Per politici e imprenditori il turismo è il «petrolio dell’Europa meridionale». In effetti estrae benefici dalla natura a vantaggio di pochi e danno di molti. Su queste basi nelle Canarie è nato un movimento contro il turismo
Negli ultimi mesi in Spagna si sono moltiplicate le manifestazioni contro
il turismo, simbolo di un’insofferenza sempre più radicata della società
spagnola rispetto a un modello di sviluppo basato su un settore i cui benefici
sono appannaggio di pochi, mentre le conseguenze negative sono vissute dalla
maggioranza.
Il turismo in tutta l’area mediterranea è spesso dipinto tanto dai discorsi
dei politici quanto degli imprenditori come il «petrolio dell’Europa meridionale». Così
negli ultimi anni il settore ha continuato a espandersi anche in virtù delle
scelte dei governi raggiungendo livelli ipertrofici, arrivando a determinare le
scelte in campo di politiche pubbliche e rappresentando rispetto al Prodotto
interno lordo (Pil) valori che oscillano nel 2022 dall’11.3% croato ai più
modesti, seppur elevati, 6.9% della Spagna (12.5% nel 2019) e 6.2% dell’Italia.
Percentuali di gran lunga superiori alla media degli altri paesi dell’Ue che si
ferma al 4.5%.
A livello europeo è dunque evidente come il bacino mediterraneo si
configuri all’interno delle catene globali del valore come un’area prettamente
turistica, avendo progressivamente abdicato a qualsiasi forma di ragionamento
politico e collettivo circa la produzione manifatturiera e tecnologica. In
questo modo anche il livello di occupazione nel settore turistico è
tendenzialmente più elevato, cosa importante soprattutto alla luce del fatto
che il lavoro prodotto da questi servizi ha tendenzialmente livelli di precarietà più elevati e salari e
qualificazioni medie più basse. Sempre in Spagna, secondo uno studio condotto
dall’Eurostat, i salari medi per le attività
turistiche e ricettive erano pari nel 2020 a 6.4 e 12.8 euro lordi l’ora
rispetto a una media nazionale totale di circa 17.
Uno scenario dunque per chi lavora molto più buio rispetto ai già bassi
salari nazionali, il tutto al netto di un maggior livello di profitti per le
imprese, determinato sia da un minor tasso di investimento necessario sia da costi
nettamente inferiori, considerando le concessioni balneari per i lidi e i
diversi costi più o meno diretti di cui si fa carico lo Stato attraverso varie
forme di sussidi.
Nel 2023 nell’Ue il turismo impiegava più giovani, donne e migranti
rispetto agli altri settori. Un elemento questo spesso richiamato dalla
politica, nel caso italiano dalla ministra del turismo Daniela
Santanché, in chiave estremamente positiva data la capacità di attivare
categorie che altrimenti rimarrebbero «inattive». In realtà è evidente come la
maggiore presenza di categorie marginalizzate è dovuta proprio agli elevati
livelli di precarietà del settore. In Spagna i sindacati Ccoo (Comisiones
Obreras) e Ugt (Unión General de Trabajadores) hanno
denunciato in più occasioni come nel settore, secondo un’analisi da loro
condotta, il 41.6% dei lavoratori nelle attività alberghiere e della
ristorazione sia classificato come precario, con salari nel 40% dei casi sotto
i 1.200 euro lordi mensili e come anche a causa della turistificazione agli
stessi lavoratori risulti difficile trovare casa in prossimità del proprio
lavoro.
Una delle note sul sito del Ministero dell’Industria e del Turismo spagnolo
evidenzia come il settore impieghi circa il 13.3% della forza lavoro a livello
nazionale. Continuando la nota si presenta l’aumento consistente dell’impiego
turistico nelle isole Canarie e Baleari come un successo frutto di una più
ampia strategia di destagionalizzazione del turismo volta a rendere la Spagna
una meta per tutto l’anno e non solo durante l’estate. Ma al netto del successo
decantato dalla classe politica e imprenditoriale è proprio su queste isole che
nel 2024 ci sono state le principali manifestazioni contro il
turismo.
Al centro della maggior parte delle richieste dei movimenti c’è la
richiesta di moratorie turistiche e l’imposizione di un limite alle abitazioni
che possono essere acquistate da stranieri. Si tratta di richieste che
potrebbero sicuramente raffreddare i flussi turistici, con il rischio però di
distogliere lo sguardo da un problema di cui la situazione turistica è solo un
sintomo: l’assenza del diritto alla casa.
Abbiamo intervistato Iván Cerdeña Molina, attivista del comitato Asociación
Tinerfeña de Amigos de la Naturaleza (Atan), da diversi anni impegnato in
azioni contro la turistificazione dell’isola e recentemente impegnato nella
manifestazione contro il turismo alle Canarie.
In Italia, come anche in Spagna, il turismo viene rappresentato come un
settore economico fondamentale per i nostri paesi. Si parla spesso di turismo
come petrolio dei paesi del Mediterraneo, ma è evidente che questa narrativa,
guardando alle condizioni di lavoro offerte dal settore, è sicuramente falsa
per chi lavora, mentre è vera per gli imprenditori e chi estrae valore
attraverso varie forme di rendite, come quelle immobiliari. Nelle isole e in
altre aree del paese il turismo è una monocultura, che ha quasi completamente
azzerato gli altri settori del lavoro. Le Canarie negli ultimi anni, come tutta
la Spagna, hanno visto aumentare i flussi turistici e anche l’opposizione al
turismo. A Tenerife c’è stata una delle prime manifestazioni di quest’anno
contro il turismo. Da dove nasce la vostra lotta e come interpretate il turismo
nello sviluppo dell’isola?
Parte tutto da una situazione insostenibile nelle Canarie. Da più di
cinquant’anni noi (Atan) lottiamo per l’ambiente. La differenza è che quel
problema che già tempo fa vedevamo arrivare, cioè il cambiamento climatico, ora
è qui e tutta la popolazione ne è affetta in diverse forme.
Gli stessi lavoratori del turismo sono coscienti dei problemi del settore.
A me piace la metafora del petrolio del mediterraneo, del petrolio delle
Canarie, perché il turismo è la principale industria delle Canarie, che ci
piaccia o no, e funziona allo stesso modo dell’industria dei combustibili
fossili, cioè estraendo benefici dalla natura, perché il turismo qui si basa
sull’estrazione della natura delle Canarie e sta portando tutti i benefici in
Europa, esattamente come accade col petrolio tra nord e sud, tra paesi poveri e
occidente. Inoltre, proprio come nel caso delle aree dove viene estratto il
petrolio, la gente del posto continua ad avere salari da fame e condizioni di
vita terribili, oltre alla contaminazione nel caso del turismo dovuta alla
cementificazione. La dinamica è la stessa che accade col petrolio, col litio e
le industrie estrattive in generale.
I servizi nel nostro sistema economico sono sempre meno pensati per i cittadini
e chi abita le nostre città e isole, e sempre più per attirare i grandi
capitali e i turisti. Nel caso di Tenerife quanto è evidente nella differenza
fra i servizi erogati per i cittadini e quelli solo per i turisti? La politica
chi credete stia veramente rappresentando e sostenendo con le proprie scelte
economiche?
I servizi pubblici alle Canarie sono prevalentemente orientati al turismo,
e così anche le infrastrutture. Buona parte dell’ampliamento di esse e della
continua necessità di farle crescere è una conseguenza del modello turistico
attuale. In isole con del territorio limitato con mancanza d’acqua, nel quale
si importa il 90% degli alimenti che consumiamo, non è accettabile continuare a
costruire servizi attorno ai soli turisti. Un esempio dei nostri servizi pubblici orientati verso i turisti è la sanità pubblica: nel sito ufficiale per
il turismo delle Canarie un titolo dice «Le isole Canarie, una destinazione che
si prende cura della tua salute», sotto al quale si afferma come le isole
offrano ai loro visitatori temporanei la migliore offerta di qualità
sanitaria.
Il Governo delle Canarie è capace di vendere, o meglio, di regalare, la
sanità pubblica delle Canarie ai turisti così da attrarne di più. Questo è puro
turismo sanitario. Così si allontanano i cittadini dall’uso dei servizi
pubblici per renderli esclusivi per i turisti ed è successo anche con le
strade, con i parchi, con le case per le vacanze, con gli alberghi costruiti
dove non dovrebbero. Sono arrivati al punto di espellere coloro che abitavamo
in aree turistiche sulle varie isole dicendo che alcune aree sono esclusive per
i turisti.
Abbiamo parlato di come i residenti vengano espulsi da alcune aree, il
turismo tendenzialmente porta anche a una concentrazione della proprietà
privata, come nel caso del mercato immobiliare, nelle mani di poche imprese e
singoli imprenditori. Nel caso di Tenerife negli ultimi anni avete assistito a
un aumento del prezzo per l’acquisto e l’affitto degli immobili, e cosa ha
significato questo per chi vive nell’isola?
I prezzi della casa stanno aumentando a un tasso del 3% su base mensile. Un
affitto che al Medano costava 400 euro 8 anni fa, adesso può costare intorno
agli 850, 900 euro. Quello che succede è che la presenza di immobili affittati
per le vacanze stabilisce una competizione diretta con chi si trova ad
affittare casa per vivere tutto l’anno, perché le attività residenziali e
turistiche si sviluppano negli stessi luoghi.
Se da un lato ci sono privati che affittano singole loro proprietà ai
turisti, ci sono poi specialmente grandi proprietari e fondi immobiliari che
stanno acquistando e costruendo alle Canarie. C’è poi un altro fenomeno che si
sta sviluppando ed è l’acquisto da parte degli europei sia per la speculazione
e la successiva vendita dopo un aumento del prezzo sia per l’affitto per le
vacanze. Ci sono anche proprietari locali che lo fanno. In questo modo il mercato
immobiliare è stato stravolto: gli annunci che si trovano alle Canarie sono di
abitazioni di lusso. Come risultato di questo fenomeno la stessa pubblicità
immobiliare è diretta fuori dalle Canarie, o alle Canarie ma in lingua inglese,
francese, tedesca o italiana, sottolineando il fatto che siano case di lusso.
La «clientela» alla quale vengono offerte queste case ha un potere di acquisto
elevato ed è disposta a pagare 300.000 euro semplicemente perché è vicina alla
spiaggia, perché è al Medano, ecc. Ci sono per esempio tedeschi che comprano
una casa per venirci tre mesi all’anno e il resto del tempo l’affittano come
casa-vacanze. Tornando invece ai grandi proprietari c’è un fondo immobiliare
che da poco ha comprato 500 abitazioni alle Canarie per destinarle al turismo o
ad affitti brevi.
Avete ragionato su quali possano essere le soluzioni possibili sul piano
normativo e, anche andando oltre la sola richiesta di leggi, a interventi
economici specifici?
È una questione che impatta principalmente le persone meno abbienti. Coloro
che dispongono di maggiori risorse economiche riescono a restare ai margini
degli effetti negativi della turistificazione, essendo in molti casi agenti
promotori. Nel caso degli effetti della crisi climatica è vero che non scappa nessuno,
ma i più ricchi possono permettersi cure mediche private, il che spiega perché
sono in grado di svendere la sanità pubblica online.
Esiste una classe politica legata alle lobby della costruzione e del
turismo, che opera al loro servizio, ignorando completamente le richieste
concrete provenienti dai movimenti. Le nostre richieste includono: moratorie
turistiche, limitazioni all’acquisto di case da parte di stranieri, un’ecotassa
solida e la fine dei progetti illegali. Questi sono i punti di partenza per un
cambio di modello profondo. La moratoria approvata anni fa dal Governo delle
Canarie, che permetteva di continuare a costruire alberghi a 5 stelle, non è
sufficiente perché questi progetti si devono fermare tutti.
È come se la classe politica vivesse in una realtà separata e non
percepisse l’impatto della turistificazione e della crisi climatica sulla
nostra isola. Esistono le persone comuni e poi chi comanda, al servizio dei
lobbisti, i quali a loro volta sono interessati solo a sfruttare il più possibile
il territorio delle Canarie, nel minor tempo possibile, per il massimo profitto
diretto. E se nel farlo distruggono risorse naturali, passano sopra al
territorio, alla cultura locale, causano lo spiazzamento della popolazione,
contribuiscono al cambiamento climatico, distruggono specie locali, peggiorano
le condizioni di lavoro e aumentano lo stress, non gliene importa nulla perché
contano solo i loro benefici.
Il Governo precedente, teoricamente progressista e attento alla natura e al
territorio, ha aspettato la fine della legislatura per cominciare a sostenere
le posizioni dei movimenti. Hanno avuto quattro anni per limitare l’acquisto di
case agli stranieri e per chiedere una moratoria turistica: perché non l’hanno
fatto? Neanche l’auto-denominato «governo più progressista della storia delle
Canarie» si è avvicinato alle richieste dei movimenti ecologisti. Al contrario,
hanno sfruttato il movimento ogni volta che hanno potuto solo per ottenere più
voti.
*Tiare Gatti Mora, laureata presso la King’s College London, è una
giornalista italospagnola che collabora come giornalista audiovisiva e
militante con media e organizzazioni italiane, spagnole e anglosassoni.
Ferdinando Pezzopane studia Scienze Internazionali, dello sviluppo e della
cooperazione presso l’Università degli Studi di Torino, è attivista del
Collettivo di Comunicazione Chrono.
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