Il 2022 per Eni è un anno cruciale. A sessant’anni
dalla morte del suo fondatore Enrico Mattei, con l’avvio della guerra in
Ucraina, l’azienda si è infatti ritagliata un ruolo fondamentale nella
strategia italiana per affrancarsi dal gas russo. L’anno in corso può essere
quindi considerato ‘un ritorno alle origini’ per l’azienda. Le “nuove” rotte
del gas, così come la vicenda degli extraprofitti, confermano inoltre che la
transizione ecologica continua ad essere in secondo piano rispetto agli
interessi dell’azienda fossile.
Per analizzare i ‘tentativi di greenwashing’ dell’azienda e la sue mosse più recenti, riprendiamo in questo dossier il rapporto ‘GreENIwashing Il greenwashing di Eni e altre storie”, uscito nell’ottobre 2022. Il testo è a cura di A Sud e realizzato in collaborazione con il Cdca (Centro Documentazione Conflitti Ambientali) nell’ambito del progetto Osservatorio Eni, con il contributo di Patagonia Environmental Grants Fund of Tides Foundation e con i fondi Otto per mille della Chiesa Valdese.
Diritti umani e finanza sostenibile: i
grattacapi di Eni
Gli ultimi anni non sono da considerarsi solo rose e
fiori per Eni, che deve fare i conti con almeno due rimostranze. Il Piano
Strategico 2022-2025 punta ancora fortemente su petrolio e gas ma allo stesso
tempo Eni ribadisce l’impegno alla neutralità climatica entro il 2050 per i
propri prodotti. Qualche dubbio però sorge. Un’istanza, presentata
dalla rete Legalità per il Clima e sottoscritta da un gruppo di associazioni
ecologiste, movimenti e gruppi ambientalisti, denuncia l’inadeguatezza del
piano industriale della maggior compagnia energetica nazionale rispetto al
quadro di impegni internazionali volti al contrasto della crisi climatica.
L’istanza è stata presentata nel febbraio 2022 al Punto di Contatto Nazionale
dell’Ocse, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, e si
fonda sulle Linee Guida Ocse per le imprese multinazionali, che fissano una
serie di principi, ispirati alle norme internazionali, orientate a promuovere
nelle imprese condotte responsabili dal punto di vista sociale, ambientale e
della tutela dei diritti umani. Dopo la presentazione dell’istanza è arrivata
una corposa replica da parte di Eni, che prova a smontare punto per punto le
contestazioni mosse. “Se l’istanza – si legge nel rapporto – fosse accolta il
risultato per Eni, sotto il profilo reputazionale, potrebbe essere peggiore di
una sentenza”.
Si attendono poi le raccomandazioni finali del
gruppo Onu sui diritti umani, che tra settembre e ottobre 2021 ha svolto un
viaggio in Italia lungo dieci giorni con lo scopo di redigere un documento di
indicazioni per imprese ed enti pubblici. Sono stati ascoltati i sindacati, le
organizzazioni della società civile, le istituzioni e le imprese. Sotto
osservazione da parte delle Nazioni Unite anche Eni, attraverso l’analisi
dell’impatto dell’azienda in Basilicata, dove si estrae l’80% del petrolio
italiano. Il quadro finale che ne è emerso, anticipato in una conferenza stampa
al termine del tour perlustrativo, è stato estremamente preoccupante.
Il professor Surya Deva, a capo del working group
dell’Onu, ha dichiarato che “Eni ha detto di non sapere nulla delle
preoccupazioni della comunità locale. L’impresa ha parlato delle attività che
svolge, ci ha mostrato le modalità del monitoraggio delle emissioni ma la
comunità continua a non credere a una parola. I vertici aziendali devono uscire
dagli uffici e mettersi in ascolto e qui il ruolo del governo e degli enti
pubblici è cruciale. Altrimenti ci sarà sempre uno squilibrio di poteri tra impresa
e comunità”.
Gli extraprofitti negati
Con l’aumento del prezzo del gas sul mercato
internazionale le aziende energetiche che lo distribuiscono ottengono maggiori
guadagni. L’enorme variazione avvenuta nel mondo finanziario si è poi riversata
sui singoli consumi, bollette e carburanti in primis. In pratica “le aziende
fossili guadagnano perché comprano il gas sempre allo stesso prezzo ma lo
rivendono a prezzi nettamente più alti, mentre la popolazione arranca per
arrivare a fine mese tra la bolletta del gas e il carburante da mettere alla
macchina”.
Nonostante il fatturato in rialzo (Eni ha dichiarato
un utile netto di 7,4miliardi di euro nei primi sei mesi del 2022, con
una crescita di oltre il 600% rispetto allo stesso periodo del
2021), sollecitata due volte da A Sud in occasione dell’assemblea degli
azionisti, l’Azienda ha continuato a negare di “aver conseguito extraprofitti
dall’attività di rivendita di gas”. Secondo le stime di Europa Verde, soltanto
nel primo trimestre 2022 Eni avrebbe realizzato circa 8 miliardi di
extraprofitti “sulla vendita di 9,45 miliardi di metri cubi di gas in Italia
rispetto al medesimo periodo del 2021, tenendo presente che il prezzo del gas,
nel primo trimestre 2022, è stato di euro 1.043 (euro/mgl di metri cubi) rispetto
ai 198 euro del medesimo periodo del 2021”.
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