Il 19 gennaio si è concluso il World Economic Forum di Davos, pare che i vati dell’economia mondiale di mercato siano piuttosto divisi sulle magnifiche sorti e progressive dell’anno appena cominciato. Mentre si discuteva di come trarre maggiori profitti dagli investimenti e dal piatto forte della cosiddetta intelligenza artificiale, com’è tradizione nell’assise svizzera dei plutocrati, si fingeva anche di preoccuparsi per le crescenti disuguaglianze al fine di “migliorare il mondo”. Così è stato solennemente affermato che “Davos 2024 celebrerà il lancio della rete di conoscenza e leadership delle popolazioni indigene in dieci centri di impatto, uno spazio per promuovere la cooperazione pubblico-privato attraverso la conoscenza indigena”. Non solo, c’è davvero da preoccuparsi se si legge che il Forum pensa che “i popoli indigeni sono i guardiani di un terzo del territorio mondiale e le loro pratiche culturali e spirituali consentono loro di proteggere e coltivare i loro ambienti e comunità”. L’uomo chiave per placare la sete insaziabile di territori da cui estrarre valore e rendere redditizie queste solenni ipocrisie sembra dunque essere il nuovo presidente argentino Javier Milei, ultrà del liberismo sfrenato, destinato a cancellare quel che resta dei diritti nel Paese facendo uso della demagogia e della motosega. Ancor più neri, dopo l’investitura di Davos, sono però gli orizzonti dei popoli indigeni che resistono nella Patagonia. Moira Millan, in questa intervista, sostiene che Milei inventerà presto i pretesti per dar vita a una tremenda escalation della militarizzazione del territorio e della repressione del popolo mapuche già molto violenta oggi. Il nuovo presidente, d’altra parte, non perde occasione per esprimere disprezzo per tutto quel che rappresenta i diritti collettivi, la sostanza della lotta che i Mapuche conducono da secoli
Il World Economic Forum di Davos pretende sempre di conciliare l’inconciliabile. All’insegna del motto di voler “migliorare il mondo”, sostiene di voler difendere la sostenibilità ambientale e l’equità sociale, e il suo fondatore, l’imprenditore svizzero Klaus Schwab, è solito indicare come priorità nei suoi discorsi davanti a un migliaio di amministratori delegati di multinazionali, banchieri e alcune ONG, la “sfida della disuguaglianza”. Il cosiddetto filantrocapitalismo è una parte centrale della formula ideologica di Davos, come ho spiegato nel libro A Reporter on Magic Mountain: How the Davos Economic Elite Sink the World .
Nel
frattempo, la priorità degli incontri a porte chiuse di Davos è quella di
ottimizzare la redditività degli investimenti della plutocrazia globale,
rappresentata da centinaia di membri di banche e fondi di investimento presenti
all’incontro nella località sciistica svizzera.
Quest’anno
le contraddizioni di Davos sono state ancora più evidenti con la presenza del nuovo presidente
dell’Argentina, Javier Milei, ad un incontro che inaugura una nuova iniziativa a
sostegno delle popolazioni indigene.
Secondo il
World Economic Forum, “Davos 2024 celebrerà il lancio della rete di conoscenza
e leadership delle popolazioni indigene in dieci centri di impatto, uno spazio
per promuovere la cooperazione pubblico-privato attraverso la conoscenza
indigena”.
Fany Kuiru,
di etnia Huitoto – Perù, Colombia – è la coordinatrice generale del nuovo
progetto indigeno di Davos. Altri ospiti saranno Ayunar Domingo Peas
Nampichkai, leader del popolo Achuar nell’Amazzonia ecuadoriana, e Nixiwaka e
Outani Yawanawá, degli Yawanawá, nell’Amazzonia brasiliana.
“I popoli
indigeni sono i guardiani di un terzo del territorio mondiale e le loro
pratiche culturali e spirituali consentono loro di proteggere e coltivare i
loro ambienti e comunità”, sostiene il World Economic Forum. Per questo motivo
“le voci indigene sono vitali”.
Gli incontri
che Milei si proponeva di tenere a Davos con investitori interessati al boom
del fracking petrolifero nel giacimento di Vaca
Muerta a Neuquén – una delle ultime frontiere della guerra contro i Mapuche nel
XIX secolo – o al turismo di lusso a Bariloche, nella terra mapuche della
Patagonia, mostrano l’altro lato, quello oscuro, dell’incontro.
In
definitiva, Milei ha alimentato “un discorso violento contro i Mapuche che
occupano terre come a Villa Mascardi”, secondo quanto mi ha detto Marcelo Cayumil, membro
del gruppo giuridico dell’Assemblea per i diritti umani, in un’intervista fatta
a San Carlos de Bariloche. nella Patagonia andina, teatro di un genocidio
contro i Mapuche 150 anni fa.
A Villa
Mascardi, 30 chilometri più a sud – un’antica missione dei gesuiti, oggi
diventata meta turistica –, un’operazione di polizia militare autorizzata nel
2017 dall’attuale ministra della Sicurezza del governo Milei, Patricia
Bullrich, che ricopriva lo stesso incarico nel governo di Mauricio Macri, ha
posto fine alla vita di due manifestanti che sostenevano una famiglia mapuche
che aveva occupato un appezzamento di terreno nella zona. Il mapuche Rafael
Nahuel è morto per un colpo d’arma da fuoco alla schiena. Santiago Maldonado fu invece fatto scomparire e il suo corpo venne
ritrovato solo 90 giorni dopo, sulle rive del fiume Neuquén, lo stesso giorno
dell’omicidio di Nahuel.
Milei parla
spesso di un’“età dell’oro” liberale alla fine del XIX secolo, quando
l’industria della carne trasformò l’Argentina in una potenza di esportazione.
Non ha lesinato gli elogi nemmeno per il generale e capo di stato Julio
Argentino Roca (1898-1904) citando una dichiarazione del suo primo discorso:
“La libertà degli uomini e la grandezza dei popoli” possono essere raggiunti
solo con “sforzi supremi e sacrifici dolorosi. “
Nessuno
storico serio negherebbe che il più grande sacrificio di quegli anni di gloria
fu quello delle 20mila vittime indigene assassinate nella campagna militare di
Roca, la Conquista del Desierto, che servì a svuotare l’interno e il sud della
popolazione che li abitava, vendendo così 42 milioni di ettari a un prezzo
d’occasione a 1.800 proprietari terrieri, soprattutto allevatori. Uno di quelli
che ne ha beneficiato di più è stato il presidente della Sociedad Rural,
l’associazione dei proprietari terrieri. Migliaia di mapuche furono deportati
nel campo di concentramento allestito sull’isola di San Martín. Altri finirono
nel Museo de la Plata di Buenos Aires, esposti come animali in uno zoo.
Un secolo e
mezzo dopo, in Patagonia l’ultima offensiva avviene ancora contro i Mapuche. La
vicepresidente di Milei, Victoria Villarruel – ultraconservatrice e con stretti
legami con i militari – ha incoraggiato l’uso del pugno duro contro le
occupazioni per il recupero della loro terra dei mapuche, sottolineando che “la
stragrande maggioranza delle usurpazioni avviene su terre
estremamente produttive”.
Per
approfondire questi temi, ho rivolto alcune domande a Moira Millán, una delle
voci più note del movimento mapuche, nata nella provincia di Chubut 55 anni fa.
Millán verrà in Europa questo mese per tenere conferenze sul concetto da lei
ideato di terricidio: l’assassinio della terra e dei suoi abitanti da parte
degli investitori multinazionali che partecipano al vertice di Davos. Lei ci
parlava da un territorio mapuche liberato a Chubut, in Argentina.
Pensi che la
visita di Victoria Villarruel alla scuola militare di Bariloche e le sue
dichiarazioni sulle occupazioni “pseudo-mapuche” siano un’indicazione che si
vuole militarizzare ancora di più le misure contro le occupazioni di terre e
altre attività dei Mapuche nel sud?
La
vicepresidente Villarruel ha promesso, durante la sua campagna, alla Sociedad
Rural, l’organo del latifondo argentino, che avrebbe posto fine al recupero dei
territori da parte del popolo mapuche. Il suo negazionismo (sullo sterminio
della Conquista del Desierto, ndt) e il suo razzismo sono in linea
con il pensiero di Javier Milei. La sua visita a Bariloche e queste
dichiarazioni sono un segnale al settore che rappresenta. Il governo Milei
inventerà le scuse necessarie per giustificare l’escalation della
militarizzazione e della repressione a Puelmapu – la parte del Wallmapu – o
territorio Mapuche – che si trova a est della cordigliera delle Ande – contro
il popolo Mapuche.
Diego
Frutos, proprietario di un immobile a Villa Mascardi, ha chiesto maggiore
durezza alla polizia. Crede che ci saranno presto altre azioni militari?
Frutos fa
parte della Sociedad Rural di Bariloche. Insieme ad altri proprietari terrieri,
forma una sorta di moderno Ku Klux Klan, a cui viene consentito dalla giustizia
di diffamare, minacciare e persino uccidere qualsia si donna o uomo mapuche che
cerchi di riaffermare i propri diritti. La sua voce, con un discorso carico di
odio razzista, è stata ampiamente diffusa da tutti i media. Non è un caso che
sia un fervente seguace di Bullrich, oggi ministra della Sicurezza.
Il governo
Milei vuole dunque “intensificare il conflitto con i Mapuche nel sud” per usare
la forza militare?
L’escalation
di violenza a Puelmapu può avvenire solo da parte e per causa del potere contro
di noi. Generare atti criminali da parte del governo e degli amministratori
della giustizia per poi incolparne i Mapuche è stata una pratica costante anche
nei governi che hanno preceduto quello attuale, quindi non mi sorprenderei
certo se queste strategie si intensificassero.
La
Costituzione argentina tutela i diritti di proprietà delle comunità. Milei però
parla solo di proprietà privata. Cosa significa questo per le rivendicazioni
dei Mapuche?
Milei
esprime disprezzo per tutto ciò che rappresenta diritti collettivi e,
ovviamente, si oppone al rispetto e al riconoscimento della proprietà
collettiva dei popoli indigeni. Questa posizione non solo è contraria alle
leggi sui diritti, è criminale e naturalmente viola il diritto costituzionale
alla proprietà comune. I rapporti tra lo Stato e i popoli indigeni diventeranno
ancora più tesi. Probabilmente alcuni settori indigeni non permetteranno la
regressione dei nostri diritti, altri si adatteranno alle circostanze.
E come si
potrà rispondere ai piani di Milei, Villarruel e Bullrich?
Penso che la
cosa più sensata sia continuare con fermezza e coraggio nell’ampliamento dei
nostri diritti e nella costruzione di proposte che rendano tangibile un modello
diverso di società. Ora più che mai dobbiamo costruire assemblee per il buen
vivir, in ogni territorio, in ogni spazio, pensare a dispositivi di
contenimento e di autoprotezione della comunità. Questo governo attacca tutte
le vite e tutte le forme di vita.
L’estradizione
in Cile del leader mapuche Facundo Jones Huala ha a che fare con il cambio di
governo o si tratta di una decisione indipendente?
L’estradizione
è stata concordata in anticipo, sia lo Stato argentino che quello cileno ci
attaccano dal tempo dell’invasione militare del nostro territorio.
Quell’estradizione sarebbe stata concessa lo stesso se Masa o Bullrich avessero
vinto le lezioni invece di Milei. Frutos, così come gli altri razzisti,
cercheranno un modo per sterminare la mia gente, ma non importa quanto
investano nel militarizzarci, reprimerci, spiarci, darci la caccia… Non saranno
mai in grado di sconfiggerci, perché Mapu (la Terra) è il nostro principale
alleato. Lei ci guida, ci parla e ci protegge, perché lottiamo per proteggere
la vita. Questi capitalisti invasori conoscono solo la crudeltà e la morte, le
loro ambizioni eccessive e meschine saranno la ragione principale del loro
collasso.
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