…In Le piccole persone, la Ortese scrive: «non nominate più
Cristo, per favore, se non potete fare a meno di mangiare carne di altri esseri
strappati alle loro madri, ai loro campi, per l’allevamento doloroso, e
dell’allevamento per il macello. Non nominare nessun Dio, se non sentite che
anche questi poveri “altri” sono vivi! vivi! E se, malgrado siano vivi, voi
consentite che sia fatto ad essi quello che è fatto. E non solo non nominate
più Dio, ma non nominate neppure la primavera, né ammirate un mandorlo in fiore
– se ne esistono ancora. Non è per gli amici dei macellai la primavera, “né” il
mandorlo fiorisce per essi, né la Resurrezione avviene per essi»; «in natura,
il male è semplice necessità, soddisfatta la quale il male cessa, e torna nel
suo cuore una sorta di mansuetudine, estatico dormiveglia. Nell’uomo, il male è
la creatività stessa. Per crescere davanti a se stesso, o crescere come
comunità, l’uomo riempie il suo stesso dormiveglia di continui sogni di
sopraffazione, di strage. Era, ieri, la guerra; comincia, oggi, il successo. Si
chiamava, ieri, offesa o difesa; si chiama, oggi, necessità di consumo, oppure
di espansione, di affermazione, nel sapere, nel potere, ecc. E tuttavia sempre
guerra. In questa guerra, l’uomo non solo abbatte il suo nemico, o lo divora,
ma cerca soprattutto di sconfiggerne l’immagine. (…) Stupirò i miei lettori, e
forse li scandalizzerò, affermando che, a mio parere, il nazismo non è affatto
un momento storico, ma una dimensione immortale dell’uomo, e lo prova il fatto
che, mancando le occasioni di esercitare il proprio potere su uomini inermi, lo
si esercita a freddo sui figli inermi della natura. Ciò che un cane può e deve
sopportare nei laboratori di tutto il mondo è cosa che riempie di terrore: non
tanto pensando al cane, ma a chi esercita il suo potere su di lui» »; «uomo e
donna che serve, se non si è umani?».
In Modi per sopravvivere, Fabrizia Ramondino sembra
proseguire l’argomentazione di Ortese: «se l’umanità nell’odio verso se stessa
ha raggiunto livelli tali da non sopportare più la vita su questo pianeta,
ebbene perisca, ma non minacci con il suo odio anche la vita delle bestie e
delle piante innocenti»; «forse parlare agli esseri umani di “pace preventiva”
è voce che si disperde nel deserto. Perché in molte cose gli animali sono
superiori all’uomo: quando delimitano il proprio territorio, esso è esteso
quanto basta per sopravvivere; e quando il lupo mangia l’agnello o il leone
l’antilope, non aggredisce più, fin quando non è di nuovo digiuno, mentre sembra
che gli uomini non estinguano mai il loro desiderio di estendersi ad altri
territori, né siano mai sazi di nutrirsi di altri uomini»; «un mondo virtuale
quasi sempre mediatico, in cui il culto della bellezza dei corpi umani, della
igiene ossessiva dietetica e medica, della pulizia etnica, tende a esorcizzare
la sofferenza, la malattia, la morte, il contagio con il vicino»…
da gli asini, n.111, pag.96
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