sabato 3 febbraio 2024

Le relazioni fra uccelli e pesci per il tramite dei sapiens: i ladri di piume - Valerio Calzolaio

 

pesci in linea di massima vivono in acqua, sotto la superficie di bacini oceanici, mari, laghi, fiumi, e lì si nutrono in vario modo per garantirsi sopravvivenza e riproduzione. Gli uccelli in linea di massima vivono per aria per la maggior parte del loro tempo, sopra la superficie del suolo e delle acque, e lì si nutrono in vario modo per garantirsi sopravvivenza e riproduzione. Molti uccelli mangiano pesci e organismi presenti nelle acque; vale anche l’inverso seppur sia meno frequente, pesci che mangiano uccelli. Noi umani, che in linea di massima viviamo appoggiati a terra, molto condizionati dall’attrattiva forza di gravità (come molti altri animali mammiferi e piante radicate), ci siamo spesso nutriti con pesci e uccelli. Ben lo sappiamo anche noi sapiens commensali, che inoltre abbiamo studiato come farci aiutare dalle sembianze di uccelli per catturare i pesci: il reale ha sempre una variabile in più.

I pesci perlopiù sono erbivori, onnivori o detritivori, tuttavia voraci carnivori possono trovarsi in tutte le acque del mondo, dolci e salate, a tutte le profondità, pure a pochi metri dal pelo dell’acqua. Alcuni hanno acquisito opportunità di mangiare uccelli. Per esempio, il noto Siluro d'Europa (Silurus glanis) appartiene alla famiglia Siluridae, è diffuso soprattutto nei grandi fiumi dell'Europa centrale, ha mostrato notevoli capacità di predatore e mangia anche uccelli che si trovano in superficie. Non è il solo ad aver sviluppato tattiche specializzate per catturare animali terrestri, creature che volano sopra l'acqua o che si aggirano troppo vicino alla riva. Il pesce gatto francese di Wels si è evoluto per afferrare piccioni lungo le sponde del fiume Tarn ad Albi. Il pesce arciere è un predatore dal basso, caccia insetti appesi ai rami degli alberi sopra l'acqua, senza saltare, sparando un getto d'acqua. Poi andrebbero citati il Silver Arowana del Sud America, alcune specie di squali, i piccoli Mudskipper o i pesci serpente, le trote arcobaleno, i pesci tigre africani (contro le rondini).

Innumerevoli ovviamente, a loro volta, sono gli uccelli volanti che mangiano pesci nuotanti, ovvero che si nutrono solo o prevalentemente di animali acquatici. Oltre a onnivori, fruttivori, granivori, mollusivori, nettivori, avivori, ofidiofagi, insettivori, vi sono gli uccelli carnivori e soprattutto proprio quelli definiti piscivori. La scienza ci ha spiegato molto a riguardo e vi sono vari cambiamenti in corso. Circa un anno fa, per esempio, è stata segnalata una sorta di “invasione” di cormorani in Puglia, più che triplicati a causa della tropicalizzazione del clima (temperatura di 2,65 gradi superiore alla media storica), con ripercussioni economiche gravi per i pescatori e per gli allevamenti di pesce in mare aperto. Ogni cormorano può mangiare fino a 10 chilogrammi di pesce al mese, oltre 300 grammi al giorno. In quegli ecosistemi con pesci e uccelli nel variabile ruolo di prede e predatori ci sono da decine di migliaia di anni anche umani, noi abbiamo messo bocca ovunque.

Talvolta pesci e uccelli fanno parte del medesimo ecosistema e partecipano del medesimo delicato equilibrio di complessiva riproduzione, adattamento e resilienza. Non tutti i predatori sono da condannare assumendo solo il punto di vista delle prede. Certo, bisogna approfondire bene dinamiche ed effetti. Le specie si combinano con associazioni sia parassitarie o gerarchiche, sia simbiotiche o complementari; vi sono catene alimentari (trofiche) fra specie, qualcuna fa da sé, qualcuna si nutre di qualche altra, qualcuna solo di qualcuna che non fa da sé, qualcuna infine decompone rifiuti e carcasse; esistono anche ecosistemi separati con specie diverse; non abbiamo inventato noi i livelli trofici, la predazione e lo sfruttamento di energie accumulate da altre specie, le relazioni gerarchiche e le combinazioni fra le specie; fattori biotici e abiotici hanno continuato a esistere, vivere, evolvere senza relazioni fisiche dirette con la nostra specie. Non dobbiamo mai dimenticare che le gerarchie biologiche e ambientali sono sempre transitorie e mutevoli; la classifica non riflette una competizione generale e non è mai eterna; noi siamo divenuti via via più invadenti.

Noi peschiamo. In Europa Neanderthal e Sapiens si sono cibati sia di pesci che di uccelli, dipendeva da contesto e opportunità, talvolta considerandoli prede, talaltra comunque competitori. Ben presto abbiamo capito che era meglio attrezzarsi per la pesca, soprattutto quella di sopravvivenza, interpretando correttamente il contesto climatico e ambientale e sofisticandoci nelle relative tecniche efficaci. Gli ami sono divenuti parte essenziale dell’attrezzatura da pesca, ben prima che ci avventurassimo negli oceani con navi attrezzate e usassimo altri (discutibili) attrezzi. Le tipologie degli ami piccoli ancor oggi in commercio sono innumerevoli, cambiano in base alla preda, al luogo dove cacciarla, alle motivazioni non solo alimentari o commerciali del pescatore (esistono i pescasportivi, come noto). L’uncino dell’amo non è appetibile, punge. Per farlo agganciare dal pesce occorre ingannare l’animale, deve pensare di mettere la bocca su una cosa morbida, affascinante e gustosa. Pare che in decine di migliaia di anni, dapprima gli umani abbiano utilizzato gusci di lumaca, pezzetti di legno, poi rametti, ossa, conchiglie e via sperimentando, sia col bronzo che col ferro. 

A un certo punto della nostra presenza sul pianeta le modalità di pesca, individuale e collettiva, con le canne o con apposite navi, è cambiata profondamente. Spesso gli ami sono restati utili. Fra l’altro, abbiamo imparato a usare uccelli per cacciare pesci, vi sono ricerche e storie che ne trattano. Recentemente, è uscito un libro che le racconta in parte, prendendo spunto e approfondendo uno specifico fatto di cronaca nera, un furto da parte di un ladro di piume: Kirk Wallace Johnson, Il ladro di piumeBellezza, ossessione e il colpo del secolo di storia naturaletraduzione di Sandro RistoriNutrimenti Roma 2023 (orig. 2018), pag. 407Nel prologo siamo al museo privato di storia naturale di Tring (circa quaranta miglia a nord di Londra), il 24 giugno 2009. Il 20enne allampanato flautista statunitense Edwin Rist, dopo un proprio concerto alla Royal Academy of Music, realizza di notte l’ardito furto di 299 pelli di sedici preziose specie e sottospecie diverse di uccelli, puntava alle piume.

Non fu la prima né l’ultima rapina del genere, spiega Johnson, siamo all’interno di milionari bracconaggio e mercato illegali, lui cercava denaro per la propria vita. Però a Tring c’erano i fringuelli di Darwin e la collezione del grandenaturalista, geografo, esploratore e antropologo britannico Alfred Russel Wallace (1823-1913), uno dei padri dei meccanismi dell’evoluzione, altro che storie! Le fatiche attraverso cui Wallace riuscì a scovare, classificare, raccogliere e trasferire quegli esemplari animali dall’Asia insulare (dopo che i primi reperti di pelli, piante, insetti dall’Amazzonia erano andati persi), essenziali per comprendere la selezione infra-speciale e offrire spunti alle dinamiche di speciazione, sono una mirabolante avventura, in parte da lui stesso ricostruita e narrata, in parte materia di centinaia di volumi storici, in parte oggetto di migliaia di contributi scientifici. Alla loro conservazione molto contribuì un ricco rampollo dei Rothschild, proprio quando nelle ultime tre decadi dell’Ottocento centinaia di milioni di uccelli maschi vennero uccisi per usare le loro piume nel mondo e nel mercato della moda.

L’abolizione del commercio delle piume, lo statunitense Migratory Bird Treaty Act del 1918 e la Convenzione internazionale sulla conservazione di fauna e flora del 1933 furono poi una vittoria soprattutto di movimenti delle donne. Arrivarono poco dopo, però, alcuni pescatori con gli elaborati ami, artistici e colorati grazie alle piume. L’ossessionato Rist era bravissimo a costruirli e venderli. Un curioso scrittore andava a pesca a mosca con gli amici, ne conobbe il furto e cominciò a ossessionarsi per capirne il perché e il come. Il poco più che quarantenne sceneggiatore e giornalista (laureato in Lingue e Civiltà del Medio Oriente) Kirk Wallace Johnson (West Chicago, 1980), già funzionario della cooperazione allo sviluppo e fondatore dell’organizzazione no-profit di aiuto al reinsediamento dei rifugiati iracheni, nell’estate 2011 si trovava e pesca nelle acque del Red River (New Mexico), quando il mentore e amico Spencer Seim gli parlò di Edwin Rist, che aveva voluto mettere le mani sugli uccelli necessari per creare le mosce che entrambi usavano, appena quattro mesi dopo la sentenza sul furto.

Quella particolare peculiare rapina lo stregò, iniziò a studiare l’arte vittoriana di creare sugli ami riproduzioni di insetti per la pesca dei salmoni e a entrare in un sottobosco di fanatici e di venditori di piume sgargianti, di drogati e di appassionati di caccia grossa, di ex detective e dentisti dalla dubbia fama. Seguirono oltre cinque anni sfibranti di sacrifici, capillari ricerche d’archivio e sul campo, frequentazioni e incontri, trasferte e simposi, molte interviste a distanza e in presenza (spesso o a lungo rifiutate, il 26 maggio 2015 con Rist), finché non è arrivato questo interessante affascinante volume, uno splendido saggio narrato come un romanzo giallo noir con tutti i relativi espedienti letterari, ottima occasione per informarsi sugli ami.

Nella prima parte l’autore racconta le premesse dell’evento, il travagliato percorso scientifico che aveva condotto le piume al museo e le motivazioni commerciali dell’infatuazione per le piume da parte di gruppi di sapiens. Nella seconda parte l’attenzione si concentra sul ladro (da cui il titolo), la nascita e l’adolescenza statunitensi, il trasferimento musicale in Inghilterra, la passione per il flauto e la mania per gli ami a mosca, il furto meticolosamente preparato e poi l’uso della refurtiva, la lunga indagine poliziesca e la casuale soluzione del caso, l’arresto e il processo, l’accoglimento della “Difesa Asperger” e il rilascio di fatto senza una pena e senza aver rintracciato larga parte delle pelli e delle piume trafugate. La terza parte riguarda la ricerca dell’autore stesso per darci qualche elemento in più sulla verità, descriverci la situazione attuale di permanente dubbia legalità e perorare un punto di vista scientifico sulle umane ossessioni (anche relative alla pesca). In mezzo un ricco esplicativo inserto fotografico. In fondo una nota sulle fonti, la bibliografia e l’indice analitico.

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