Jonny Wrate,David Espino,Jody García,Angélica Medinilla, Enrique García, Víctor
Méndez, Arthur Debruyne, Yelle Tieleman, Brecht Castel, Juanita Vélez
Con la fine del
controllo esercitato da FARC e paramilitari, la produzione della cocaina arriva
fino in America Centrale. E anche l’Europa si riempie di laboratori di
raffinazione della polvere bianca
Lo scorso febbraio, la polizia colombiana intercetta la sorprendente telefonata di un narcotrafficante di Bogotà con un cliente messicano. Il colombiano, infatti, invece di parlare come al solito dell’organizzazione di viaggi, porti e carichi di copertura, si vanta che «c’è un sacco di prodotto disponibile, già pronto a Denver, Miami o nei Caraibi». Solo dieci anni fa, una logistica del genere sarebbe stata impensabile. La cocaina, questo il prodotto di cui parla il narcos al telefono, avrebbe dovuto arrivare dalla Colombia, maggiore produttore mondiale, o dalle uniche altre regioni in cui è sempre cresciuta la foglia di coca, quelle andine fra Perù e Bolivia.
I tempi però sono cambiati. La cocaina, dice il trafficante al telefono, è
stata infatti prodotta in Guatemala, un paese oltre duemila chilometri a nord
della Colombia, fino a oggi sempre stato solo un punto di passaggio lungo le
rotte per il Nord America. La coca piantata lì, invece, ha «dato buoni
risultati» spiega l’uomo intercettato al suo socio. «Cento scatole di scarpe
bianche di lusso», dice, riferendosi al nome in codice dei chili di cocaina, «e
i “cuochi” sono pronti a iniziare a raffinarla in Guatemala e Messico».
Questa conversazione, recuperata nel leak della procura colombiana alla base del progetto #NarcoFiles, offre un esempio di un fenomeno importante, e ancora relativamente poco noto: la delocalizzazione della produzione di cocaina fuori dal suo alveo tradizionale, la regione andina del Sud America, verso i Paesi dell’America Centrale.
L'inchiesta in
breve
·
La coltivazione delle piante di coca si sta spostando dalle regioni
tradizionali verso l’America Centrale, sostituendo sia le coltivazioni legali
che quelle illegali di marijuana e oppio
·
Le informazioni raccolte dal team di #NarcoFiles mostrano
che soprattutto Messico, Guatemala e Honduras sono i Paesi più colpiti da
questo fenomeno
·
I narcotrafficanti colombiani stessi stanno spingendo per questa
espansione, sia nelle Americhe che oltreoceano. In Europa infatti cominciano a
comparire decine di laboratori per la raffinazione della cocaina, spesso
gestiti da “cuochi” colombiani
·
Con il moltiplicarsi dei produttori e dei compratori, il mercato
internazionale della cocaina si complica, con nuove rotte, nuove tecniche di
trasporto e nuovi gruppi di criminalità organizzata che guadagnano potere e
influenza
Di tentativi del genere, fatti da gruppi di trafficanti, si parla già da
anni. Poter coltivare la coca più vicino ai luoghi dove si vende, infatti, ha
grandi vantaggi economici e logistici, ma fino agli ultimi anni la
delocalizzazione non aveva veramente preso piede. Oggi però il mercato è
cambiato: dopo lo scioglimento, almeno formale, dei paramilitari
delle AUC (Autodefensas Unidas de Colombia) e l’accordo di pace del 2016 fra i
guerriglieri delle FARC (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia) e il
governo colombiano, le decine di piccoli gruppi che producevano cocaina “sotto
contratto” per una di queste due grandi organizzazioni sono diventati
improvvisamente freelance. Questo significa non
solo che sono liberi di vendere a chi vogliono, ma soprattutto che possono
mettere in pratica tutte le idee a cui evidentemente pensavano da anni, e che
però andavano contro il regime di “oligopolio” che ha dominato il narcotraffico
colombiano per anni.
Proprio l’intercettazione in cui si parla di cocaina coltivata in Guatemala
fa parte di un’indagine su una cellula criminale fuoriuscita dalle FARC.
Oltre alla coltivazione delle piante, anche la raffinazione della cocaina
sembra spostarsi sempre di più fuori dalla Colombia. Addirittura oltreoceano, e
specialmente in Europa, dove sono state trovate dozzine di laboratori.
NarcoFiles: il
nuovo ordine criminale
NarcoFiles è la più vasta inchiesta
giornalistica sul narcotraffico mai realizzata. Inizia con l’accesso a un leak di e-mail senza precedenti dall’Ufficio della
Procura Generale della Colombia. I dati sono stati consegnati dagli hacker ai
centri di giornalismo e media Organized Crime and Corruption Reporting Project
(Occrp), Centro Latinoamericano de Investigación Periodística (CLIP), Vorágine
e Cerosetenta / 070. All’inchiesta hanno lavorato più di 40 media e giornalisti
di 23 Paesi in America Latina, Europa e Stati Uniti. A partire dagli indizi
trovati all’interno del leak, e sviluppando
i temi incrociando i dati con ricerche indipendenti, i giornalisti del
consorzio hanno portato avanti decine di inchieste che rivelano i diversi modi
in cui i gruppi di criminalità organizzata si evolvono, si espandono e
sperimentano nel mondo di oggi, mietendo nuove vittime lungo il percorso
Per comprendere meglio questa evoluzione, i giornalisti del progetto #NarcoFiles hanno incrociato le informazioni
provenienti dal leak con documenti giudiziari
da diversi Paesi del Centro e Sud America, nonché con fonti anche interne al
mondo dei trafficanti. Nonostante parte della produzione e della raffinazione
si stia spostando fuori dalla Colombia, i narcos colombiani
rimangono fondamentali per il traffico di cocaina, grazie alla loro expertise tecnica e chimica.
E più i laboratori si spostano oltreoceano, più cresce il ricorso a
complesse tecniche di trasporto – come quella (già utilizzata in passato) di
impregnare prodotti tessili con cocaina liquida da estrarre a fine trasporto –
che rendono i carichi ancora più difficili da tracciare…
Nessun commento:
Posta un commento