mercoledì 27 dicembre 2023

L’umanità in eccesso - Raúl Zibechi

 

La realtà concreta del sistema-mondo si trasforma con una velocità impressionante, in momenti in cui nulla sembra solido e i cambiamenti sono l’aspetto dominante. Alleanze rimaste intatte per quasi un secolo tendono a scolorirsi per fare spazio a legami di nuovo tipo.

L’ingresso dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti nei BRICS, così come la recente visita di Vladimir Putin in questi due paesi, mostrano la portata dei cambiamenti in atto, generati in un periodo molto breve. L’intera architettura internazionale emersa dalla Seconda Guerra Mondiale sta venendo smantellata dai nuovi rapporti di forza che stanno emergendo e ora stanno accelerando in modo esponenziale.

 

Nel 2022, con Decio Machado, abbiamo pubblicato il libro Estados para el despojo, con l’intento di provare a comprendere la trasformazione degli stati del welfare in stati neoliberisti estrattivisti, promotori dell’accumulazione per espropriazione/quarta guerra mondiale contro i popoli.

Appena un anno dopo la sua pubblicazione, devo dire che è molto probabile che siamo stato timidi, perché l’accumulazione sta conducendo a una guerra aperta che ha nel mirino interi popoli per costringerli a spostarsi o semplicemente per annientarli.

Le analisi di William Robinson sullo “stato di polizia globale” e “l’accumulazione militarizzata” non invalidano la prospettiva che guarda agli Stati in termini di espropriazione, ma apporta una svolta necessaria. Robinson sostiene che la maggioranza dell’umanità semplicemente non può sopravvivere, cosa che non comporta una crisi per il capitale, ma un’opportunità per militarizzare il pianeta al fine di contenere i popoli che muoiono di fame.

Nell’intervista citata, concessa al quotidiano El Salto, in seguito alla presentazione del libro The Global Police State, l’autore sostiene: siamo di fronte a una rivolta popolare globale guidata dall’umanità eccedente (per il capitale), un settore in crescita che comprende già oggi 3 miliardi di persone. Per contenerle si generano guerre, sofisticati sistemi di repressione e controllo, muri di confine, guerre contro la droga e contro i migranti, e guerre contro i popoli, al punto che “ogni conflitto sociale diventa un’opportunità per accumulare capitali“.

Lo stato di polizia è molto redditizio perché il capitale scarica lì le sue eccedenze e si articola con l’”accumulazione militarizzata” e/o l’”accumulazione attraverso la repressione” per contenere quei milioni di persone di cui il sistema non ha più bisogno. Tragedia in basso e gioia in alto.

Robinson spiega che il capitale sostituisce i lavoratori formali con migranti temporanei o privi di documenti che non sono più sfruttati, ma piuttosto un surplus di umanità. Questo è un punto cruciale che spiega sia la guerra di Israele in Palestina sia la politica europea e statunitense sui migranti.

Un recente rapporto dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (UNOCD) stima che ogni anno negli Stati Uniti si registrano 3 milioni di ingressi illegali, che rappresentano un terzo del numero di tutti i migranti in quel paese, l’80% dei quali è di origine sudamericana, includendo anche il Messico.

Pertanto, nei tre anni del governo Biden, si presume siano entrate illegalmente negli Stati Uniti 9 milioni di persone, su un totale di quasi 30 milioni di migranti. Quest’anno mezzo milione di persone hanno attraversato il Tapon de Darién, al confine tra Panama e Colombia. In passato quella era considerata una regione impraticabile a causa della combinazione di giungla e paludi, da qui il nome “tappo”.

Di fronte al collasso economico, sociale, climatico e politico vissuto da migliaia di comunità in tutto il mondo, la risposta dall’alto consiste nella militarizzazione delle frontiere per “creare fortezze attorno alle aree in cui vivono le classi privilegiate“, come sostiene Robinson.

Il capitale è fuori da ogni controllo, un ruolo che gli stati nazionali avevano svolto fino alla globalizzazione. Non esiste più un governo in grado di vincolare il capitale, come dimostra chiaramente il fallimento di Trump e Biden nel re-industrializzare gli Stati Uniti. La classe lavoratrice e molte professioni in quel Paese tendono ad essere sostituite dai migranti, cosa che sta causando razzismo e profonda destabilizzazione politica.

Dobbiamo capire che la logica del genocidio non deriva dalla malvagità di questo o quel governante, o da un determinato Stato, ma dall’esistenza stessa del capitalismo, che ha fatto sì che quasi la metà dell’umanità diventasse “una popolazione in eccesso“, che muore di fame, emigra, viene uccisa a causa della repressione statale o parastatale e anche che si ribella.

Nel breve termine, tutto indica che il capitalismo abbia la capacità di sostenersi attraverso la violenza e le guerre. Nessuno può frenarlo, perché anche Russia e Cina fanno parte della stessa logica capitalista/guerrafondaia contro i popoli.

Nei prossimi anni, però, avremo la capacità di riflettere collettivamente, come hanno fatto le basi zapatiste, sulle strade da percorrere per continuare a resistere mentre creiamo il nuovo?


Fonte e versione in spagnolo: La Jornada

Traduzione per Comune-info: marco calabria

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