Gli allevamenti sono grandi inquinatori
Mancano stime precise sull’impatto degli allevamenti
sulle emissioni inquinanti del pianeta, ma quelle più recenti lo collocano tra
il 16,5 e il 28% del totale. Vanno a tale proposito tenuti in conto molti
elementi, quali l’emissione di gas metano da parte dei bovini (il fattore più
importante), l’uso del macchinario agricolo e più in generale dei carburanti
fossili negli stessi allevamenti, la deforestazione dell’Amazzonia per la
produzione di soia e così via. In generale poi la produzione agricola è
responsabile del 70% del consumo di acqua a livello mondiale; per la produzione
di un solo chilo di carne bovina se ne consumano in media 15.000 litri (Comito,
2023). Gli allevamenti sono anche responsabili dell’80% dei processi di
deforestazione nel mondo. E c’è infine il grande consumo di suolo.
Su di un altro piano, le discussioni sul cambiamento
climatico si concentrano sul carbonio, ma bisognerebbe prestare attenzione
anche al metano. L’anidride carbonica resta nell’aria per secoli, il metano
solo per una decina d’anni, ma in questo periodo esso contribuisce a impedire
molto di più al calore di disperdersi rispetto all’anidride carbonica (The
Economist, 2023). Ridurre le emissioni di metano sembrerebbe la via più
rapida per migliorare la situazione climatica del mondo. Nel 2022 in generale,
secondo una fonte, l’agricoltura contribuiva al 27% di tutte le emissioni di
metano nell’atmosfera (The Economist, 2023); secondo una fonte diversa,
invece, i soli allevamenti vi contribuirebbero per circa un terzo del totale
(Sherrington ed altri, 2023). Questa disparità di valutazioni indica anche come
il fenomeno sia stato sin qui trascurato.
Il problema si è aggravato negli ultimi decenni sia
per l’aumento delle popolazione mondiale, che per il crescente benessere dei
paesi emergenti che, infine, per lo sviluppo degli allevamenti intensivi. In
Cina nel 1979 ogni abitante mangiava appena 4 chili di carne all’anno, mentre
nel 2013 tale cifra era già salita a 62 chili; e per fortuna i cinesi sono
soprattutto grandi consumatori di carne di maiale. In India la produzione di
latte è passata da 20 milioni di tonnellate nel 1970 a 174 nel 2018 (Comito,
2023). La Fao stima poi che la domanda di prodotti di origine animale crescerà
ancora del 20% entro il 2050.
I possibili interventi riparatori
Di fronte a tale quadro la palette dei
possibili interventi riparatori appare molto ampia. Intanto ovviamente c’è
l’esigenza di ridurre di molto il consumo di carne, in particolare di quella
bovina, con la necessità di utilizzare proporzionalmente di più quella suina ed
ovina; si potrebbe anche considerare un maggior utilizzo di legumi, alimenti
ricchi di proteine. Si stanno sviluppando da parte di varie imprese delle
alternative vegetali alla carne: vengono manipolate delle proteine vegetali,
quali quelle della soia, del riso o dei piselli, insieme ad altri ingredienti,
per imitare il gusto, la tessiture, l’apparenza e le qualità nutritive della
carne.
C’è poi la carne in laboratorio, prodotta a partire
dalle cellule animali, mentre vanno avanti tecnologie simili anche per quanto
riguarda il latte e derivati (formaggio, gelati, uova), nonché il pesce; risale
al 2013 il primo hamburger creato da cellule di carne bovina presso la
Maastricht University e da allora i progressi tecnologici e di riduzione dei
costi si sono molto sviluppati, anche se bisogna ancora lavorarci sopra. Le
proteine prodotte dovrebbero essere entro il 2035 dieci volte meno care di
quelle animali e anche più sane. Il Governo Usa ha prima, nel novembre 2022,
dichiarato che la carne coltivata era del tutto sana, poi nel giugno 2023, dopo
altri paesi quali Israele, Singapore, Sud-Africa, ha permesso che la stessa
carne sia venduta ai consumatori (Milman, 2023); sono poi molti i grandi e
piccoli paesi del mondo che stanno portando avanti rilevanti investimenti,
mentre già qualche mese fa si censivano almeno 200 imprese attive nel settore.
Si sta poi pensando anche all’utilizzo di insetti e di alghe marine.
L’intervento del Governo sulla carne coltivata
Diversi decenni fa un’impresa del Nord Italia aprì un
impianto per la produzione di pane surgelato; ma la corporazione dei fornai
riuscì a frenare l’introduzione del prodotto sul mercato facendo pressioni sul
Governo. Tra le argomentazioni avanzate dagli stessi fornai c’era quella che
tale prodotto faceva male alla salute. Ma semmai era il pane “normale” che
poteva presentare dei problemi, permettendo la legge l’inserimento nel prodotto
di almeno una settantina di additivi diversi, mentre quello congelato non ne
conteneva; era il freddo l’unico conservante. Oggi le cose non sono molto
cambiate; ora come allora le lobbies determinano le decisioni
della politica e anzi, presumibilmente, oggi più di ieri.
È stata così messa a punto una legge che vieta la
produzione e la vendita di alimenti e mangimi prodotti a partire da colture cellulari
o di tessuti derivanti da animali vertebrati, mentre si proibisce anche la
denominazione di carne per i prodotti trasformati contenenti proteine vegetali.
Il ministro Lollobrigida ha annunciato trionfalmente che l’Italia è il primo
paese al mondo a vietare la carne “sintetica”; speriamo che resti l’unico, anzi
che il provvedimento venga ritirato per il possibile intervento dell’Unione
Europea. La carne coltivata non ha nulla di “sintetico” (Casadio, 2023), essa è
prodotta coltivando in vitro cellule animali partendo da quelle staminali. Da
una sola cellula staminale se ne possono produrre molti chili (Casadio, 2023).
Essa non è in ogni caso pericolosa per la salute; è fatta da cellule identiche
a quelle che mangiamo, ma, come per il pane, quella che viene oggi invece
comunemente venduta può contenere molti additivi che possono essere anche
pericolosi per la nostra salute. Con la carne di laboratorio si riducono del
92% le emissioni di gas serra e del 90% il consumo di suolo (Casadio, 2023).
La politica
L’attenzione di tutti è concentrata per quanto
riguarda l’inquinamento in particolare sul settore dei trasporti, su quello
industriale, su quello degli edifici. Si guarda molto meno al settore agricolo.
La gran parte dei paesi si guarda poi bene dall’intervenire. Ma nel mese di
settembre del 2021 le autorità olandesi hanno messo a punto un piano drastico
che aveva l’obiettivo di ridurre di un terzo il numero dei capi di bestiame del
paese, che sono attualmente circa 100 milioni, anche attraverso l’acquisto da
parte dello Stato, con successivo smantellamento, dei grandi allevamenti
intensivi (Foucart, 2021), che inquinano l’acqua e il suolo con l’emissione di
azoto. Ma l’iniziativa, come è noto, ha suscitato nel paese un vento di
rivolta; è nato un partito che è diventato tra i principali nel paese e una
larga parte dell’opinione pubblica sembra ostile alle misure varate. Questo ci
ricorda che non sono solo i governi e le lobbies ad essere
ostili ai cambiamenti, ma che essi riescono a trascinare grande parte
dell’opinione pubblica. Intanto alla Cop28 di Dubai i lobbisti delle grandi
imprese della carne e del latte sono presenti in numero record: tre volte tanto
rispetto al summit sul clima dello scorso anno (Sherrington ed altri, 2023).
Intanto da noi non che il Governo Draghi sia stato molto attento ai problemi
ambientali; ricordiamo ancora certe uscite in proposito dell’allora ministro
dell’ambiente, Roberto Cingolani; ma quello attuale ha fatto del contrasto a
qualsiasi norma contro l’emergenza climatica una ragione di essere. C’è stata
l’opposizione a oltranza contro la scadenza UE del 2035 sulla cessazione della
produzione di auto a energie fossili; poi l’ostilità al progetto di
edifici green, sempre della UE, ora quella contro la carne
“sintetica”. Ma ora l’Italia scende in un solo anno dal 29° al 44° posto nella
classifica mondiale delle performance climatiche.
Ricordiamo a questo punto che per la carne coltivata
non può valere l’obiezione, avanzata anche da Carlo Petrini di Slow
Food, secondo la quale ci si può vedere un tentativo capitalistico di
finanziarizzazione dell’agricoltura (dietro la nuova tecnologia, ricorda
Petrini, ci sono tre-quattro multinazionali); il fatto è che da questo punto di
vista la situazione non cambierebbe molto rispetto ad oggi. Ricordiamo per
chiudere che il prode Prandini e la sua Coldiretti hanno raccolto 2 milioni di
firme a sostegno del provvedimento di proibizione e che l’appello è stato anche
sostenuto da 3000 tra consigli comunali e regionali, almeno a quanto riferisce
la stampa. Poveri noi. L’ennesimo treno perduto per il paese.
Testi citati nell’articolo
– Casadio A., Vietare la carne coltivata è
propaganda, non ci sono pericoli per la nostra salute, Domani,
7 dicembre 2023
– Comito V., Come cambia l’industria, i chip,
l’auto, la carne, Futura ed., Roma, 2023
– Foucart
S., L’impossible chasse est l’azote, Le Monde, 17-18
ottobre 2021
– Milman O., USDA allows lab-grown meat to be
sold to US consumers, www.theguardian.com,
21 giugno 2023
– Sherrington R. ed altri, Big meat and dairy
lobbyists turn out in record numbers at Cop28, www.theguardian.com, 9
dicembre 2023
– The Economist, No place to hide,
2 dicembre 2023
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