Per chi non l’avesse capito è finito il tempo della carota.
Adesso è il tempo del bastone e ce lo siamo meritato.
Avete fatto male a credere che l’austerità, lo stato di emergenza
perenne, l’imposizione di permessi di esistere avessero soltanto un
significato economico o repressivo o tutti e due, possiedono anche una
severa qualità morale e punitiva che contribuisce tra l’altro a
determinare una selezione manichea tra buoni meritevoli e cattivi da
discriminare, criminalizzare e mettere ai margini, anche perché macchiano la
reputazione del Paese la cui sovranità è stata già delocalizzata e che, per
colpa loro, rischia di non essere assorbito nell’impero in declino,
nemmeno come espressione geografica.
Il manutengolo europeo mandato a completare il golpe, peraltro
avviato da anni, grazie alla provvidenziale pandemia, e la cui
indole multitasking, da mozzo del Britannia a liquidatore fallimentare fino a
becchino, viene quotidianamente esaltata per legittimare l’occupazione in
regime di esclusiva di tutte le alte cariche dello Stato, Presidente del
Consiglio, Presidente della Repubblica e dunque anche del Csm, si è
incaricato generosamente anche di svolgere quello di Gran Maestro, in tutti i
sensi, aspirando a diventare il vertice della loggia dell’Occidente carolingio
morente, come si augurano quelli che lo candidano per la successione
della cancelliera, ma anche con una funzione educativa spietata come è
giusto che sia per guidare una popolazione sventata e dissipata, cinica e
corrotta.
E difatti i suoi ragazzi ponpon esultano sui media e in rete quando fa il
castigamatti degli inessenziali, degli indolenti, degli improduttivi e dei
miserabili attentatori del decoro e del prestigio della Nazione che ostacolano
la sua missione con attitudini e comportamenti deplorevoli.
Dopo averci restituito, in veste di maggiordomo dei 19 che contano,
la credibilità di inservienti, affittacamere, osti, e anche le mezze
stagioni, oltre al lustro ai corpi intermedi, partiti promossi a ago
della bilancia della governabilità, sindacati perseguitati da vili antagonisti
che possono far finta di voler recuperare ruolo e mandato, adesso si prodiga
per valorizzare il mandato morale della cultura di impresa, della
missione etica e responsabile di chi traina lo sviluppo e che deve contrastare
l’indole parassitaria dei lavoratori che pretendono troppo, dei cittadini che
hanno voluto troppo, degli italiani che imbrogliano troppo con i mezzucci
vergognosi, le astuzie miserabili e a disonestà cialtrona che hanno nel codice
genetico.
Che pacchia per la stampa ufficiale col Sole 24 Ore in testa denunciare
gli ultimi scandali che dovrebbero far impallidire i dati
sull’evasione fiscale, lo smantellamento della rete di controlli sulla
rintracciabilità delle operazioni bancarie sospette, le nuove frontiere della
semplificazione applicate al sistema degli appalti, la manutenzione di strade e
autostrade, la collusione di enti di controllo e vigilanza con imprese
criminali, gli assassinii in fabbrica, il mantenimento surrettizio di norme che
garantiscono immunità e impunità anche in forma retroattiva per una gamma
estesa di reati di soggetti eccellenti, con qualche incursione nelle malefatte
più pittoresche di amministratori infedeli, con l’esclusione di governatori e
assessori alla Sanità, doverosamente risparmiati da governo centrale e media.
Eccoli in solluchero a somministrarci i numeri delle vergogne popolari. Tra
il primo maggio e il 17 ottobre indagini a tappeto condotte dai
Carabinieri del Comando Interregionale “Ogaden”, con giurisdizione sulle
Regioni Campania, Puglia, Abruzzo, Molise e Basilicata, insieme al Comando
Carabinieri Tutela del Lavoro (dirottato su questa trincea più spettacolare
delle inadempienze dei titani delle piattaforme, dei controlli sui requisiti di
sicurezza nei cantieri, o sul caporalato) hanno rivelato oltre 4.839
irregolarità a carico del Mondo di Mezzo del reddito di cittadinanza,
popolato di nullatenenti con Ferrari, vacanzieri che se la spassavano in barca,
proprietari di più appartamenti, “ma anche la titolare di un
autonoleggio con 27 auto e il proprietario di una scuola di ballo… e c’è stato
anche chi si è inventato di avere dei figli risultati inesistenti”.
Così siamo stati informati che il nemico in casa ha rubato dalla cassetta
dell’elemosina di Stato, con un danno per
l’erario di quasi 20 milioni di euro “indebitamente percepiti”.
Ma non basta, dopo un anno dalla piena operatività della piattaforma per la
cessione dei crediti e degli sconti in fattura dei bonus edilizi, “alle Entrate
si è accesa la spia del rischio frodi”, tanto che l’Agenzia in poco tempo
ha fatto emergere “800 milioni di crediti inesistenti”, a dimostrazione, che
come constata amaramente il Direttore delle Entrate, Ruffini, “quando lo Stato
stanzia risorse ingenti, in forma diretta o meno, c’è sempre chi cerca di
approfittarne”.
E come dargli torto a pensare ai casi illustri dalla Fiat, all’Ilva,
dall’Alitalia, alle banche, dal Mose alla Metro di Roma, quando le risorse
pubbliche hanno coperto falle, riempito voragini scavate dal malaffare,
cementando insieme al disonore, all’incapacità, alle frodi anche la memoria di
cittadini e funzionari onesti che “se l’erano cercata”.
In anni passati quando la sociologia era una disciplina approssimativa e
arbitraria almeno quanto la statistica, ma faceva ancora uso dell’indagine
storica per diagnosticare i mali presenti, qualche esperto della materia spiegò
come soprattutto nel Mezzogiorno, il familismo e il clientelismo, fino ad
arrivare ai fenomeni di abusivismo, avessero un connotato difensivo. Ceti
marginali rispetto agli standard di crescita e di partecipazione del Paese,
ricorrevano a espedienti illeciti per ottenere quello cui avrebbero avuto
diritto: accesso a graduatorie per i posti di lavoro, per un tetto,
autorizzazioni negate che si ottenevano in cambio di favori o mazzette, di
qualche pollo o di qualche fiasco di vino.
Cerchie di amministratori e notabili erano diventate un corpo intermedio
che negoziava, trattava, con il voto di scambio o il traffico di favori,
permessi, finanziamenti, trasferimenti di impiegati pubblici e militari, alcuni
restando nei paesi d’origine, altri diventando la dirigenza della pubblica
amministrazione, dei ministeri, dei corpi dello Stato nella Capitale,
accreditando una lettura che trova ancora dei seguaci in chi si preoccupa che
nell’Esecutivo attuale si sia formata una cosca lucana influente e inviolabile.
È perfino banale dire che per estensione la stessa lettura si può dare
della nascita e del consolidamento del fenomeno mafioso, del suo dominio
determinato non solo dal regime della paura, dell’intimidazione del
ricatto, ma anche dal sistema di “protezione” e ascolto messo in atto, come
unico referente per i bisogni della povera gente. E in ragione di ciò mai
davvero contrastato dai regimi e dai poteri forti interni ed esterni,
interessati a questa funzione di mediazione che dirottava malessere e
dissenso in aree del Paese condannate a un’emarginazione compensata da
assistenzialismo arbitrario e briciole discrezionali distribuite come elemosine
nell’ambito di grandi operazioni speculative, e da una tolleranza elargita per
comportamenti illegali considerati un effetto fisiologico della inferiorità
antropologica, sociale e culturale di una intera geografia della nazione.
Si vede proprio che aveva ragione quel comandante dei carabinieri che in
occasione di una indagine sull’infiltrazione della ‘ndrangheta profetizzò che
quello che non era Calabria, Calabria sarebbe diventato.
Ma la colpa non è delle ‘ndrine che battono la concorrenza con le imprese
legali insinuandosi nei settori cruciali, che anticipano le tendenze del
business indisturbate, che si appropriano di aziende e comparti sofferenti
imponendo le loro leggi di mercato indistinguibili da quelle dettate da
esecutivi che hanno aggirato il Parlamento e che hanno l’intento dichiarato di
rimuovere lacci lacciuoli, demolire le rete dei controlli, cancellare la
possibilità di esercitare il controllo e la partecipazione dei cittadini ai processi
decisionali.
La colpa è di chi ha fatto diventare tutto il Paese la Calabria
dell’Europa, una propaggine pigra e indolente dei territori parassitari del
Mediterraneo, da criminalizzare punire per il suo superstite e deviato
istinto di sopravvivenza, per la sua ribellione a leggi tante severe, indebite
e ingiuste da istigare all’inosservanza e a un sviluppo così iniquo e disuguale
da ispirare trasgressione e ribellione.
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