Il clima globale
Siccità: il fenomeno climatico La Nina, responsabile dell’aggravarsi della
siccità nel Corno d’Africa, potrebbe avere una durata senza precedenti in
questo secolo e continuare almeno fino alla fine dell’anno. Lo prevede
l’Organizzazione Meteorologica Mondiale. Il fenomeno provoca un raffreddamento
di parte delle acque superficiali del Pacifico, influenzando il ciclo delle
precipitazioni e il clima di alcune regioni del pianeta. Secondo un rapporto
della Noaa degli Stati Uniti, la concentrazione di gas serra (anidride
carbonica, metano, ecc.) nell’atmosfera ha raggiunto un nuovo record nel
2021: 414,7 parti per milione, cioè 2,3 ppm in più del 2020, un aumento molto
più consistente e rapido rispetto al passato.
Secondo il servizio europeo sul cambiamento climatico, Copernicus, il periodo
dal primo giugno al 31 agosto è stato il più caldo mai registrato in Europa:
1,34 gradi più della media del periodo 1991-2020 e 0,4 gradi più del precedente
record del 2021. Secondo un rapporto della Organizzazione Meteorologica
Mondiale (Omm) le ondate di caldo e gli incendi diventeranno più frequenti,
intensi e durevoli a causa della crisi climatica, peggiorando la qualità
dell’aria e mettendo a rischio la salute degli esseri umani. Riportiamo quasi
integralmente la sintesi di un articolo apparso su “Science” pubblicato
su Internazionale n. 1478 del 16 settembre perchè tratta di fenomeni già in
corso.
La crisi climatica in atto potrebbe destabilizzare in modo irreversibile
fino a sedici sistemi naturali terrestri. Si tratta di meccanismi che regolano
il “funzionamento” del pianeta e che se modificati cominceranno ad
autoalimentarsi. Con un riscaldamento del pianeta tra 1,5 e 2 gradi
rispetto all’era preindustriale, si raggiungerebbero sei punti di non ritorno:
il collasso dei ghiacciai della Groenlandia e dell’Antartide occidentale, lo
scioglimento del permafrost, la perdita di ghiaccio marino nel mare di Barents,
il collasso della corrente del Labrador e la morte delle barriere coralline più
vicine all’equatore. Un riscaldamento tra due e quattro gradi renderebbe
probabili altri quattro eventi: la scomparsa della foresta pluviale amazzonica,
lo scioglimento dei ghiacciai montani, il collasso dei ghiacciai dell’Antartide
orientale e un aumento della vegetazione nel Sahel.
Con un riscaldamento oltre i quattro gradi ci potrebbero essere ulteriori
conseguenze: lo spostamento a nord della foresta boreale, il collasso totale
del permafrost, la scomparsa dei bacini subglaciali dell’Antartide orientale,
il collasso della banchisa artica e quello delle correnti dell’oceano Atlantico
meridionale. Infine, Il testo fa notare che il pianeta è avviato verso un
riscaldamento di 2,6 gradi. In schede precedenti abbiamo riportato informazioni
su alcuni di questi fenomeni (situazione della Groenlandia, barriere coralline,
ecc.) evidentemente già in corso. Inoltre è da notare che si usano dati
relativi all’intero pianeta, mentre esistono molte località dove certe
temperature sono già state raggiunte, anche di 3 gradi o più.
La minaccia di una carestia in tutta l’Africa è sempre più concreta. In
alcune zone non piove da due anni e in molte zone è in corso la peggiore
siccità degli ultimi quaranta anni. L’ultima volta che una carestia è stata
dichiarata in Somalia, nel 2010-2011, le vittime sono state 250.000. Secondo le
Nazioni Unite, in Somalia, Etiopia ed Eritrea 22 milioni di persone rischiano
di morire di fame. Un bambino somalo su tre è affetto da malnutrizione cronica.
A scatenare l’emergenza in una delle regioni più povere del mondo è stata
la siccità, ma le cause reali sono più ampie e profonde. La regione inoltre
importava da Russia e Ukraina il 90% del grano che improvvisamente è stato
bloccato dall’invasione di cui non si intravede la fine. Un grave problema,
ancora irrisolto, è costituito dall’aumento della concentrazione di metano
nell’atmosfera, iniziato circa 15 anni fa. Il laboratorio di monitoraggio
globale della National Oceanic and Atmospheric Administration misura i diversi
gas (anidride carbonica, protossido d’azoto, esafluoruro di zolfo, ecc.) tra i
quali il metano è il secondo per importanza, e che ha un effetto sul
riscaldamento globale 80 volte superiore a quello dell’anidride carbonica, pur
avendo un periodo di permanenza nell’atmosfera molto inferiore a quello
dell’anidride carbonica. Il metano è il principale ingrediente del gas
naturale, ma viene emesso anche da altre attività umane, come le discariche, le
risaie e gli allevamenti di bestiame, specie se intensivi. Negli ultimi anni
l’aumento del metano ha accelerato bruscamente.
Le implicazioni per il riscaldamento globale: un terzo dell’incremento di
1,1 gradi centigradi rispetto all’epoca preindustriale può essere attribuito al
metano. Nel 2020 la sua presenza nell’atmosfera ha fatto segnare il più elevato
tasso di crescita mai registrato e nel 2021 questo record è stato battuto
immediatamente. Vediamo le ragioni: il metano derivato dai combustibili fossili
contiene una maggiore quantità di carbonio -13 rispetto a quello
atmosferico, mentre quello prodotto da fonti microbiche (aree umide,
discariche, animali, ecc.) ne contiene meno. Intorno al 2007, però, la tendenza
si è invertita.
L’aumento recente non deriva soprattutto dai combustibili fossili, ma da
altre fonti. È quindi successo qualcosa di significativo, che gli scienziati
stanno cercando di scoprire. Quali sono le altre fonti? Dalle paludi e dai
laghi meno profondi nei tropici, allo scioglimento del permafrost nell’Artico,
dalle discariche e dall’attività agricola all’industria dei combustibili
fossili, oltre che ai “pozzi” chimici che lo catturano e lo rimuovono
dall’atmosfera.
Svelare il mistero ci permetterà di stabilire se il mondo stia andando o no
verso lo scenario più catastrofico, quello di una “bomba di metano”: un circolo
vizioso in cui un pianeta sempre più caldo emette naturalmente una quantità
maggiore di metano, alimentando ulteriormente il surriscaldamento. È una
prospettiva terrificante, a cui gli scienziati cercano di girare intorno,
soprattutto nelle interviste. Altri esperti sono più diretti”: “Se le emissioni
dovute ai combustibili fossili fanno cuocere il mondo a fuoco lento, il
metano è una fiamma ossidrica”. E ancora: “ Il timore è che se riscalderemo la
Terra abbastanza da cominciare a scaldarsi da sé, perderemo la battaglia”.
La fonte è Durwood Zaelke, presidente dell’Institute for Governance
& Sustainable Development. Grazie al cambiamento nella proporzione di
molecole con carbonio -13 sanno che l’incremento deriva da fonti microbiche. Ma
quali esattamente? Le aree umide, il bestiame e le discariche producono metano
“microbico”, generato dalla decomposizione della materia organica, e quindi gli
scienziati stanno raccogliendo dati in tutto il mondo, anche perchè la crescita
più intensa sembra provenire dai tropici. In particolare, sembra che dal 2007
l’aumento della quantitò di metano microbico nell’atmosfera sia l’85% del
totale, e che la metà proviene dai tropici. Ma solo nel 2019 si è accertato un
forte aumeto proveniente dalle aree umide (in particolare dagli acquitrini del
Sudd in Sud Sudan, ma anche il sudest asiatico e l’Amazzonia presentano tendenze
simili.
In pratica, quando l’acqua nelle aree umide aumenta, aumentano anche
le emissioni di metano, perchè i microbi che producono il gas hanno più materia
organica di cui cibarsi. In particolare nell’Artico si moltiplicano i campioni
prelevati, perchè la regione si sta riscaldando tre volte più rapidamente
rispetto al resto del pianeta, e il metano (anche nella forma di deuterio o
metano pesante) viene prodotto da microrganismi chiamati metanogeni; inoltre
nel permafrost da solo ci sono 1500 miliardi di tonnellate di carbonio. In
Alaska, a causa dello scioglimento del permafrost si stanno formando moltissimi
laghi.
E questi nuovi bacini termocarsici emettono metano in misura dieci
volte superiore a quella di un lago normale. Tuttavia le zone umide tropicali
ne emettono quantità molto maggiori. Il testo qui utilizzato svolge anche
una serie di valutazioni (preoccupate) sugli scarsi impegni in materia nelle
sedi internazionali (Glasgow e l’IPCC del prossimo novembre) e constata che chi
sta effettuando tutte queste ricerche ha finora ricevuto scarsi finanziamenti
per un problema così importante.
§
Eventi estremi.
Gli incendi nell’Amazzonia brasiliana hanno registrato un nuovo record per
il mese di agosto: 33.116 roghi contro i 28.060 del 2020. Un incendio ha causato
due morti e distrutto 1600 ettari di vegetazione nel sud della California,
Stati Uniti. Un incendio che si è sviluppato nell’Oregon, nell’ovest degli
Stati Uniti, ha distrutto più di 37.000 ettari di vegetazione e costretto
migliaia di persone a lasciare le loro case. Un altro rogo ha incenerito 17.000
ettari nel nord della California. In Bolivia, gli incendi appiccati per fare
spazio all’agricoltura sono triplicati in appena due settimane. Dall’inizio
dell’anno sono stati distrutti più di 850mila ettari di foresta. Dall’inizio
dell’anno nell’Amazzonia brasiliana sono stati registrati 75.592 incendi, più
che nell’intero 2021. Nei primi giorni del mese la situazione del Pakistan a
seguito dei monsoni assume dimensioni ancora più gravi.
Dopo tre mesi di piogge, quasi metà dei terreni coltivabili è stata
sommersa dall’acqua, gli sfollati superano i 33 milioni di persone, i morti
sono oltre1200 ma potrebbero essere quasi 2000. Sono inoltre almeno
650mila le donne incinte, che avrebbero bisogno di assistenza medica immediata.
Anche in passato il paese ha dovuto affrontare gravi eventi per cause naturali,
almeno 29 super alluvioni dal 1947, ma non sembra siano disponibili misure e
mezzi pronti ad affrontare questo tipo di eventi.
A metà del mese l’Italia ha dovuto affrontare le piogge torrenziali che
hanno colpito le Marche, in poche ore la quantità di pioggia che di solito
scende in sei mesi ha investito in particolare il paese di Catiano, duemila
abitanti. La causa: si è generato un temporale sull’Appenino, che si è diretto
verso l’Adriatico, dove ha incontrato una temperatura superiore di 5 gradi e
venti da sud che lo hanno bloccato e poi rinvigorito è tornato a
scaricarsi sulla terraferma. In poche ore le acque hanno raggiunto il primo
piano delle case, invaso cantine e garage, fiumi e torrenti sono esondati, i
morti sono stati almeno undici e tre i dispersi.
Gli esperti segnalano che eventi così rapidi e concentrati stanno
diventando la normalità, ma che i metodi di analisi del tempo atmosferico non
sono ancora in grado di prevederli in tempo, e comunque la popolazione non sa
ancora comportarsi in modo corretto e nessuno la sta preparando. Il giorno
successivo pioveva ancora, il vento ha raggiunto i 130 chilometri orari, una
nave ha rotto gli ormeggi nel porto di Ravenna. Importante il dato complessivo
per l’Europa: tra il 4 giugno e il 3 settembre sono bruciati 508.260 ettari di
terreno, producendo 6,4 milioni di tonnellate di carbonio. In Italia nello
stesso periodo gli ettari bruciati sono stati oltre 54.855, tremila in più
rispetto alla media del 2016-2021. (Dati apparsi su L’Extra Terrestre del 22
settembre)
§
Meccanismi economici di danno ambientale.
Plastica. Un gruppo di ricercatori ha individuato la provenienza dei materiali che
formano la grande isola di plastica galleggiante nell’oceano Pacifico. In larga
misura si tratta di attrezzature per la pesca, reti e altri oggetti utilizzati
dai pescherecci. Nella zona operano navi di paesi che praticano la pesca
industriale, Giappone, Cina, Corea del sud, Stati Uniti,Taiwan e Russia. I
rifiuti di plastica di tipo domestico rappresentano in questo caso solo il 16%
del totale, ma il 28% è rimasto non identificato. L’isola pesa diecine di
migliaia di tonnellate e si estende per chilometri. Sarebbe molto interessante
poter disporre di ricerche analoghe per le altre isole di plastica
nell’Atlantico e nel Mediterraneo.
Cattura della Co2. La maggior parte dei progetti di cattura
e stoccaggio di anidride carbonica, – spesso presentati come la soluzione
del problema dell’inquinamento atmosferico e come la “via industriale” alla
compensazione dei danni causati dalle stesse industrie, – non ha raggiunto gli
obiettivi. Un rapporto apparso sul New Scientist, elaborato dal Institute
for Energy Economics and Financial Analysis, con sede in Australia, ha preso in
esame tredici progetti. Dieci sono attivi, due sono stati abbandonati e uno è
stato sospeso. Tra quelli in funzione gli unici che hanno raggiunto gli
obiettivi sono i due progetti norvegesi., e secondo il rapporto ciò dipende dal
quadro normativo del paese. Altri due progetti hanno una capacità del 36 e del
50 per cento inferiori alle previsioni.
Luce blu. Una ricerca ha evidenziato la luce emessa dal pianeta in due periodi,
2012-2013 e 2014-2020 e l’aumento della luce blu emessa dalle
lampadine a led. Questo tipo di luce può avere conseguenze negative sugli
ecosistemi, modificando ad esempio il comportamento degli insetti e dei
pipistrelli.
Il suolo. Il suolo non è solo materia inerte, ma un sistema vivente estremamente
complesso, fragile e prezioso. Conoscerlo meglio può aiutarci ad affrontare le
minacce che incombono sul pianeta. E’ vario come una foresta pluviale o una
barriera corallina. Dipendiamo da esso per il 99% del nostro cibo eppure lo
conosciamo molto poco. Un articolo di George Mombiot, apparso su Internazionale
n. 1479, del 23 settembre 2022, descrive con molti dettagli il mondo vegetale e
vivente che popola il terreno sotto la sua superficie che calpestiamo. La sua
descrizione è particolarmente vivace e interessante e suggerisce una
specie di nuova agricoltura, che esclude prodotti chimici e tecniche
distruttive, e che però dà luogo a una produzione alimentare alternativa molto
consistente. Poi fa un salto logico, e parla di una suo amico contadino che da
anni la sta sperimentando con risultati che hanno del prodigioso. I due livelli
di analisi non sono sintetizzabili in questa sede, ma credo che cercherò di
interessare miei amici “agricoli” affinchè verifichino in concreto le sue
descrizioni. L’11 ottobre dovrebbe essere uscito da Mondadori un suo libro dal
titolo stimolante: “Il futuro è sottoterra”.
ENI notizie: il primo settembre un articolo del Corriere della Sera
annuncia che l’Eni verserà allo Stato 1,4 miliardi di extraprofitti guadagnati
per le vendite di gas. Nel testo si capisce che verserà intanto un acconto e il
resto arriverà entro la fine dell’anno. Il lettore resta con il dubbio se
questo impegno sarà rispettato con il nuovo governo. Qualche giorno dopo la
notizia che l’Eni rileva le attività e i giacimenti di British Petroleum in
Algeria. Verso la fine del mese la notizia che l’Eni UK parteciperà alla gara
per la realizzazione di un impianto di stoccaggio di Co2 all’interno di
un suo giacimento di gas esaurito. Si spera che terranno conto dei risultati
non certo entusiasmanti dei 13 progetti analoghi finora avviati in altri paesi.
§
Strumenti
Mark W. Moffett, Lo sciame umano, una storia naturale delle società., Le
Scienze, Roma, 2021.
Giorgio Brizio, Non siamo tutti sulla stessa barca, le sfide del nostro
tempo agli occhi di un ragazzzo, Slow Food Editore, Bra (Cn), 2021
Raj Patel e Jason W. Moore, Una storia del mondo a buon mercato, guida
radicale agli inganni del capitalismo, Serie Bianca Feltrinelli Editore Milano,
maggio 2018
Giancarlo Sturloni, Il Pianeta tossico, sopravviveremo a noi stessi?, Piano
B edizioni, Prato, 2014
Wolfgang Streeck, Come finirà il capitalismo?, anatomia di un sistema in
crisi, Meltemi editore, Milano, 2016
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