Il Cile brucia, decine di migliaia di ettari sono divorati dalle fiamme in tutto il Paese. Nella regione centrale di Valparaiso, un disastro simile generato dal fuoco non s’era mai visto: fino ad ora si contano 112 morti ma il bilancio è destinato inevitabilmente a salire. I danni sono incalcolabili e il presidente Boric ha proclamato, a partire da oggi, 5 febbraio, due giorni di lutto nazionale. Nel Paese si sta scatenando, intanto, la caccia ai presunti piromani, ma la tragedia è tale che non si risolve certo con qualche capro espiatorio. Le cause del disastro vanno cercate ben più in profondità. Tra quelle cause ci sono certamente i cambiamenti climatici, ma non va dimenticato che gli enormi incendi producono anche effetti: nel 2023 hanno generato circa 2.100 megatonnellate di emissioni di carbonio, il 23% dei quali è stato prodotto solo in Canada. Nel frattempo, la Ong Solidarity Alliance diffonde un rapporto intitolato Il potere dei profitti caduti dal cielo, dove si dice che 36 grandi imprese e società finanziarie, hanno aggiunto nel business derivante dai combustibili fossili profitti per 1.210 miliardi di dollari in soli 24 mesi (giugno 2021-giugno 23), una cifra che sfiora il PIL annuo di un paese come la Spagna. Fabio Marcelli, giurista internazionale che si trova proprio in questi giorni in Cile, ci ha inviato da lì questo articolo in cui ricorda anche le misure repressive varate dal governo Meloni contro la protesta pacifica, civile e sacrosanta di giovani che non si rassegnano a finire bolliti per garantire cospicui guadagni alle lobby fossili e ai loro servitori politici
Mi trovo in questi giorni in Cile, dove un impressionante incendio sta
distruggendo estese zone nei pressi di Valparaiso e Viña del Mar. Il
telegiornale trasmette ventiquattrore su ventiquattro immagini e commenti
angosciosi. Le vittime accertate potrebbero essere centinaia. Fra di esse,
famiglie intere bruciate vive nelle loro automobili mentre tentavano una disperata
fuga dall’immenso rogo.
Il presidente cileno Boric si è rivolto sabato al popolo con un messaggio
televisivo, ma è evidente l’impreparazione istituzionale di fronte a un
disastro di questa portata. Discorso peraltro applicabile anche a molti altri
Stati, tra i quali l’Italia, dove gli sciagurati tagli alla spesa pubblica
stanno debilitando in modo irrimediabile strutture d’importanza sempre più
strategica come i pompieri e la protezione civile, che invece andrebbero oggi
più che mai rafforzati reclutando decine se non centinaia di migliaia di
giovani disoccupati.
Ma occorre anche risalire alle radici del problema e cioè al fenomeno del
cambiamento climatico e ai suoi colpevoli e cioè le lobby dell’energia fossile
e i suoi cani da guardia politici, primi fra tutti gli esponenti della destra
più ottusa e irresponsabile, da Trump a Salvini, ostinati negazionisti, che
hanno tentato a lungo di silenziare quanto gli scienziati producevano al
riguardo e continuano oggi a rallentare e ostacolare la crescita delle energie
alternative, unica possibile via d’uscita per evitare la catastrofe.
I giovani continuano giustamente a ribellarsi in tutto il mondo contro
questa classe politica ed economica che nega loro il futuro in nome della
gretta salvaguardia dei propri profitti ed interessi finanziari.
Il governo di Giorgia Meloni investe risorse ridicole per prevenire il disastro
ma si affretta a varare nuove misure repressive, di impronta chiaramente
anticostituzionale, per punire la protesta pacifica, civile e sacrosanta di
questi giovani che non si rassegnano a finire bolliti per garantire cospicui
guadagni alle lobby fossili e ai suoi servitori politici.
Il più recente rapporto Global Trends,
scritto dall’ associazione di agenti segreti denominata Strategic future Group
, analizza le varie inquietanti implicazioni del fenomeno su vari piani e
delinea al riguardo la possibilità di una rivoluzione ambientale guidata dai
giovani che dovrebbe condurre alla creazione di una nuova istituzione
internazionale, il Consiglio per la sicurezza umana.
Davvero notevole e confortante, sia detto per inciso, appare il fatto che vi
siano funzionari dell’intelligence i quali, dimostrando in tal modo di essere
effettivamente intelligenti, dedichino i loro sforzi a problematiche di questo
genere, anziché a incontri clandestini negli autogrill con politicanti
screditati, al fine di consegnare babbini Natale di cioccolato o altro.
La strategia di contrasto del cambiamento climatico deve essere accompagnata
dal trasferimento di ingenti risorse verso le energie alternative, i Paesi
poveri e i settori sociali che, come i contadini possono subire conseguenze
avverse dai processi di riconversione. Risultano pertanto indispensabili enormi
investimenti pubblici in chiara violazione dei sacri principi dei criminali
neoliberisti che presiedono tuttora ai destini dell’economia mondiale e
dell’umanità tout-court.
Tutto ciò richiede con ogni evidenza il completo rovesciamento degli attuali
dogmi guida della classe dominante occidentale e l’emergere di movimenti,
specie giovanili che, per riprendere testualmente il documento dell’intelligence intelligente,
portano in piazza centinaia di migliaia di giovani che chiedono con forza
rapidi cambiamenti delle politiche applicabili scontrandosi colle resistenze
opportunistiche del ceto politico, specie nelle sue varianti cosiddette
populiste di destra.
Per ovvi motivi il Report sembra invece del tutto indebitamente
sottovalutare il decisivo contributo di Paesi come la Cina, che sono oggi
all’avanguardia mondiale nel settore delle energie alternative e rionovabili,
rispetto al quale vanno promosse intense e sistematiche iniziative di
cooperazione internazionale, rispondendo in modo positivo agli stimoli presenti
nella dottrina cinese del futuro condiviso dell’umanità che pone al centro
dell’attenzione la strategia comune necessaria per rispondere a problematiche
esiziali globali come per l’appunto il cambiamento climatico.
Certo non si può pretendere dall’intelligence occidentale anche il
superamento delle limitazioni ideologiche indissolubilmente legate alla sua
mission, che è quella di salvaguardare sempre e comunque gli interessi
strategici dell’Occidente. Paradossalmente tuttavia, il mantenimento di un
punto di vista eccessivamente limitato rende impossibile anche il conseguimento
di questo obiettivo parziale, dato che la salvezza dell’Occidente non
può certo prescindere da quella del pianeta nel suo complesso. Questo è per
l’appunto il compito delle nuove generazioni, in Occidente come altrove nel
mondo. E su questa sfida storica su gioca l’avvenire del pianeta ed
occorre esserne consapevoli fini in fondo.
Joris Ivens e Chris Marker insieme nel 1962 per una collaborazione di parole e immagini, la prosa poetica, mercuriale, di Marker e la fotografia irrequieta, sinfonica, realistica e lirica di Ivens, per un omaggio a Valparaiso, la Valle del Paradiso, “ l’ultimo gradino prima del Paradiso, come apparve ai marinai dopo gl’incubi delle traversate” in tempi in cui il Nuovo Mondo era tutto da esplorare e razziare.
Una città perpendicolare, costruita su 42 colline, in basso i ricchi in alto i poveri, “non un’altra città, un altro mondo”, un rovesciamento gambe all’aria, e il sangue smette di affluire. 300.000 abitanti, tra la Cordigliera cilena e il mare, dopo il taglio di Panama finì la sua fortuna commerciale.
Nel 1962 Ivens fu invitato in Cile per insegnare regia e insieme ai suoi studenti realizzò questo corto. E’ probabile che il commento di Marker sia successivo alle riprese dei luoghi e questa asincronia fra i due momenti sublima l’ intreccio fra le analogiche associazioni di Marker e il realismo di Ivens, la sua mobile curiosità sui luoghi, le persone, i processi di cambiamento storico mentre le parole di Marker decentrano, destabilizzano, così che nello spazio, pieno di uomini e cose, le cose finiscono di essere qui e ora per divenire visioni della condizione umana, contemplazione, distacco...
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