martedì 29 novembre 2022

La prevenzione non c’è nel nuovo trattato dell’Oms – Nicoletta Dentico

 

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha licenziato la bozza zero «concettuale» del trattato pandemico, il cui percorso negoziale è stato deciso all’unanimità da una sessione dell’Assemblea nel 2021.
Al trattato è rivolta l’attenzione e l’impegno della comunità sanitaria globale. C’è molta agitazione nell’aria, e anche un bel po’ di confusione. Infatti l’Oms uno strumento vincolante per gestire le emergenze sanitarie ce l’ha già: i Regolamenti Sanitari Internazionali, aggiornati nel 2005 dopo l’epidemia di SARS, ma inefficaci nella vicenda di Covid-19 (una défaillance, le cui cause profonde non sono state indagate). Ora, dunque, i delegati sono chiamati a negoziare il nuovo trattato pandemico entro il 2024 e ad emendare il vecchio trattato dell’Oms.
COME ERA PREVEDIBILE i due percorsi si intrecciano, confondono, e competono fra loro, sicché le delegazioni faticano non poco a tirare le fila, persino quelle europee. Le minuscole delegazioni dei Paesi del sud del mondo, con il respiro cortissimo, se la giocano tra intimidazioni e fatalismo diplomatico. La consegna è chiara - avanti a tutta velocità. La pressione per il nuovo trattato è forte, come si evince anche dalla presa di posizione del Nobel Giorgio Parisi, convinto che la comunità internazionale abbia umilmente appreso le razionali pedagogie di Covid.
Sul nuovo trattato pandemico, invece, diversi esperti di salute globale nutrono perplessità, a partire dalla genesi dell’iniziativa, a forte trazione europea e sostenuta dalla Fondazione Gates che sta investendo a piene mani nei think-tank internazionali per farla avanzare. Oggi, la bozza zero «concettuale» non fa che confermare i dubbi. Certo è presto per parlare, visto che si tratta di un proto-testo, e il negoziato vero e proprio deve ancora cominciare. Ma chi ha seguito il percorso fin dalla prima ora, come chi scrive, sa bene che l’impostazione politica del trattato e i paletti negoziali sono ben saldi, e noti all’Inter-governmental Negotiating Body (INB), il piccolo solerte gruppo intergovernativo cui è affidato il compito di tessere il processo diplomatico.
IL TRATTATO PANDEMICO dell’Oms punta alla prevenzione, preparazione e risposta alle prossime pandemie. Ora, a prescindere dal fatto che - Covid ce lo ha insegnato - una pandemia non è un evento naturale ma un colossale fallimento di governance mondiale, nella attuale proto-bozza balza agli occhi la assenza di ogni serio riferimento alla prevenzione e l’esclusiva attenzione alla preparazione e risposta.
L’EPISTEMOLOGIA del testo guarda esclusivamente alle soluzioni biomediche, punta a fissare le dinamiche sullo scambio di patogeni (come faceva il vecchio trattato), il trasferimento di tecnologie per la creazione di hub regionali a vocazione farmaceutica. Il testo spende pagine sull’accordo TRIPS sulla proprietà intellettuale, sulla Dichiarazione di Doha per favorire l’accesso ai farmaci, richiama anche la possibilità di waiver limitati della proprietà intellettuale e afferma l’obbligo per le aziende di rivelare i prezzi e gli accordi siglati per ogni singolo prodotto farmaceutico nelle prossime emergenze sanitarie nei contratti di procurement pubblico.
NELLA MACEDONIA di proposte c’è di tutto sulla sola declinazione di salute che l’Oms e la comunità sanitaria internazionale sanno interpretare da decenni a questa parte: quella della sua medicalizzazione. Una agenda tecnologica occidentale decisamente egemonica, che piace alle case farmaceutiche perché conferisce loro sconfinato potere. Dopo la storia dei vaccini anti-Covid, i Paesi del sud globale dovrebbero sapere che questa dipendenza non porta fortuna. Il problema però è più profondo e riguarda tutti. Nella concatenazione di crisi, sanitaria e climatica, siamo sicuri di poter gestire le prossime emergenze sanitarie come se fossero malattie infettive da contenere e sorvegliare? E siamo davvero convinti di prepararci alle prossime zoonosi con vaccini, farmaci e diagnostici coordinati su scala globale?
La visione del negoziato ufficiale resta inchiodata a uno sproporzionato soluzionismo farmaceutico che non induce a grandi aperture di credito, anche perché il coordinamento sarebbe affidato alle entità pubblico-private a matrice filantropica che hanno fatto il bello e cattivo tempo durante Covid, senza lode e con molta infamia.
LA TANTO ACCLAMATA One Health, l’approccio che dovrebbe ridisegnare i contorni della salute umana nella sua interconnessione con salute animale e dell’ambiente, viene evocata e poi citata a pagina 23 (su 32) solo come sorveglianza, mentre è chiaro che senza colossali politiche e investimenti nella mitigazione climatica, senza un cambio netto di direzione sui determinanti industriali delle malattie - allevamento del bestiame e monoculture industriali - le pandemie continueranno. L’Oms si gioca il futuro su questa partita, ma anche la sua definitiva trasformazione genetica nelle mani del settore privato, che per la prima volta viene chiamato al tavolo negoziale per discutere un trattato senza che per ora sia previsto il minimo accenno alle clausole di salvaguardia dal conflitto di interessi. Non era questa la lezione di Covid.

da qui

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