoltre almeno 650mila le donne incinte, che avrebbero bisogno di assistenza medica immediata. Anche in passato il paese ha dovuto affrontare gravi eventi per cause naturali, almeno 29 super alluvioni dal 1947, ma non sembra siano disponibili misure e mezzi pronti ad affrontare questo tipo di eventi.

A metà del mese l’Italia ha dovuto affrontare le piogge torrenziali che hanno colpito le Marche, in poche ore la quantità di pioggia che di solito scende in sei mesi ha investito in particolare il paese di Catiano, duemila abitanti. La causa: si è generato un temporale sull’Appenino, che si è diretto verso l’Adriatico, dove ha incontrato una temperatura superiore di 5 gradi e venti da sud che lo hanno bloccato  e poi rinvigorito è tornato a scaricarsi sulla terraferma. In poche ore le acque hanno raggiunto il primo piano delle case, invaso cantine e garage, fiumi e torrenti sono esondati, i morti sono stati almeno undici e tre i dispersi.

Gli esperti segnalano che eventi così rapidi e concentrati stanno diventando la normalità, ma che i metodi di analisi del tempo atmosferico non sono ancora in grado di prevederli in tempo, e comunque la popolazione non sa ancora comportarsi in modo corretto e nessuno la sta preparando. Il giorno successivo pioveva ancora, il vento ha raggiunto i 130 chilometri orari, una nave ha rotto gli ormeggi nel porto di Ravenna. Importante il dato complessivo per l’Europa: tra il 4 giugno e il 3 settembre sono bruciati 508.260 ettari di terreno, producendo 6,4 milioni di tonnellate di carbonio. In Italia nello stesso periodo gli ettari bruciati sono stati oltre 54.855, tremila in più rispetto alla media del 2016-2021. (Dati apparsi su L’Extra Terrestre del 22 settembre)


§  Meccanismi economici di danno ambientale.

Plastica. Un gruppo di ricercatori ha individuato la provenienza dei materiali che formano la grande isola di plastica galleggiante nell’oceano Pacifico. In larga misura si tratta di attrezzature per la pesca, reti e altri oggetti utilizzati dai pescherecci. Nella zona operano navi di paesi che praticano la pesca industriale, Giappone, Cina, Corea del sud, Stati Uniti,Taiwan e Russia. I rifiuti di plastica di tipo domestico rappresentano in questo caso solo il 16% del totale, ma il 28% è rimasto non identificato. L’isola pesa diecine di migliaia di tonnellate e si estende per chilometri. Sarebbe molto interessante poter disporre di ricerche analoghe per le altre isole di plastica nell’Atlantico e nel Mediterraneo.

Cattura della Co2. La maggior parte dei progetti di cattura e stoccaggio di anidride carbonica, –  spesso presentati come la soluzione del problema dell’inquinamento atmosferico e come la “via industriale” alla compensazione dei danni causati dalle stesse industrie, – non ha raggiunto gli obiettivi. Un rapporto apparso sul New Scientist, elaborato dal  Institute for Energy Economics and Financial Analysis, con sede in Australia, ha preso in esame tredici progetti. Dieci sono attivi, due sono stati abbandonati e uno è stato sospeso. Tra quelli in funzione gli unici che hanno raggiunto gli obiettivi sono i due progetti norvegesi., e secondo il rapporto ciò dipende dal quadro normativo del paese. Altri due progetti hanno una capacità del 36 e del 50 per cento inferiori alle previsioni.

Luce blu. Una ricerca ha evidenziato la luce emessa dal pianeta in due periodi, 2012-2013  e  2014-2020 e l’aumento della luce blu emessa dalle lampadine a led. Questo tipo di luce può avere conseguenze negative sugli ecosistemi, modificando ad esempio il comportamento degli insetti e dei pipistrelli.

Il suolo. Il suolo non è solo materia inerte, ma un sistema vivente estremamente complesso, fragile e prezioso. Conoscerlo meglio può aiutarci ad affrontare le minacce che incombono sul pianeta. E’ vario come una foresta pluviale o una barriera corallina. Dipendiamo da esso per il 99% del nostro cibo eppure lo conosciamo molto poco. Un articolo di George Mombiot, apparso su Internazionale n. 1479, del 23 settembre 2022, descrive con molti dettagli il mondo vegetale e vivente che popola il terreno sotto la sua superficie che calpestiamo. La sua descrizione è particolarmente vivace e interessante  e suggerisce una specie di nuova agricoltura, che esclude prodotti chimici e tecniche distruttive, e che però dà luogo a una produzione alimentare alternativa molto consistente. Poi fa un salto logico, e parla di una suo amico contadino che da anni la sta sperimentando con risultati che hanno del prodigioso. I due livelli di analisi non sono sintetizzabili in questa sede, ma credo che cercherò di interessare miei amici “agricoli” affinchè verifichino in concreto le sue descrizioni. L’11 ottobre dovrebbe essere uscito da Mondadori un suo libro dal titolo stimolante: “Il futuro è sottoterra”.

ENI notizie: il primo settembre un articolo del Corriere della Sera annuncia che l’Eni verserà allo Stato 1,4 miliardi di extraprofitti guadagnati per le vendite di gas. Nel testo si capisce che verserà intanto un acconto e il resto arriverà entro la fine dell’anno. Il lettore resta con il dubbio se questo impegno sarà rispettato con il nuovo governo. Qualche giorno dopo la notizia che l’Eni rileva le attività e i giacimenti di British Petroleum in Algeria. Verso la fine del mese la notizia che l’Eni UK parteciperà alla gara per la realizzazione di un impianto di stoccaggio di Co2 all’interno  di un suo giacimento di gas esaurito. Si spera che terranno conto dei risultati non certo entusiasmanti dei 13 progetti analoghi finora avviati in altri paesi.


§  Strumenti

Mark W. Moffett, Lo sciame umano, una storia naturale delle società., Le Scienze, Roma, 2021.

Giorgio Brizio, Non siamo tutti sulla stessa barca, le sfide del nostro tempo agli occhi di un ragazzzo, Slow Food Editore, Bra (Cn), 2021

Raj Patel e Jason W. Moore, Una storia del mondo a buon mercato, guida radicale agli inganni del capitalismo, Serie Bianca Feltrinelli Editore Milano, maggio 2018

Giancarlo Sturloni, Il Pianeta tossico, sopravviveremo a noi stessi?, Piano B edizioni, Prato, 2014

Wolfgang Streeck, Come finirà il capitalismo?, anatomia di un sistema in crisi, Meltemi editore, Milano, 2016

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