E’ da un po’ che mi manca il tempo per scrivere: un buon segno, vuol dire che sto facendo molte cose interessanti.
Ieri sera comunque abbiamo parlato tra amici e complici della grande rivolta contadina che è scoppiata in queste
settimane in Europa.
Piccola scena
commovente: i contadini francesi che sequestrano
il cibo importato ai camion che lo stanno portando ai supermercati perché costa
ancora di meno di quello francese, e lo distribuiscono ai Restos du coeur per sfamare i senza
tetto.
La premessa: alla base di tutta la nostra vita c’è
la produzione agricola.
Che è rappresentata da due vicini di casa.
Il primo è Giovanni
da Montespertoli, che ieri sera ci faceva assaggiare il vino, il
formaggio e la soprassata che lui cresce, cura e vende al mercato contadino
alla Gavinana.
Il secondo è il suo vicino di campo: un imprenditore del rame con
base a Milano. Un commercialista gli ha suggerito un modo facile per
arricchirsi ancora di più – intercettare i fondi europei per l’agricoltura (il 60% delle risorse europee finisce in
agricoltura), e così lui ha mandato un omino benvestito a Montespertoli a
comprargli un campo che fa cospargere incessantemente di prodotti chimici, dove
ogni tanto qualche operaio viene mandato a raccogliere i prodotti che ottengono i sussidi. Poi si potrebbero
pure buttare, ma c’è pure un ridicolo margine in più a vendergli alla Grande
Distribuzione Organizzata.
Oggi, spiega Giovanni, tutta la categoria è in difficoltà estrema.
Per poter produrre abbastanza da ottenere un minimo margine dalle
multinazionali della grande distribuzione, il contadino deve attingere a ogni
possibile canale, tra fondi europei (che però si riversano soprattutto sulle
grandi imprese) e prestiti, per “modernizzare” il proprio lavoro, cioè per fare di ciò che nasce dalla biodiversità, una replica
della fabbrica. Insomma, il sistema finanziario obbliga il
contadino, per sopravvivere, a distruggere l’ambiente; e il prezzo per salvare
l’ambiente consiste nel privare il contadino della sua sopravvivenza.
La rivolta contadina è quindi una questione complessa, anche dal punto di
vista ambientale. Ma alla fine, la questione è sempre quella – il modo
incredibile in cui il capitalismo riesce a distruggere sistematicamente ogni
possibilità di vita umana e non.
Qualche sera fa, sull’autostrada che collega Milano e Bergamo, di notte
vediamo, tra gli infiniti capannoni, uno più grande e brutto degli altri,
ma tutto illuminato (alla faccia della
sostenibilità) a tricolore – luce verde, rossa e bianca , e la scritta PLANET FARMS.
Colpiti dal kitsch sovranoidale, indaghiamo: si tratta di un’immensa fabbrica dove pochi operai producono un’insalata “senza
pesticidi”: infatti non servono, visto che gli insetti non ci possono entrare,
come non ci possono entrare i raggi del sole e nemmeno un granello di dirt (che in inglese indica significativamente
sia terra che sporco).
E finalmente capisco come il Green sia
il nemico ultimo e assoluto della Natura.
La mattina dopo, dalla casa di Bergamo dove ci ospitano degli amici, apriamo
la finestra e guardiamo fuori.
Una giornata splendida, solo se che c’è in lontananza una densa nuvola
nerissima: scopriamo che durante la notte, ha preso fuoco proprio Planet Farms.
Che non sapevo mica che l’insalata facesse un fumo così:
Sulla rivolta contadina, suggerisco due importanti letture.
La prima è un articolo di Dario Dongo, Italia,
protesta degli agricoltori contro Coldiretti. #VanghePulite, che apre un mondo.
La seconda è un articolo di Igor Giussani, Sulla
protesta degli agricoltori tedeschi, che approfondisce la
falsa questione dei sussidi.
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