La Redazione di ComeDonChisciotte.org
riceve e pubblica la seguente lettera dei Medici del Servizio di Continuità
Assistenziale della Romagna.
* * *
Cari cittadini,
siamo i Medici del Servizio di Continuità
Assistenziale (ex Guardia Medica) della Romagna, province di Rimini,
Forlì-Cesena e Ravenna.
Scriviamo questa lettera per mettervi al corrente di
quanto sta accadendo nella nostra Sanità, con effetti che rischiano di toccare
da vicino il diritto alla Salute di tutti.
Negli ultimi mesi sono in corso sempre più frequenti
tentativi di tagli dei servizi sanitari mascherati da riorganizzazioni e
miglioramenti: il più importante che l’AUSL della Romagna intende attuare in
questo momento riguarda la soppressione delle centrali provinciali telefoniche
di risposta medica, dedicate esclusivamente alla consulenza telefonica.
Ad oggi, le province di Rimini e Ravenna sono dotate,
per il servizio di Guardia Medica, di centrali telefoniche nelle quali operano
diversi medici dedicati esclusivamente a quella mansione. Il medico di centrale
operativa, dopo una breve anamnesi e una serie di domande, può decidere di
consigliare, prescrivere o inviare, a seconda della gravità, una visita medica,
eseguita da un medico dedicato alle sole visite domiciliari, oppure
un’ambulanza per i casi più gravi.
Nell’ipotesi di soppressione delle centrali mediche
operative, verrà introdotta un’unica centrale per tutta la Romagna, dove
risponderà personale non sanitario, il cosiddetto “operatore laico”, il quale,
non avendo le competenze necessarie, non potrà fornire una consulenza medica e
quindi si limiterà semplicemente a trasferire la telefonata al medico locale
delle visite domiciliari. Quest’ultimo sarà costretto necessariamente a
svolgere una doppia funzione: quella della consulenza telefonica, non più
erogata dalla centrale, e quella della visita domiciliare. A tal proposito,
ricordiamo che i medici della centrale operativa medica prendono in carico ogni
minuto diversi pazienti: se i ruoli dei medici (risposta telefonica ed
esecuzione della visita) non resteranno separati, come nell’attuale divisione,
si rischierà la perdita di centinaia di prese in carico. Inoltre, gli stessi
medici adibiti alla visita domiciliare, presenti sul territorio, subiranno una
forte riduzione in termini numerici.
In questo modo il medico che si troverà in servizio,
con la propria automobile, dovrà recarsi tempestivamente presso le case dei
pazienti e al contempo rispondere al telefono a ogni nuova chiamata, magari
mentre sta guidando o, peggio ancora, mentre visita il paziente, dovendo
inoltre coprire un’area molto più grande come estensione e popolosità. Ciò
ovviamente andrà a discapito dell’attenzione, scrupolosità ed empatia che il
medico può impiegare sia nella risposta telefonica, sia nella visita medica al
letto del paziente, trovandosi in spiacevoli situazioni di sovraccarico, in
particolare nei momenti di picco delle richieste.
Ricordiamo che la creazione delle centrali operative
mediche, risalente a più di vent’anni fa, servì proprio a superare un problema
che oggi invece si vuole riproporre, sancendo così un enorme passo indietro
nella qualità del servizio.
Tutte queste modifiche avrebbero come scopo quello di
liberare risorse economiche e umane da impiegare nei CAU (Centri di Assistenza
e Urgenza), i nuovi presidi che dovrebbero affiancare i Pronto Soccorso per la
gestione dei casi più lievi.
Su questo punto vogliamo essere molto chiari con la
popolazione: gran parte di essi saranno delle semplici riconversioni dei Punti
di Primo Intervento già esistenti, i quali lavorano già con codici di gravità
superiore. I medici che ci lavoreranno saranno quelli dell’attuale Guardia
Medica, che non sono in possesso di una formazione adeguata al servizio che
l’Azienda vorrebbe erogare.
D’altra parte, non è nell’interesse della stessa
Azienda, avere medici veramente formati per svolgere tutti i servizi che
vorrebbe fornire. Basti pensare, nel caso di medici chiamati a eseguire prestazioni
ecografiche, che l’unica formazione prevista è un corso di poche ore, quando
per uno specialista in radiodiagnostica è prevista una formazione di base di
quattro anni. Questa situazione è estremamente pericolosa, non solo per i
medici ma soprattutto per i pazienti.
Non solo: dai dati a nostra disposizione, gli ex
Pronto Soccorso (oggi PPI) lavorano in gran parte con casi moderati e gravi,
mentre i casi più lievi rappresentano la minoranza; si palesa così
un’insufficienza che già esiste, e che la trasformazione in CAU potrà solamente
aggravare.
Ricordiamo quello che è successo pochi giorni fa al
CAU di Budrio, dove un paziente è deceduto a causa di un problema cardiaco.
Evento drammatico che potrebbe ripetersi a causa non solo della confusione
generata dalla distorta denominazione dei CAU (ricordiamo: Centro di Assistenza
e Urgenza), ma soprattutto perché i CAU, introdotti in maniera così rapida e
caotica, in alcuni territori hanno sostituito il Pronto Soccorso e un esempio
ne è proprio Budrio. I CAU, a differenze dei PS, sono strutture create solo ed
esclusivamente per problemi di salute urgenti ma non gravi, differenza che i
cittadini non possono stabilire da soli leggendo un dépliant informativo, come
propone l’azienda, o chiamando una centrale in cui non sono presenti medici, ma
“laici”.
Le difficoltà dell’ospedale e dei dipartimenti di
emergenza-urgenza sono il risultato di anni di politiche manageriali e di tagli
indiscriminati. Ora la stessa sorte potrebbe toccare alla Medicina del
Territorio.
Non possiamo essere partecipi e responsabili della
lenta eutanasia del Servizio per cui lavoriamo, già messo in difficoltà dai
numerosi tagli alla Sanità, a causa dei quali il numero dei medici attuali in
servizio è già al di sotto del rapporto ottimale stabilito per legge. Se
verranno soppresse sia le centrali operative mediche dedicate sia l’attuale
Servizio di Continuità Assistenziale, non riusciremo più a garantire, con la
nuova riorganizzazione e smantellamento proposto dall’AUSL, la corretta presa
in carico dei pazienti in maniera tempestiva ed efficace.
Se il nostro appello rimarrà inascoltato, non saremo
disposti ad accettare nessuna modifica, né nella struttura organizzativa, né
tantomeno nel numero e ruolo dei medici in servizio; pertanto, la maggior parte
dei circa 160 medici che lavorano per la Continuità Assistenziale della Romagna
sarà costretta a dare le dimissioni, poiché non più messa in condizione di
offrire alla popolazione l’assistenza medica territoriale notturna e festiva,
dalla consulenza medica telefonica alla visita a domicilio.
I MEDICI DEL SERVIZIO DI CONTINUITÀ ASSISTENZIALE
DELLA ROMAGNA
continuitaassistenzialeromagna@gmail.com
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