I pesci in linea di massima vivono in acqua, sotto la superficie di bacini oceanici, mari, laghi, fiumi, e lì si nutrono in vario modo per garantirsi sopravvivenza e riproduzione. Gli uccelli in linea di massima vivono per aria per la maggior parte del loro tempo, sopra la superficie del suolo e delle acque, e lì si nutrono in vario modo per garantirsi sopravvivenza e riproduzione. Molti uccelli mangiano pesci e organismi presenti nelle acque; vale anche l’inverso seppur sia meno frequente, pesci che mangiano uccelli. Noi umani, che in linea di massima viviamo appoggiati a terra, molto condizionati dall’attrattiva forza di gravità (come molti altri animali mammiferi e piante radicate), ci siamo spesso nutriti con pesci e uccelli. Ben lo sappiamo anche noi sapiens commensali, che inoltre abbiamo studiato come farci aiutare dalle sembianze di uccelli per catturare i pesci: il reale ha sempre una variabile in più.
I pesci perlopiù sono erbivori, onnivori o detritivori, tuttavia voraci
carnivori possono trovarsi in tutte le acque del mondo, dolci e salate, a tutte
le profondità, pure a pochi metri dal pelo dell’acqua. Alcuni hanno acquisito
opportunità di mangiare uccelli. Per esempio, il noto Siluro d'Europa (Silurus
glanis) appartiene alla famiglia Siluridae, è diffuso
soprattutto nei grandi fiumi dell'Europa centrale, ha mostrato notevoli
capacità di predatore e mangia anche uccelli che si trovano in superficie. Non
è il solo ad aver sviluppato tattiche specializzate per catturare animali
terrestri, creature che volano sopra l'acqua o che si aggirano troppo vicino alla
riva. Il pesce gatto francese di Wels si è evoluto per
afferrare piccioni lungo le sponde del fiume Tarn ad Albi. Il pesce
arciere è un predatore dal basso, caccia insetti appesi ai rami degli
alberi sopra l'acqua, senza saltare, sparando un getto d'acqua. Poi andrebbero
citati il Silver Arowana del Sud America, alcune specie
di squali, i piccoli Mudskipper o i pesci
serpente, le trote arcobaleno, i pesci tigre africani
(contro le rondini).
Innumerevoli ovviamente, a loro volta, sono gli uccelli volanti che
mangiano pesci nuotanti, ovvero che si nutrono solo o prevalentemente di
animali acquatici. Oltre a onnivori, fruttivori, granivori, mollusivori,
nettivori, avivori, ofidiofagi, insettivori, vi sono gli uccelli carnivori e
soprattutto proprio quelli definiti piscivori. La scienza ci ha
spiegato molto a riguardo e vi sono vari cambiamenti in corso. Circa un anno
fa, per esempio, è stata segnalata una sorta di “invasione” di cormorani in
Puglia, più che triplicati a causa della tropicalizzazione del clima
(temperatura di 2,65 gradi superiore alla media storica), con ripercussioni
economiche gravi per i pescatori e per gli allevamenti di pesce in mare aperto.
Ogni cormorano può mangiare fino a 10 chilogrammi di pesce al mese, oltre 300
grammi al giorno. In quegli ecosistemi con pesci e uccelli nel variabile ruolo di prede e predatori ci sono da decine di
migliaia di anni anche umani, noi abbiamo messo bocca ovunque.
Talvolta pesci e uccelli fanno parte del medesimo ecosistema e partecipano
del medesimo delicato equilibrio di complessiva riproduzione, adattamento e resilienza.
Non tutti i predatori sono da condannare assumendo solo il punto di vista delle
prede. Certo, bisogna approfondire bene dinamiche ed effetti. Le specie
si combinano con associazioni sia parassitarie o gerarchiche, sia
simbiotiche o complementari; vi sono catene alimentari (trofiche) fra specie,
qualcuna fa da sé, qualcuna si nutre di qualche altra, qualcuna solo di
qualcuna che non fa da sé, qualcuna infine decompone rifiuti e carcasse;
esistono anche ecosistemi separati con specie diverse; non abbiamo inventato
noi i livelli trofici, la predazione e lo sfruttamento di energie accumulate da
altre specie, le relazioni gerarchiche e le combinazioni fra le specie; fattori
biotici e abiotici hanno continuato a esistere, vivere, evolvere senza relazioni
fisiche dirette con la nostra specie. Non dobbiamo mai dimenticare che le gerarchie
biologiche e ambientali sono sempre transitorie e mutevoli; la
classifica non riflette una competizione generale e non è mai eterna; noi siamo
divenuti via via più invadenti.
Noi peschiamo. In Europa Neanderthal e Sapiens si
sono cibati sia di pesci che di uccelli, dipendeva da contesto e opportunità,
talvolta considerandoli prede, talaltra comunque competitori. Ben presto
abbiamo capito che era meglio attrezzarsi per la pesca, soprattutto quella di
sopravvivenza, interpretando correttamente il contesto climatico e ambientale e
sofisticandoci nelle relative tecniche efficaci. Gli ami sono
divenuti parte essenziale dell’attrezzatura da pesca, ben prima che ci
avventurassimo negli oceani con navi attrezzate e usassimo altri (discutibili)
attrezzi. Le tipologie degli ami piccoli ancor oggi in commercio sono
innumerevoli, cambiano in base alla preda, al luogo dove cacciarla, alle
motivazioni non solo alimentari o commerciali del pescatore (esistono i
pescasportivi, come noto). L’uncino dell’amo non è appetibile, punge. Per farlo
agganciare dal pesce occorre ingannare l’animale, deve pensare di mettere la
bocca su una cosa morbida, affascinante e gustosa. Pare che in decine di
migliaia di anni, dapprima gli umani abbiano utilizzato gusci di lumaca,
pezzetti di legno, poi rametti, ossa, conchiglie e via sperimentando, sia col
bronzo che col ferro.
A un certo punto della nostra presenza sul pianeta le modalità di pesca,
individuale e collettiva, con le canne o con apposite navi, è cambiata
profondamente. Spesso gli ami sono restati utili. Fra l’altro, abbiamo imparato
a usare uccelli per cacciare pesci, vi sono ricerche e storie che ne trattano.
Recentemente, è uscito un libro che le racconta in parte, prendendo spunto e
approfondendo uno specifico fatto di cronaca nera, un furto da
parte di un ladro di piume: Kirk Wallace Johnson, Il ladro di
piume. Bellezza, ossessione e il colpo del secolo di storia
naturale, traduzione di Sandro Ristori, Nutrimenti
Roma 2023 (orig. 2018), pag. 407. Nel prologo siamo al
museo privato di storia naturale di Tring (circa quaranta miglia a nord di
Londra), il 24 giugno 2009. Il 20enne allampanato flautista statunitense Edwin
Rist, dopo un proprio concerto alla Royal Academy of Music, realizza di notte
l’ardito furto di 299 pelli di sedici preziose specie e sottospecie diverse di
uccelli, puntava alle piume.
Non fu la prima né l’ultima rapina del genere, spiega Johnson, siamo
all’interno di milionari bracconaggio e mercato illegali, lui cercava denaro
per la propria vita. Però a Tring c’erano i fringuelli di Darwin e
la collezione del grandenaturalista, geografo, esploratore e antropologo
britannico Alfred Russel Wallace (1823-1913), uno dei padri
dei meccanismi dell’evoluzione, altro che storie! Le fatiche attraverso cui
Wallace riuscì a scovare, classificare, raccogliere e trasferire quegli
esemplari animali dall’Asia insulare (dopo che i primi reperti di pelli,
piante, insetti dall’Amazzonia erano andati persi), essenziali per comprendere
la selezione infra-speciale e offrire spunti alle dinamiche di speciazione, sono
una mirabolante avventura, in parte da lui stesso ricostruita e narrata, in
parte materia di centinaia di volumi storici, in parte oggetto di migliaia di
contributi scientifici. Alla loro conservazione molto contribuì un ricco
rampollo dei Rothschild, proprio quando nelle ultime tre decadi
dell’Ottocento centinaia di milioni di uccelli maschi vennero uccisi per usare
le loro piume nel mondo e nel mercato della moda.
L’abolizione del commercio delle piume, lo statunitense Migratory
Bird Treaty Act del 1918 e la Convenzione internazionale sulla
conservazione di fauna e flora del 1933 furono poi una vittoria soprattutto di
movimenti delle donne. Arrivarono poco dopo, però, alcuni pescatori con gli
elaborati ami, artistici e colorati grazie alle piume. L’ossessionato
Rist era bravissimo a costruirli e venderli. Un curioso scrittore andava a
pesca a mosca con gli amici, ne conobbe il furto e cominciò a ossessionarsi per
capirne il perché e il come. Il poco più che quarantenne
sceneggiatore e giornalista (laureato in Lingue e Civiltà del Medio
Oriente) Kirk Wallace Johnson (West Chicago, 1980), già
funzionario della cooperazione allo sviluppo e fondatore dell’organizzazione
no-profit di aiuto al reinsediamento dei rifugiati iracheni, nell’estate 2011
si trovava e pesca nelle acque del Red River (New Mexico), quando il mentore e
amico Spencer Seim gli parlò di Edwin Rist, che aveva voluto mettere le mani
sugli uccelli necessari per creare le mosce che entrambi usavano, appena
quattro mesi dopo la sentenza sul furto.
Quella particolare peculiare rapina lo stregò, iniziò a studiare l’arte
vittoriana di creare sugli ami riproduzioni di insetti per la pesca
dei salmoni e a entrare in un sottobosco di fanatici e di venditori di piume
sgargianti, di drogati e di appassionati di caccia grossa, di ex detective e
dentisti dalla dubbia fama. Seguirono oltre cinque anni sfibranti di sacrifici,
capillari ricerche d’archivio e sul campo, frequentazioni e incontri, trasferte
e simposi, molte interviste a distanza e in presenza (spesso o
a lungo rifiutate, il 26 maggio 2015 con Rist), finché non è arrivato questo
interessante affascinante volume, uno splendido saggio narrato come un romanzo
giallo noir con tutti i relativi espedienti letterari, ottima occasione per
informarsi sugli ami.
Nella prima parte l’autore racconta le premesse
dell’evento, il travagliato percorso scientifico che aveva condotto le piume al
museo e le motivazioni commerciali dell’infatuazione per le piume da parte di
gruppi di sapiens. Nella seconda parte l’attenzione
si concentra sul ladro (da cui il titolo), la nascita e l’adolescenza
statunitensi, il trasferimento musicale in Inghilterra, la passione per il
flauto e la mania per gli ami a mosca, il furto meticolosamente preparato e poi
l’uso della refurtiva, la lunga indagine poliziesca e la casuale soluzione del
caso, l’arresto e il processo, l’accoglimento della “Difesa Asperger” e il
rilascio di fatto senza una pena e senza aver rintracciato larga parte delle
pelli e delle piume trafugate. La terza parte riguarda la
ricerca dell’autore stesso per darci qualche elemento in più sulla verità,
descriverci la situazione attuale di permanente dubbia legalità e perorare un
punto di vista scientifico sulle umane ossessioni (anche relative alla pesca).
In mezzo un ricco esplicativo inserto fotografico. In fondo una nota sulle
fonti, la bibliografia e l’indice analitico.
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