giovedì 13 giugno 2024

Pensare in piccolo contro il mondo rozzo - Antonio Cipriani

 

È appena uscito un libro di Wendell Berry che si intitola ‘Pensare in piccolo’. Nel mondo rozzo, culturalmente e politicamente, in cui siamo costretti a vivere i codici per essere felici si legano al consumo, in grande, al successo, o in grande o niente, alla realizzazione di mega progetti che possano essere raccontati in grande dai media. Insomma ti insegnano a pensare in grande (meglio sarebbe dire: a non pensare, ma obbedire in grande). Come se tutto debba sempre e solamente viaggiare sulle autostrade del pensiero. Come se quel “grande” non possa che essere invasivo, a senso unico, distruttivo. Proprio come il passaggio di un’autostrada su un territorio.

La modernità

È la modernità, strizza l’occhio il barbiere anarchico. Già, l’ineluttabile che guida il mondo verso il precipizio della devastazione del pianeta, in una corsa senza freni verso l’ottusa ricerca del profitto, costi quel che costi. Dentro un osceno meccanismo in cui non importano i principi etici che dovrebbero garantirci per lo meno la sopravvivenza, in un sistema sociale in cui la convivenza ci possa ancora essere.

Questa è la storia?

Eh, dicono i benpensanti, questa è la storia. E gongolano per il ritorno del concetto di guerra come necessità dello spirito, per la crescita economica delle società, anche statali e parastatali, che fanno affari con la morte dei poveracci sotto le bombe e i proiettili che portano progresso a quel filone ipocrita della democrazia della convenienza per pochi, a danno di tutti.

D’altra parte oggi i governi del mondo pensano in grande. E ci costringono a porci nella scia orribile di questo modo di correre senza limiti, senza futuro, senza memoria.

Wendell Berry, tra sentiero e strada

Scrive il grande Wendell Berry: «La differenza tra un sentiero e la strada non è solo quella più ovvia. Un sentiero è poco più di un’abitudine che deriva dalla conoscenza di un luogo. È una sorta di rituale di familiarità. Rappresenta una forma di contatto con un paesaggio conosciuto. Non è distruttivo. È il perfetto adattamento, attraverso l’esperienza e la familiarità, del movimento attraverso il luogo; obbedisce ai contorni naturali, aggirando gli ostacoli che incontra».

Strada, esistenza al paesaggio

Una strada invece, anche la più primitiva, è l’incarnazione della resistenza al paesaggio. La sua ragion d’essere non deriva semplicemente dalla necessità di muoversi, ma dalla fretta. Ciò che vuole è evitare il contatto con il paesaggio; cerca, per quanto possibile, di passarci sopra, piuttosto che attraversarlo; la sua aspirazione, come risulta evidente se consideriamo le nostre moderne autostrade, è quella di essere un ponte; la sua tendenza è quella di tradurre un luogo in mero spazio per attraversarlo con il minimo sforzo. È distruttiva, perché rimuove o distrugge tutti gli ostacoli sul suo cammino».

Tutto è farsa, tutto è appartenenza

Ecco, mi pare che in questa fase il sentiero che ci rende protagonisti della nostra vita, che ci fa riflettere sui temi, su ciò che è giusto e ciò che non lo è, sembra essere l’unica alternativa all’autostrada, a quel modo di vivere che ti priva di pensiero.

L’unica alternativa a quel modo di vivere che ti fa correre, lavorare, chattare in una specie di gioco inesorabile, senza capire il perché. In una arena mediatica e politica di ululati e perversione, dove niente ha radici, niente ha rispetto. Tutto è farsa. Tutto è apparenza.

da qui

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