martedì 30 gennaio 2024

Una centrale agrivoltaica sui campi, le terre collettive, le domus de janas di Martis, Tula, Chiaramonti - Gruppo d’Intervento Giuridico

Il Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG) ha inoltrato un atto di intervento (29 gennaio 2024) nell’ambito del procedimento di valutazione d’impatto ambientale (V.I.A.) relativo al progetto di realizzazione della centrale agrivoltaica “19185 – Martis” da parte di Luce Martis s.r.l., società energetica emiliana, in località dell’agro di Martis, Tula e Chiaramonti (SS).

Un nuovo progetto di centrale agrivoltaica insistente pressoché sullo stesso ambito territoriale, dove insistono altri numerosi progetti di impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili.

Il progetto “19185 – Martis” interessa una superficie complessiva di oltre 84 ettari, per una potenza nominale massima complessiva pari a 39,2 MW.   Moduli fotovoltaici, poi linee elettriche di collegamento alla rete elettrica nazionale, viabilità, una cabina di raccolta, una nuova stazione elettrica, sbancamenti, viabilità, cavidotti in zone ricche di corsi d’acqua e macchia mediterranea, come chiaramente indicato anche dal piano paesaggistico regionale (P.P.R.), un pesante impatto ambientale nell’Anglona.

 

Presenza di vincolo paesaggistico e di vari beni culturali (Domus de Janas di Su MurroneDomus de Janas di Baldedu) sottoposti a tutela (decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.), con una fascia di rispetto estesa (purtroppo solo) cinquecento metri dal limite delle zone tutelate con vincolo culturale e/o con vincolo paesaggistico (decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.), posta dall’art. 6 del decreto-legge n. 50/2022, convertito con modificazioni e integrazioni nella legge n. 91/2022, in attesa della prevista individuazione delle aree non idonee all’installazione degli impianti di produzione energetica da fonte rinnovabile.

Una parte delle opere (cavidotti, collegamenti alla rete elettrica, stazione elettrica) rientra addirittura nel demanio civico di Tula, area assolutamente non fruibile se non dai cittadini di Tula.

Il GrIG ha chiesto al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica di esprimere formale diniego alla compatibilità ambientale dell’impianto industriale in progetto e ha informato, per opportuna conoscenza, il Ministero della Cultura, la Regione autonoma della Sardegna, la Soprintendenza per Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Sassari e i Comuni di Tula, Martis e Chiaramonti.



I motivi del “no” al Far West energetico in Sardegna.

Essere a favore dell’energia prodotta da fonti rinnovabili non vuol dire avere ottusi paraocchi, non vuol dire aver versato il cervello all’ammasso della vulgata dell’ambientalismo politicamente corretto.

Ma non sono solo le associazioni e i comitati realmente ambientalisti a sostenerlo.

La Soprintendenza speciale per il PNRR, dopo approfondite valutazioni, ha evidenziato in modo chiaro e netto: “nella regione Sardegna è in atto una complessiva azione per la realizzazione di nuovi impianti da fonte rinnovabile (fotovoltaica/agrivoltaica, eolico onshore ed offshore) tale da superare già oggi di ben 7 volte quanto previsto come obiettivo da raggiungersi al 2030 sulla base del FF55, tanto da prefigurarsi la sostanziale sostituzione del patrimonio culturale e del paesaggio con impianti di taglia industriale per la produzione di energia elettrica oltre il fabbisogno regionale previsto” (nota Sopr. PNRR prot. n. 27154 del 20 novembre 2023).

Altro che la vaneggiata sostituzione etnica di Lollobrigidiana memoria, qui siamo alla reale sostituzione paesaggistica e culturale, alla sostituzione economico-sociale, alla sostituzione identitaria.  

E questo vale per tutto il territorio nazionale: “tale prospettiva si potrebbe attuare anche a livello nazionale, ove le richieste di connessione alla RTN per nuovi impianti da fonte rinnovabile ha raggiunto il complessivo valore di circa 318 GW rispetto all’obiettivo FF55 al 2030 di 70 GW” (nota Sopr. PNRR prot. n. 27154 del 20 novembre 2023).


Per comprendere meglio.

In tutto il territorio nazionale le istanze di connessione di nuovi impianti presentate a Terna s.p.a. (gestore della rete elettrica nazionale) al 30 settembre 2023 risultavano complessivamente ben 5.138, pari a 314,73 GW di potenza, suddivisi in 3.300 richieste di impianti di produzione energetica da fonte solare per 135,94 GW (43,19%), 1.702 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a terra per 88,97 GW (28,27%) e 136 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica  a mare 89,81 GW (28,54%)..

In Sardegna, e istanze di connessione di nuovi impianti presentate a Terna s.p.a.(gestore della rete elettrica nazionale) al 30 settembre 2023 risultavano complessivamente ben 711, pari a 52,21 GW di potenza, suddivisi in 446 richieste di impianti di produzione energetica da fonte solare per 20,13 GW (38,55%), 236 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a terra per 15,23 GW (29,17%) e 29 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica  a mare 16,85 GW (32,27%).

52,21 GW significa più di 27 volte gli impianti oggi esistenti in Sardegna, aventi una potenza complessiva di 1,93 GW (i 1.926 MW esistenti, di cui 1.054 MW di energia eolica a terra + 872 di energia solare fotovoltaica, dati Terna, 2021).

Un’overdose di energia che non potrebbe esser consumata sull’Isola (che già oggi ha circa il 38% di energia prodotta in più rispetto al proprio fabbisogno), non potrebbe esser trasportata verso la Penisola (quando entrerà in funzione il Thyrrenian Link la potenza complessiva dei tre cavidotti sarà di circa 2 mila MW), non potrebbe esser conservata (a oggi gli impianti di conservazione approvati sono molto pochi e di potenza estremamente contenuta).

Significa energia che dovrà esser pagata dal gestore unico della Rete (cioè soldi che usciranno dalle tasse dei contribuenti.

Gli unici che guadagneranno in ogni caso saranno le società energetiche.

Insomma, siamo all’overdose di energia producibile da impianti che servono soltanto agli speculatori energetici.

 

Che cosa si potrebbe fare.

Cosa ben diversa sarebbe se fosse lo Stato a pianificare in base ai reali fabbisogni energetici le aree a mare e a terra dove installare gli impianti eolici e fotovoltaici e, dopo coinvolgimento di Regioni ed Enti locali e svolgimento delle procedure di valutazione ambientale strategica (V.A.S.), mettesse a bando di gara i siti al migliore offerente per realizzazione, gestione e rimozione al termine del ciclo vitale degli impianti di produzione energetica.

Siamo ancora in tempo per cambiare registro.

In meglio, naturalmente.

Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)

da qui


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