qui la puntata "incriminata"
Le associazioni ambientalistiche Amici della Terra, Altura, Assotuscania, Associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli, Comitato Nazionale del Paesaggio, Emergenza Cultura, Gruppo di Intervento Giuridico, Mountain Wilderness, Movimento Azzurro, Pro Natura con questo documento intendono esprimere e divulgare la loro gratitudine nei confronti degli autori della serie televisiva “Imma Tataranni, sostituto procuratore”, i quali, nella puntata andata in onda su RAI 1 il giorno 13 ottobre dello scorso mese, hanno avuto il coraggio di aprire un varco nella muraglia di omertà che da decenni impedisce ai nostri concittadini di venire a conoscenza dei fatti reali nascosti dietro al ricorso sregolato delle cosiddette energie rinnovabili e in particolare dietro all’invasione delle gigantesche torri a elica innalzate su tanti crinali della penisola per produrre energia elettrica del vento.
Il
gravissimo scempio ai paesaggi italiani, agli ambienti naturali, alla fauna
selvatica, con gli irreparabili danni collaterali all’immagine culturale e
all’appeal turistico del Bel Paese, è stato giustificato dalle società
coinvolte in questo settore, ricorrendo a una narrazione ampiamente
discutibile. Il loro martellante messaggio mediatico, reso possibile dagli
ingenti ricavi derivati dalle installazioni già realizzate con il supporto
dello Stato, avrebbe dovuto contribuire a creare nel pubblico l’illusione che
basterebbe innalzare un numero adeguato di quegli imponenti impianti
industriali (contrabbandati come lievi girandole) sulle creste dei nostri
territori più pregiati per arrestare l’innalzamento delle temperature
mondiali dovuto all’effetto serra.
Niente di
più opinabile!
In verità la
strada realistica verso la mitigazione della produzione di CO2 sfiora solo
marginalmente il ricorso al vento e al sole. Affidarsi fideisticamente a tali
risorse, per loro natura inaffidabili, equivale a una pericolosa
illusione.
Le nostre
associazioni sono pronte a fornire in altra sede a chiunque desiderasse un
maggiore approfondimento le ragioni delle nostre ben argomentate perplessità.
Qui desideriamo solo sottolineare come la nostra voce sia stata soffocata con
ogni mezzo grazie alla complicità o all’ignavia della maggioranza degli
schieramenti politici e di quasi tutti i media.
Malgrado
ciò, anche per merito delle eroiche opposizioni delle Soprintendenze, si è
assistito quasi dovunque alla crescente contrarietà delle comunità locali verso
l’imposizione di così gravi manomissioni dei loro territori e verso i disagi
che ne derivano. Consapevoli di questa situazione di stallo, ora le industrie
che lucrano sulla produzione dell’energia elettrica dal vento e dal sole,
sfruttano a loro vantaggio l’argomento della necessità urgente di liberarsi dal
ricatto del gas proveniente dalla Russia, per raggiungere l’obiettivo
fantascientifico dell’indipendenza energetica.
Costoro però
si guardano bene dall’aggiungere che tale traguardo potrebbe essere
teoricamente raggiunto solo al prezzo di una diversa sudditanza nei
confronti dei produttori stranieri di pale eoliche, tra i quali primeggia la
repubblica cinese che è anche proprietaria delle terre rare necessarie al
funzionamento delle eliche rotanti, come del funzionamento dei pannelli
fotovoltaici. Nell’attesa dell’arrivo dell’ improbabile Messia eolico,
quale è il risultato, ad oggi?
Anche se le
preziose emergenze storico-artistiche e i paesaggi naturali di intere regioni
come il Molise, la Basilicata, la Puglia, la Sicilia, sono stati già deturpati
da migliaia di gigantesche torri eoliche, altre più di 200 metri, la produzione
italiana di elettricità dal vento non copre neppure l’1,5% del fabbisogno
energetico totale (i consumi elettrici sono solo una fetta dei consumi totali,
il 22%).
Il nuovo
piano europeo REPowerEU alza ulteriormente l’asticella degli obiettivi e
prevede per l’Italia che l’eolico passi da 11 GW di installato al 2021 a 36 GW
al 2030.
Questo
significa che sarebbe necessario ricoprire interamente di torri eoliche uno
spazio collinare pari all’intera regione Friuli-Venezia Giulia. La nostra
percezione del paesaggio verrebbe praticamente imprigionata dovunque entro una
gabbia di torri di acciaio, senza che tale sacrificio arrechi il minimo
vantaggio a livello planetario.
Dispiace che
a dare finalmente voce alle istanze di gran parte del mondo della cultura e dei
territori sulla questione eolica sia una fiction e non l’informazione Rai, che
dovrebbe essere a servizio delle comunità.
Amici della Terra, Altura,
Assotuscania, Associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli, Comitato Nazionale del
Paesaggio, Emergenza Cultura, Gruppo di Intervento Giuridico, Mountain
Wilderness, Movimento Azzurro, Pro Natura
Rinnovabili,
la disinformazione sull’eolico arriva nelle fiction Rai.
Anev chiede chiarimenti: «Rimaniamo sgomenti di fronte a una
narrazione simile da parte del servizio pubblico».
L’Anev ha chiesto un riscontro urgente alla Rai, in relazione
alla puntata di ieri, 13 ottobre 2022, della fiction “Imma Tataranni –
Sostituto procuratore”, nel corso della quale si è perpetrato un attacco
esplicito e ingiustificato nei confronti del settore eolico.
Nel corso della puntata si dà una descrizione errata e
tendenziosa di un settore, come quello eolico, che è nella realtà foriero di
benefici di natura ambientale ed economica, sempre più evidenti oggi, con la
crisi energetica e climatica in atto.
Nello specifico, viene descritto un parco eolico molto vicino
alle abitazioni, e questo non è veritiero, in quanto non è consentito dalla
normativa attuale che non autorizza la realizzazione di impianti eolici in
prossimità dei centri abitati, prevedendo una fascia di rispetto pari a sei
volte l’altezza della torre di un aerogeneratore, considerando quindi l’attuale
tecnologia una distanza pari a circa 500 m. È pertanto menzognero parlare di
rumore molesto della turbina, che peraltro corrisponde solo all’attrito
dell’aria con le pale eoliche e con la torre di sostegno e che le moderne
tecnologie hanno ridotto al massimo.
Secondo l’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la
ricerca ambientale, l’eventuale impatto che potrebbe verificarsi con una
turbina eolica, è inferiore a quello dovuto all’impatto degli uccelli con
automobili, pali della luce e del telefono. Mentre, come sostiene il Wwf, i
benefici che il settore eolico porta a fauna e avifauna, in termini di lotta al
cambiamento climatico, sono superiori, considerando che sulla base di più di
200 lavori scientifici, si evidenzia che a causa delle emissioni di gas serra
alcune specie sono in declino fino al 90% e con insuccesso riproduttivo totale
e senza precedenti.
Sulle tematiche dell’inserimento dell’eolico nel territorio
vigono attualmente normative molto restrittive in ambito europeo e quelle
italiane sono tra le più severe in assoluto in termini di vincoli, limiti ed
enti coinvolti nei processi di autorizzazione.
L’Anev, nel costante tentativo di armonizzare la presenza sul
territorio di tale tecnologia, nel corso degli anni ha stretto collaborazioni
fruttuose con le principali associazioni ambientaliste (Legambiente,
Greenpeace, Wwf) che hanno portato alla sottoscrizione di un protocollo di
intesa che prescrive per tutti gli associati delle best practices relative
all’installazione di impianti eolici, con restrizioni ancor più vincolanti
rispetto alla normativa vigente. Ha istituito inoltre un “Osservatorio
sull’avifauna” che negli anni ha consentito di analizzare a fondo il
comportamento di avifauna e chirotteri in relazione alla presenza di
aerogeneratori con la finalità di minimizzare qualsiasi effetto nocivo non solo
in termini di incidenti ma anche sui possibili effetti sulle rotte migratorie.
«Rimaniamo sgomenti di fronte a una narrazione simile da
parte del servizio pubblico – ha commentato Simone Togni, presidente dell’Anev
– Viviamo nell’epoca dei cambiamenti climatici che stanno provocando catastrofi
giornalmente, causando morti e incidendo sulla biodiversità. In tutto il mondo
l’eolico è riconosciuto per i suoi benefici sociali e ambientali positivi
perché produce energia pulita, a basso costo e aiuterà a svincolarci dal gas
estero. Una descrizione così manipolata della realtà, non veritiera e faziosa,
arreca un danno non solo al settore delle rinnovabili, ma anche agli utenti che
fruiscono del servizio pubblico fornito dalla Rai”.
Lo sforzo continuo che quotidianamente operatori ed
associazioni di settore svolgono non può essere vanificato da interventi
disinformativi operati dal servizio pubblico.
In conclusione sorprende che il servizio pubblico Rai invece
di fare una corretta informazione sui temi così importanti come quelli delle
rinnovabili, dell’energia eolica pulita e inesauribile e che non comporta danni
sull’ambiente, si faccia tramite di un messaggio così fuorviante e privo di
fondamento scientifico, a valle del quale ci auguriamo vengano presi
provvedimenti in modo tale da riparare a quanto trasmesso ieri sera.
Anev – Associazione nazionale energia del vento
da l’Astrolabio, 17
ottobre 2022
Giù le Mani
da Imma Tataranni.
EOLICO E RAI TV. Il Presidente
dell’associazione delle imprese eoliche minaccia la Rai che per una volta
(sic!), attraverso la libera espressione artistica del regista Francesco
Amato, ha osato scalfire il mito delle rinnovabili a tutti i costi.
Ma il sostituto procuratore Imma Tataranni, campione di ascolti, è una tosta
che non si farà certo intimidire.
Ebbene sì, sono una che apprezza gli sceneggiati televisivi,
proprio quelli della televisione generalista, quelli che, secondo una opinione
un po’ snob, nessuno guarderebbe più e che, invece secondo me, grazie alla
scoperta delle ambientazioni nelle antiche città e nelle suggestive province
italiane, hanno una nuova capacità di incuriosire milioni di telespettatori, in
Italia e all’estero. Destinati al grande pubblico, gli sceneggiati sono
principalmente vettori di buoni sentimenti ma, non di rado, introducono il
racconto di fatti e comportamenti legati all’attualità e al cambiamento di
costume della società italiana.
Così, sono stata felicissima che fosse proprio la mia
investigatrice preferita, Imma Tataranni, sostituto procuratore a Matera,
interpretata da Vanessa Scalera, a rappresentare l’unico disagio sociale
fortemente sentito ma del tutto ignorato dei nostri giorni: il dramma di chi
assiste impotente all’occupazione di un territorio che ama da parte delle pale
eoliche e dei grandi impianti fotovoltaici a terra e non può farci niente.
L’ultimo episodio della serie tratta dai romanzi di Mariolina
Venezia racconta l’indagine su un omicidio dove viene ingiustamente sospettato
il proprietario del terreno attiguo a una centrale eolica, ridotto alla
disperazione dal rumore e dallo stravolgimento dell’habitat naturale provocato
dalle pale.
Ciò può rendere disponibili i telespettatori a valutare più
attentamente i limiti di una transizione energetica fondata su grandi impianti
eolici e fotovoltaici, limiti che ci siamo sforzati di segnalare in questi anni
a un’opinione pubblica disorientata e perplessa a causa dell’univocità del
messaggio rinnovabilista trasmesso in modo acritico da tutti i mezzi di
informazione.
In particolare: l’abnorme occupazione di territorio pregiato,
agricolo o naturale; l’attacco alla tutela paesistica, in particolare dove le
amministrazioni sono ancora inadempienti; l’addensamento di impianti nelle
regioni del Sud a causa di una ventosità appena superiore alla media italiana e
nonostante la maggiore domanda di elettricità provenga dal Nord del paese; la
conseguente necessità di estendere la rete elettrica e i suoi rilevanti costi
in bolletta; una ventosità comunque bassa che, nei siti migliori, non supera le
2.000 ore l’anno; la dipendenza dal mercato della sola Cina per gran parte dei
componenti necessari alle installazioni e per la quasi totalità della filiera
di produzione dei metalli e dei materiali. E, naturalmente, la non
programmabilità dovuta all’intermittenza di queste fonti, che fa sì che gli
impianti siano aggiuntivi e non sostitutivi delle centrali a gas che devono
restare a disposizione (onerosa) della rete elettrica per far fronte alla
domanda quando cala il sole o quando non c’è vento.
Lo sceneggiato aiuta, inoltre, a capire perché i cittadini
che si trovano assediati dalle torri eoliche si sentano isolati e reietti,
oltre che danneggiati. Nessuno è disponibile ad ascoltarli, si trovano a dover
fronteggiare interessi colossali e la speculazione
fondiaria; sono soggetti alla riprovazione generale – negazionisti!
nemici del clima! – e finiscono per rappresentare l’incarnazione del Nimby,
l’anatema coniato per designare gli egoisti che usufruiscono dei servizi comuni
ma non vogliono impianti nel proprio giardino.
Ora, comunque la si pensi, il trattamento censorio riservato
a queste minoranze e alle residue associazioni che cercano di sostenerle (fra
cui gli Amici della Terra e l’Astrolabio) non è congruo in un paese dove il
rigasificatore di Piombino è bloccato da quasi tutte le rappresentanze locali
dei partiti di maggioranza e di opposizione. Dove metà del paese è sommersa dai
rifiuti perché il tabù dei termovalorizzatori è avallato persino dai vescovi.
Dove, nonostante un referendum fallito, le poche trivelle nei nostri mari sono
state fermate a causa di una cattiva stampa che le ha rese invise all’opinione
pubblica. Dove, da anni, la localizzazione del deposito di rifiuti radioattivi,
indispensabile per ospitare in sicurezza i residui di ospedali e centri di
ricerca, oltre che quelli delle centrali chiuse, non è assistita da
un’informazione adeguata e corretta, almeno da parte del servizio pubblico
televisivo.
L’elenco sarebbe ancora lungo, ma serve solo a rilevare che
delle ragioni di chi si oppone a impianti veramente strategici – come dimostra
la crisi energetica in corso – sappiamo quasi tutto, anche quando si rivelano
irragionevoli e irrazionali.
Mentre chi difende il paesaggio – che, pure, dovrebbe godere
di una protezione costituzionale – e persino chi vede stravolte le condizioni
al contorno della propria proprietà fondiaria finisce in un cono d’ombra e non
ha più nemmeno il diritto di protestare. In ossequio alla religione del vento e
del sole, si diventa invisibili e innominabili.
Infatti, che Imma Tataranni costituisca un’eccezione assoluta
nel panorama dell’informazione, compresa la filmografia e persino la
pubblicità, lo testimonia l’aggressiva protesta contro la Rai degli
“imprenditori delle rinnovabili”, che si dicono addirittura “sgomenti” di una
narrazione che porterebbe danno agli utenti del servizio pubblico. Ad esporsi
sopra le righe è il solito Simone Togni, il prodigo presidente dell’Anev,
l’associazione delle imprese dell’eolico, che da oltre 20 anni non trascura alcun
ambito di comunicazione ed è, infatti, stupefatto che gliene sia sfuggito uno,
e così efficace. Ora, dall’alto del suo ruolo di intoccabile depositario della
verità rivelata, Togni si augura che, verso i responsabili di tanta
improntitudine, “vengano presi provvedimenti in modo tale da riparare a quanto
trasmesso”.
“Eddai, Togni, scenni giù”, direbbero a Roma: Imma Tataranni,
sostituto procuratore a Matera, si è guadagnata la fama di incorruttibile e ha
totalizzato 4 milioni e mezzo di telespettatori.
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