venerdì 15 dicembre 2023

Boom di resort in Libia, anche con soldi delle milizie - Giovanni Corzani

 

A est di Tripoli, le stesse coste da cui partono i migranti sono diventate negli ultimi anni anche una meta turistica. Il caso del Royal Dyar resort, gestito da uomini legati al capo milizia Bashir Khalaf Allah, detto Al-Baqara

La bianca e lussuosa terrazza del bar si affaccia su una piscina vista mare. Di fronte, una spiaggia di sabbia e il Mediterraneo; alle spalle, una lunga serie di edifici residenziali bianchi. Il Royal Dyar resort hotel si trova in Libia, a est della capitale Tripoli. Dall’alto, appare come una fila di quadretti bianchi punteggiati di verde, parallela alla quale ne corrono altre, identiche. Sono altre strutture turistiche. Le stesse coste da cui partono i migranti sperando di attraversare vivi il Mediterraneo sono diventate negli ultimi anni anche una meta di villeggiatura, come testimoniano le immagini satellitari degli ultimi nove anni, elaborate da PlaceMarks per IrpiMedia. Dal 2014 ad oggi, nel tratto di terra che si estende tra Tajoura e Garabulli, nell’arco di soli sette chilometri sono state costruite oltre 60 strutture, tra resort, alberghi e complessi turistici.

 

Di chi sono i soldi investiti per la costa dei resort della Libia? Almeno in un caso, sono i proventi delle scorribande di una milizia. Tre fonti libiche, infatti, confermano che il Royal Dyar resort hotel è gestito da uomini che rispondono a Bashir Khalaf Allah, uno dei signori di Tajoura, un miliziano che da anni si contende il predominio del territorio con altri clan rivali e che gestirebbe anche un centro di detenzione per migranti. Khalaf Allah è originario della città di Misurata ed è noto anche con il soprannome di “Al-Baqara” (la mucca, in italiano). È il leader di una milizia che porta il suo soprannome, anche nota come 33esima Brigata, oppure come Rahbat al-Duru, dal nome di una base militare di Tajoura, secondo quanto riporta uno studio del febbraio 2022 della Divisione dell’informazione, della documentazione e della ricerca (Didr) dell’Ufficio francese per la protezione dei rifugiati e degli apolidi. La brigata è alleata al Governo di unità nazionale guidato dal premier riconosciuto dalle Nazioni Unite Abdul Hamid Debaiba, nonostante negli anni sia stata anche in contrasto con il governo tripolino in carica. «Da queste parti è un fatto noto» che il Royal Dyar sia suo, spiega Jalel Harchaoui, un ricercatore specializzato in Nord Africa, con un focus specifico sulla Libia.

Non esistendo un registro imprese online non è possibile verificare chi sia il titolare effettivo dell’impresa. Le fonti di IrpiMedia convergono però sul fatto che il resort sia intestato a Mahmoud Elmasharta, un uomo d’affari originario di Suq al-Jumaa, un distretto dell’area metropolitana di Tripoli, anch’essa a est dalla capitale. Elmasharta, in origine, era vicino alle temute Forze speciali del ministero dell’interno libico RADA, cui forniva servizi strategici di viaggio, ma, a seguito di una rottura dei rapporti con il dicastero, è stato arrestato per alcuni mesi. Quindi, una volta rilasciato, si è alleato con i rivali delle Forze speciali, tra cui Khalaf Allah. IrpiMedia ha cercato di raggiungere via email e social network la brigata di Al-Baqara ma non è stato possibile entrare in contatto.

L’ascesa di “Al-Baqara”, la mucca

Khalaf Allah è divenuto noto dopo la prima guerra civile libica del 2011, cominciata in seguito alla caduta di Gheddafi. Era tra coloro che combattevano per il controllo della capitale Tripoli. Al tempo non era ancora un leader, ma uno dei giovani il cui ruolo era dirigere operazioni specifiche come il comando di un gruppo armato per partecipare a conflitti, assalti o rapimenti.

Negli anni seguenti, Al-Baqara è emerso come uno dei capi di milizia più importanti che hanno lavorato con il Gna, il Government of National Accord, il governo provvisorio libico di Fayez al Sarraj che si è formato nel 2015 e che, prima di sciogliersi nel 2021, ha firmato nel 2017 il Memorandum of Understanding con l’Italia per la gestione dei flussi migratori dalla Libia e il rafforzamento della Guardia costiera libica.

Khalaf Allah è considerato vicino al mondo politico islamista, in particolare al Gran Mufti Sadiq al-Ghariani, che risiede proprio nella regione di Tajoura. Nel 2017, a seguito di una crisi diplomatica tra Qatar, da un lato, e, dall’altro, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Egitto e Bahrain, questi ultimi Stati hanno stilato una lista di persone e istituzioni che hanno finanziato organizzazioni terroristiche e ricevuto sostegno proprio dal Qatar. Tra i nomi, appare anche quello di Sadiq al-Ghariani, a causa delle sue attività in Libia che avrebbero comportato la diffusione di propaganda islamista radicale e incitato alla violenza. Secondo il Libya Herald, un quotidiano in lingua inglese con sede a Tripoli, al-Ghariani sarebbe coinvolto nell’operato di numerose organizzazioni qatariote e avrebbe anche un permesso di soggiorno del Qatar.

Mentre Khalaf Allah si afferma come leader e tesse le sue relazioni, la Libia vive anni decisamente complicati, durante i quali però si creano le condizioni per la crescita del settore turistico cui anche lo stesso Al-Baqara ha preso parte. Il boom di investimenti sulla costa fuori Tripoli è iniziato nel 2014, in concomitanza con la seconda guerra civile libica, che ha visto contrapporsi il governo internazionalmente riconosciuto della capitale Tripoli a quello della città orientale di Tobruk, sostenuto militarmente dal generale Khalifa Haftar.

Il conflitto, che è proseguito fino al 2020, ha fortemente limitato e a volte bloccato gli spostamenti dei cittadini libici, anche nei Paesi vicini come Tunisia o Egitto. Quest’ultimo, in particolare, per l’ingresso dalla Libia, ha introdotto dei visti molto difficili da ottenere. Per le classi particolarmente abbienti, quindi, è diventato complicato anche andare in vacanza e così alcuni imprenditori locali hanno avuto l’idea di costruire un primo resort ad est di Tripoli. La risposta è stata positiva, le richieste elevate e così altri businessmen e alcuni uomini delle milizie hanno iniziato a investire nell’offerta turistica locale, utilizzando in nero anche i fondi fatti durante la guerra…

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