La politica
si agita sull’inverno demografico ma si rifiuta di analizzare le cause profonde
della infertilità umana che spopola il Pianeta. La rubrica di Nicoletta Dentico
Tratto da Altreconomia 271 — Giugno
2024
I diritti
sessuali e riproduttivi delle donne non sono diritti umani, ha dichiarato
qualche mese fa il delegato russo all’Organizzazione mondiale della sanità
(Oms), suggestionato evidentemente dalla necessità di nuove leve per la
prosecuzione del progetto imperialista di Mosca. L’aggressione dell’Ucraina ha
fatto strame di soldati russi; fonti indipendenti calcolano che in Russia siano
morti circa 83mila militari dall’inizio dell’invasione. Non se la passa meglio
l’Ucraina, tormentata dall’enorme quantità di profughi fuggiti all’estero,
dalla perdita della popolazione residente nelle aree occupate da Mosca e dalle
morti dei civili sotto le bombe e dei giovani sui campi di battaglia.
Il Paese
vive un inevitabile incubo demografico: secondo studi recenti, le nascite
(187mila nel 2023) non sono mai state così basse, in termini assoluti, da 300
anni. Le macerie demografiche dell’Ucraina sono altrettanto preoccupanti di
quelle fisiche ed economiche.
Guerre a
parte, il calo demografico è ormai un’inesorabile realtà a trent’anni esatti
dalla conferenza del Cairo su popolazione e sviluppo. Il fenomeno sconfessa
tutti i predicatori della crescita a dismisura della popolazione mondiale, e
del controllo delle nascite imposto nei programmi di cooperazione sanitaria,
com’è accaduto nei decenni passati in alcuni Paesi a basso reddito. Solo
qualche mese fa, uno studio sulla fertilità mondiale apparso sulla
rivista Lancet ha preso in esame 204 Paesi e territori del
Pianeta, considerandone diacronicamente le tendenze demografiche dal 1950 al
2021. In questo lasso di tempo i tassi di fertilità sono più che dimezzati, da
4,84 a 2,23.
Formulando
previsioni fino al 2100, l’analisi demografica di Lancet proietta
uno scenario di ostinato decremento dei tassi di fertilità che saranno sotto il
livello di sostituzione -i due figli per donna che garantiscono l’equilibrio
tra nascite e decessi- nel 95% dei Paesi esaminati. E resteranno bassi,
sostiene lo studio, malgrado l’attivazione di politiche pro-natalità quali i
sussidi per l’infanzia, l’estensione di permessi genitoriali, la copertura
sanitaria per interventi contro l’infertilità.
Il picco di
142 milioni di nascite in un anno è stato raggiunto nel 2016, declinando
repentinamente a 129 milioni nel 2021. Le previsioni suggeriscono una
progressiva denatalità globale. I tassi di fertilità passeranno da 1,83 nel
2050 a 1,59 nel 2100 (Fonte: Lancet, 2024)
A poco
servirà dunque la presenza delle associazioni pro-vita nei consultori; a poco
giovano le recenti declamazioni del governo agli Stati generali della natalità:
se ne faccia una ragione la ministra Eugenia Roccella. Al netto dei luoghi
comuni che velatamente mirano a colpevolizzare le donne e i loro presunti diritti,
per dirla con il delegato russo, l’unica azione di senso sarebbe rimuovere le
cause profonde della crescente anemia di abitanti sulla Terra. Di questo
nessuno parla, invece.
Il problema
investe il modello di sviluppo industriale del nostro tempo e la devastazione
del Pianeta che ne consegue. Il sistema riproduttivo umano è particolarmente
vulnerabile alle interferenze antropogeniche sull’ambiente e il liquido
seminale maschile rappresenta lo specchio più fedele di quanto l’aumentata
esposizione alle tossine ambientali nel lungo termine -inquinamento, erbicidi,
avvelenamenti- e le patologie legate al cibo e agli stili di vita, influenzino
la salute riproduttiva. La conta media degli spermatozoi nel 1940 era infatti
di 113 milioni/ml ed è scesa a 66 milioni/ml negli anni Novanta.
La fine
degli spermatozoi come la perdita della biodiversità: questioni di salute
pubblica globale. E di salute planetaria.
Nicoletta
Dentico è giornalista ed esperta di diritto alla salute. Già direttrice di
Medici senza frontiere, dirige il programma di salute globale di Society for
International Development
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