martedì 6 febbraio 2024

Fuoco, clima e profitti - Fabio Marcelli

 

Il Cile brucia, decine di migliaia di ettari sono divorati dalle fiamme in tutto il Paese. Nella regione centrale di Valparaiso, un disastro simile generato dal fuoco non s’era mai visto: fino ad ora si contano 112 morti ma il bilancio è destinato inevitabilmente a salire. I danni sono incalcolabili e il presidente Boric ha proclamato, a partire da oggi, 5 febbraio, due giorni di lutto nazionale. Nel Paese si sta scatenando, intanto, la caccia ai presunti piromani, ma la tragedia è tale che non si risolve certo con qualche capro espiatorio. Le cause del disastro vanno cercate ben più in profondità. Tra quelle cause ci sono certamente i cambiamenti climatici, ma non va dimenticato che gli enormi incendi producono anche effetti: nel 2023 hanno generato circa 2.100 megatonnellate di emissioni di carbonio, il 23% dei quali è stato prodotto solo in Canada. Nel frattempo, la Ong Solidarity Alliance diffonde un rapporto intitolato Il potere dei profitti caduti dal cielo, dove si dice che 36 grandi imprese e società finanziarie, hanno aggiunto nel business derivante dai combustibili fossili profitti per 1.210 miliardi di dollari in soli 24 mesi (giugno 2021-giugno 23), una cifra che sfiora il PIL annuo di un paese come la Spagna. Fabio Marcelli, giurista internazionale che si trova proprio in questi giorni in Cile, ci ha inviato da lì questo articolo in cui ricorda anche le misure repressive varate dal governo Meloni contro la protesta pacifica, civile e sacrosanta di giovani che non si rassegnano a finire bolliti per garantire cospicui guadagni alle lobby fossili e ai loro servitori politici

 

Mi trovo in questi giorni in Cile, dove un impressionante incendio sta distruggendo estese zone nei pressi di Valparaiso e Viña del Mar. Il telegiornale trasmette ventiquattrore su ventiquattro immagini e commenti angosciosi. Le vittime accertate potrebbero essere centinaia. Fra di esse, famiglie intere bruciate vive nelle loro automobili mentre tentavano una disperata fuga dall’immenso rogo.
Il presidente cileno Boric si è rivolto sabato al popolo con un messaggio televisivo, ma è evidente l’impreparazione istituzionale di fronte a un disastro di questa portata. Discorso peraltro applicabile anche a molti altri Stati, tra i quali l’Italia, dove gli sciagurati tagli alla spesa pubblica stanno debilitando in modo irrimediabile strutture d’importanza sempre più strategica come i pompieri e la protezione civile, che invece andrebbero oggi più che mai rafforzati reclutando decine se non centinaia di migliaia di giovani disoccupati.
Ma occorre anche risalire alle radici del problema e cioè al fenomeno del cambiamento climatico e ai suoi colpevoli e cioè le lobby dell’energia fossile e i suoi cani da guardia politici, primi fra tutti gli esponenti della destra più ottusa e irresponsabile, da Trump a Salvini, ostinati negazionisti, che hanno tentato a lungo di silenziare quanto gli scienziati producevano al riguardo e continuano oggi a rallentare e ostacolare la crescita delle energie alternative, unica possibile via d’uscita per evitare la catastrofe.
I giovani continuano giustamente a ribellarsi in tutto il mondo contro questa classe politica ed economica che nega loro il futuro in nome della gretta salvaguardia dei propri profitti ed interessi finanziari.
Il governo di Giorgia Meloni investe risorse ridicole per prevenire il disastro ma si affretta a varare nuove misure repressive, di impronta chiaramente anticostituzionale, per punire la protesta pacifica, civile e sacrosanta di questi giovani che non si rassegnano a finire bolliti per garantire cospicui guadagni alle lobby fossili e ai suoi servitori politici.
Il più recente rapporto Global Trends, scritto dall’ associazione di agenti segreti denominata Strategic future Group , analizza le varie inquietanti implicazioni del fenomeno su vari piani e delinea al riguardo la possibilità di una rivoluzione ambientale guidata dai giovani che dovrebbe condurre alla creazione di una nuova istituzione internazionale, il Consiglio per la sicurezza umana.
Davvero notevole e confortante, sia detto per inciso, appare il fatto che vi siano funzionari dell’intelligence i quali, dimostrando in tal modo di essere effettivamente intelligenti, dedichino i loro sforzi a problematiche di questo genere, anziché a incontri clandestini negli autogrill con politicanti screditati, al fine di consegnare babbini Natale di cioccolato o altro.

La strategia di contrasto del cambiamento climatico deve essere accompagnata dal trasferimento di ingenti risorse verso le energie alternative, i Paesi poveri e i settori sociali che, come i contadini possono subire conseguenze avverse dai processi di riconversione. Risultano pertanto indispensabili enormi investimenti pubblici in chiara violazione dei sacri principi dei criminali neoliberisti che presiedono tuttora ai destini dell’economia mondiale e dell’umanità tout-court.
Tutto ciò richiede con ogni evidenza il completo rovesciamento degli attuali dogmi guida della classe dominante occidentale e l’emergere di movimenti, specie giovanili che, per riprendere testualmente il documento dell’intelligence intelligente, portano in piazza centinaia di migliaia di giovani che chiedono con forza rapidi cambiamenti delle politiche applicabili scontrandosi colle resistenze opportunistiche del ceto politico, specie nelle sue varianti cosiddette populiste di destra.

Per ovvi motivi il Report sembra invece del tutto indebitamente sottovalutare il decisivo contributo di Paesi come la Cina, che sono oggi all’avanguardia mondiale nel settore delle energie alternative e rionovabili, rispetto al quale vanno promosse intense e sistematiche iniziative di cooperazione internazionale, rispondendo in modo positivo agli stimoli presenti nella dottrina cinese del futuro condiviso dell’umanità che pone al centro dell’attenzione la strategia comune necessaria per rispondere a problematiche esiziali globali come per l’appunto il cambiamento climatico.

Certo non si può pretendere dall’intelligence occidentale anche il superamento delle limitazioni ideologiche indissolubilmente legate alla sua mission, che è quella di salvaguardare sempre e comunque gli interessi strategici dell’Occidente. Paradossalmente tuttavia, il mantenimento di un punto di vista eccessivamente limitato rende impossibile anche il conseguimento di questo obiettivo parziale, dato che la salvezza dell’Occidente non può certo prescindere da quella del pianeta nel suo complesso. Questo è per l’appunto il compito delle nuove generazioni, in Occidente come altrove nel mondo. E su questa sfida storica su gioca l’avvenire del pianeta ed occorre esserne consapevoli fini in fondo.

da qui






Joris Ivens e Chris Marker insieme nel 1962 per una collaborazione di parole e immagini, la prosa poetica, mercuriale, di Marker e la fotografia irrequieta, sinfonica, realistica e lirica di Ivens, per un omaggio a Valparaiso, la Valle del Paradiso, “ l’ultimo gradino prima del Paradisocome apparve ai marinai dopo gl’incubi delle traversate” in tempi in cui il Nuovo Mondo era tutto da esplorare e razziare.

Una città perpendicolare, costruita su 42 colline, in basso i ricchi in alto i poveri, “non un’altra città, un altro mondo”, un rovesciamento gambe all’aria, e il sangue smette di affluire. 300.000 abitanti, tra la Cordigliera cilena e il mare, dopo il taglio di Panama finì la sua fortuna commerciale.

Nel 1962 Ivens fu invitato in Cile per insegnare regia e insieme ai suoi studenti realizzò questo corto. E’ probabile che il commento di Marker sia successivo alle riprese dei luoghi e questa asincronia fra i due momenti sublima l’ intreccio fra le analogiche associazioni di Marker e il realismo di Ivens, la sua mobile curiosità sui luoghi, le persone, i processi di cambiamento storico mentre le parole di Marker decentrano, destabilizzano, così che nello spazio, pieno di uomini e cose, le cose finiscono di essere qui e ora per divenire visioni della condizione umana, contemplazione, distacco...

https://www.paoladigiuseppe.it/a-valparaiso-di-joris-ivens/

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