di Paolo Ferraresi, presidente dei Comitati consultivi misti dell’AUSL di
Bologna
Siamo moralisti dell’espresso con un compromesso, il dannato ginseng. Il
non caffè, processatissimo, falso come Giuda fin dall’infinitesimale
percentuale di ginseng stesso tra gli ingredienti.
No il caffè non mi piace, preferisco un ginseng. Tazza grande o
tazza piccola? Ma è già zuccherato? Che siate o no tra gli amanti di
questa alternativa al bar, vi sarete di certo accorti come questa
sia un’abitudine in crescita costante: fatta eccezione per le vere
e proprie caffetterie e specialty coffee, non c’è locale che sia privo ormai della
macchinetta per erogare la miscela nocciolata/caramellata/non-ben-identificata
che gli italiani apprezzano sempre di più, e che ormai riconoscono come una
normalissima scelta accanto a cappuccino, espresso, macchiato e tè.
Come siamo arrivati a questo punto, e come sia possibile che proprio qui
abbia attecchito una bevanda del genere è un mistero: non eravamo noi, sul
globo terracqueo, i più puristi dell’espresso? Quelli che
“Starbucks fa schifo perché non vende caffè ma dessert” (in riferimento ai “venti”
e ai “grande” fantasiosi che la Sirena propone in tutto il mondo)? Eppure siamo
qui, che al mattino al posto dell’espresso in purezza da veri duri scegliamo il
ginsenghino (d’altronde siamo gli stessi che sottostimano la margherita fatta
all’estero ma in Italia apprezzano tacitamente la presenza della pizza con
wurstel e patatine su tutti i menu).
La promessa di energia extra
Senza dubbio, il ginseng come alternativa al caffè è nato nei primi anni
duemila grazie a una comunicazione marketing geniale. Sì perché ricordo bene
che nessuno puntò sul gusto o sul piacere di un nuovo sapore, bensì su quella
“percentuale di ginseng” che teoricamente avrebbe dato la stessa carica del
caffè ma senza essere vincolati alla caffeina. Non dico che volessero sembrasse
una cosa salutare, ma il concetto mistico della radice naturale che ti migliora
la concentrazione e “tonifica” era ben presente. Peccato che, esattamente come
il caffè, nemmeno il ginseng è un alimento che di fatto ci appartiene.
– Per noi è una novità, la versione ultra-commerciale e ultra-processata di
un ingrediente usato invece da millenni altrove. Questa pianta è originaria
dell’Asia orientale e del Nord America, ed è conosciuta per le sue proprietà
medicinali. La radice di ginseng è infatti utilizzata nella medicina
tradizionale cinese per migliorare l’energia, la concentrazione e il benessere
generale. Da qui, i vari integratori per una resa maggiore
nello studio, fino ad arrivare anche al ginseng al bar fatto per chi crede in
un effetto analogo ma facendo colazione. Insomma se il boom di panacee
commerciali come l’Aloe Vera messa ovunque e i semi di Chia come presenza fissa
in yogurt e pudding ha attratto per poco tempo, incredibilmente il ginseng del
bar in Italia perdura.
Molto meglio l’orzo, a questo punto
Il periodo dell’orzo è lontano, quasi nostalgico: c’è ancora, molti bar
hanno a disposizione la macchinetta erogatrice del caffè d’orzo, ma è
impolverata e messa nell’angolo come Baby in Dirty Dancing. Quella che eroga
ginseng, invece, è sempre bella fresca e attiva. Non sveliamo nulla di inedito
o straordinario affermando che gli ingredienti del ginseng sarebbero da
evitare, tra aromi, latte in polvere, stabilizzanti, una quantità esagerata di
zucchero.
Senza considerare il fatto che (oltre al danno, pure la beffa) la percentuale
di ginseng è talmente infinitesimale da perdersi come un granello di
sabbia nel Sahara. Fosse almeno una percentuale bassa ma di “nettare puro” o
dell’essenza estratta dalla radice mistica sarebbe anche accettabile. Invece
no: è il ricordo di radice di ginseng, che nulla può fare per la nostra
concentrazione e la nostra rigenerazione cellulare. Non ha alcun “potere
tonificante”, non fa nessuna “sinergia con il caffè” e di certo non è “più
salubre della caffeina”.
Ginseng anche a casa, non solo al bar
Talmente normalizzato e diffuso, il ginseng, da non riguardare più
solamente la sfera della pausa caffè al bar. Ha invaso anche le case, a suon di
preparati solubili, di capsule adattabili per le macchinette del caffè, addirittura
di miscele al ginseng prodotte da grandi marchi (Lavazza, per esempio, ma non è
l’unica).
In quest’ultimo caso diciamo che la cosa può essere anche interessante:
conferire alla moka o al caffè filtro un’aromaticità differente, come chi
aggiunge un pizzico di cannella per esempio, non è un reato. Sui preparati
solubili invece meglio non addentrarci in considerazioni troppo caustiche: le
etichette parlano già di per sé.
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