Il 23 febbraio del 1969, il Sunday
Times inglese pubblicò un articolo che scioccò i lettori di tutta la
nazione. Si intitolava Genocidio e
portava la firma di uno dei più grandi giornalisti di tutti i tempi, Norman
Lewis.
L’editore aveva inviato Lewis a
investigare sui risultati di un’indagine intrapresa dallo stesso governo
brasiliano nel marzo del 1968. Voci sempre più insistenti raccontavano che
nella foresta amazzonica si stava ripetendo la tragedia che aveva decimato i
Nativi Americani durante l’ultimo secolo ma, questa volta, compressa in un
brevissimo arco di tempo. Sembrava che laddove prima vivevano centinaia di
Indiani, ne sopravvivessero ora solo poche decine, mantenute in vita solo
grazie alla paternalistica sollecitudine dello SPI, il Servizio
governativo per la protezione dell’Indio istituito dal governo nel 1910.
“Ma in tutti quei racconti – ed
erano davvero tanti”, scriveva
Lewis, “c’era una zona di silenzio, una mancanza di sincerità e di
responsabilità sociale, un’evidente avversione a scavare nella direzione da cui
la distruzione avanzava. Sembrava che dovessimo limitarci a supporre che gli
Indiani si stessero semplicemente dissolvendo, uccisi dal duro clima dei tempi,
e che fossimo tutti invitati a non porre ulteriori domande.”
Il compito di risolvere il mistero
era stato lasciato nelle mani dello stesso governo brasiliano e, in verità, era
stato portato a termine con una franchezza brutale e disarmante. Il procuratore
generale Jader Figueiredo, spiegava Lewis nell’articolo, era stato
incaricato di visitare gli avamposti dello SPI in tutto il paese alla
ricerca di prove di abusi e atrocità. In 58 giorni di indagini aveva compilato
un dossier di 5115 pagine da cui si evinceva chiaramente che negli ultimi 10
anni migliaia di persone erano state virtualmente sterminate “non
nonostante gli sforzi dello SPI ma anzi con la sua connivenza, spesso
con la sua ardente collaborazione”.
Oggetto di indagine non erano i
massacri che nei secoli precedenti avevano ucciso oltre 6 milioni di Indiani
brasiliani, ma le azioni criminali compiute negli ultimi anni
nei confronti dei sopravvissuti. Le tragiche perdite subite dalle tribù indiane
in quella drammatica decade erano catalogate solo in parte. Tuttavia, il
dossier, pesante 103 chili, documentava dettagliatamente assassini
di massa, torture e guerre batteriologiche, casi di schiavitù, abusi sessuali,
furti e negligenze.
Il rapporto rendeva noto che alcuni
gruppi di Indiani Pataxó erano stati infettati deliberatamente
col vaiolo; che i fazendeiro avevano fatto ubriacare i Maxacali per
poi farli più agevolmente uccidere dai sicari; che i Cinta Larga erano
stati massacrati con candelotti di dinamite lanciata dagli
aerei sopra i loro villaggi; che la tribù dei Beiços-de-Pau era
stata sterminata con cibo intriso di arsenico e insetticida. L’autore
paragonava le sofferenze degli Indiani a quelle subite dagli Ebrei nei campi di
concentramento nazisti e concludeva affermando che 80 tribù si erano completamente
estinte mentre di molte altre sopravviveva solo qualche singolo
individuo.
L’inchiesta giudiziaria promossa in seguito alle denunce del rapporto aveva portato all’incriminazione di 134 funzionari governativi, accusati di oltre 1000 crimini diversi. 38 di loro furono licenziati ma nessuno andò mai in carcere. Il dossier non fu mai reso pubblico: al di fuori del governo lo lessero poche persone e, pochi anni dopo, bruciò in un misterioso incendio. La sua scomparsa però arrivò tardi perché aveva già causato un clamore pubblico tale da superare i confini della nazione giungendo fino in Inghilterra.
All’editore del Sunday Times
giunsero centinaia di lettere di sgomento e, in pochi giorni, dall’incontro dei
lettori più indignati e risoluti a intervenire nacque Survival International.
Nei tre anni successivi, i missionari della Croce Rossa, Survival e
l’Aborigines Protection Society visitarono decine di tribù e la pubblicazione
delle loro scoperte portò finalmente la tragedia degli Indiani amazzonici all’attenzione
del mondo intero.
Fondata con l’obiettivo di aiutare i
popoli indigeni a difendere le loro vite e le loro terre contro ogni forma di
violenza, persecuzione e razzismo, da allora Survival ha continuato a crescere
e a espandere il suo raggio d’azione fino a diventare il movimento mondiale per
i diritti dei popoli indigeni.
Lottiamo per la loro sopravvivenza, in tutto il mondo. Per i popoli indigeni
stessi, per la natura, per tutta l’umanità.
QUI si può leggere Genocide, l'articolo di Norman Lewis del 1969
Nessun commento:
Posta un commento