L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha licenziato la bozza zero
«concettuale» del trattato pandemico, il cui percorso negoziale è stato deciso
all’unanimità da una sessione dell’Assemblea nel 2021.
Al trattato è rivolta l’attenzione e l’impegno della comunità sanitaria
globale. C’è molta agitazione nell’aria, e anche un bel po’ di confusione.
Infatti l’Oms uno strumento vincolante per gestire le emergenze sanitarie ce
l’ha già: i Regolamenti Sanitari Internazionali, aggiornati nel 2005 dopo l’epidemia
di SARS, ma inefficaci nella vicenda di Covid-19 (una défaillance, le cui cause
profonde non sono state indagate). Ora, dunque, i delegati sono chiamati a
negoziare il nuovo trattato pandemico entro il 2024 e ad emendare il vecchio
trattato dell’Oms.
COME ERA PREVEDIBILE i due percorsi si intrecciano, confondono, e competono fra
loro, sicché le delegazioni faticano non poco a tirare le fila, persino quelle
europee. Le minuscole delegazioni dei Paesi del sud del mondo, con il respiro
cortissimo, se la giocano tra intimidazioni e fatalismo diplomatico. La
consegna è chiara - avanti a tutta velocità. La pressione per il nuovo trattato
è forte, come si evince anche dalla presa di posizione del Nobel Giorgio
Parisi, convinto che la comunità internazionale abbia umilmente appreso le
razionali pedagogie di Covid.
Sul nuovo trattato pandemico, invece, diversi esperti di salute globale nutrono
perplessità, a partire dalla genesi dell’iniziativa, a forte trazione europea e
sostenuta dalla Fondazione Gates che sta investendo a piene mani nei think-tank
internazionali per farla avanzare. Oggi, la bozza zero «concettuale» non fa che
confermare i dubbi. Certo è presto per parlare, visto che si tratta di un
proto-testo, e il negoziato vero e proprio deve ancora cominciare. Ma chi ha
seguito il percorso fin dalla prima ora, come chi scrive, sa bene che
l’impostazione politica del trattato e i paletti negoziali sono ben saldi, e
noti all’Inter-governmental Negotiating Body (INB), il piccolo solerte gruppo
intergovernativo cui è affidato il compito di tessere il processo diplomatico.
IL TRATTATO PANDEMICO dell’Oms punta alla prevenzione, preparazione e risposta
alle prossime pandemie. Ora, a prescindere dal fatto che - Covid ce lo ha
insegnato - una pandemia non è un evento naturale ma un colossale fallimento di
governance mondiale, nella attuale proto-bozza balza agli occhi la assenza di
ogni serio riferimento alla prevenzione e l’esclusiva attenzione alla
preparazione e risposta.
L’EPISTEMOLOGIA del testo guarda esclusivamente alle soluzioni biomediche,
punta a fissare le dinamiche sullo scambio di patogeni (come faceva il vecchio
trattato), il trasferimento di tecnologie per la creazione di hub regionali a
vocazione farmaceutica. Il testo spende pagine sull’accordo TRIPS sulla
proprietà intellettuale, sulla Dichiarazione di Doha per favorire l’accesso ai
farmaci, richiama anche la possibilità di waiver limitati della proprietà
intellettuale e afferma l’obbligo per le aziende di rivelare i prezzi e gli
accordi siglati per ogni singolo prodotto farmaceutico nelle prossime emergenze
sanitarie nei contratti di procurement pubblico.
NELLA MACEDONIA di proposte c’è di tutto sulla sola declinazione di salute che
l’Oms e la comunità sanitaria internazionale sanno interpretare da decenni a
questa parte: quella della sua medicalizzazione. Una agenda tecnologica
occidentale decisamente egemonica, che piace alle case farmaceutiche perché
conferisce loro sconfinato potere. Dopo la storia dei vaccini anti-Covid, i
Paesi del sud globale dovrebbero sapere che questa dipendenza non porta
fortuna. Il problema però è più profondo e riguarda tutti. Nella concatenazione
di crisi, sanitaria e climatica, siamo sicuri di poter gestire le prossime
emergenze sanitarie come se fossero malattie infettive da contenere e
sorvegliare? E siamo davvero convinti di prepararci alle prossime zoonosi con
vaccini, farmaci e diagnostici coordinati su scala globale?
La visione del negoziato ufficiale resta inchiodata a uno sproporzionato
soluzionismo farmaceutico che non induce a grandi aperture di credito, anche
perché il coordinamento sarebbe affidato alle entità pubblico-private a matrice
filantropica che hanno fatto il bello e cattivo tempo durante Covid, senza lode
e con molta infamia.
LA TANTO ACCLAMATA One Health, l’approccio che dovrebbe ridisegnare i contorni
della salute umana nella sua interconnessione con salute animale e
dell’ambiente, viene evocata e poi citata a pagina 23 (su 32) solo come
sorveglianza, mentre è chiaro che senza colossali politiche e investimenti
nella mitigazione climatica, senza un cambio netto di direzione sui
determinanti industriali delle malattie - allevamento del bestiame e
monoculture industriali - le pandemie continueranno. L’Oms si gioca il futuro
su questa partita, ma anche la sua definitiva trasformazione genetica nelle
mani del settore privato, che per la prima volta viene chiamato al tavolo
negoziale per discutere un trattato senza che per ora sia previsto il minimo
accenno alle clausole di salvaguardia dal conflitto di interessi. Non era
questa la lezione di Covid.
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