di Comitato Internazionale per l’Etica della Biomedicina (CIEB)
Parere del
Comitato Internazionale per l’Etica della Biomedicina (CIEB) sull'ultima
dichiarazione dell'agenzia del farmaco Italiana
In questi giorni molti italiani hanno preso atto con stupore delle
affermazioni con cui l’AIFA ha ammesso pubblicamente che “allo stato attuale,
nessun vaccino COVID-19 approvato presenta l’indicazione “prevenzione della
trasmissione dell’infezione dall’agente Sars cov-2”.
Tale stupore, in realtà, non appare giustificato, anzitutto perché già
nell’ottobre 2022 i vertici della Pfizer avevano ammesso, di fronte al
Parlamento europeo, di non aver mai testato la capacità del cosiddetto vaccino
anti-Covid di arrestare la trasmissione del virus Sars-Cov-2; e in secondo
luogo perché, fin dall’inizio di questa vicenda, e dunque prima delle pubbliche
ammissioni della Pfizer, è universalmente noto che l’immissione in commercio
del vaccino in questione è stata autorizzata in forza dell’art. 4 del
regolamento della Commissione europea n. 507/2006, secondo cui un medicinale
per uso umano può essere introdotto sul mercato “malgrado non sia stati forniti
dati clinici completi in merito alla sicurezza e all’efficacia del medicinale”
medesimo e dunque in condizioni di assoluta incertezza scientifica in merito
alle proprietà del medicinale per il quale l’autorizzazione è concessa (1).
Le affermazioni dell’AIFA appaiono, quindi, più che stupefacenti, scontate
e tardive. Realmente stupefacente sarebbe semmai ricordare chi o cosa ha
convinto a suo tempo milioni di italiani a credere nelle proprietà salvifiche
di un medicinale i cui effetti erano, in realtà, sconosciuti ab origine: che
siano state, forse, le dichiarazioni del Presidente del Consiglio che ha
introdotto l’obbligo vaccinale (“non ti vaccini, ti ammali, muori, oppure fai
morire”) o le dichiarazioni del Presidente della Repubblica che ha sanzionato
quell’obbligo (“invocare la libertà di non vaccinarsi è in realtà una richiesta
di licenza di mettere in pericolo la salute e la vita altrui”)?
In ogni caso, le ammissioni dell’AIFA hanno almeno il merito di chiarire
una volta per tutte, e definitivamente, che la campagna pseudo-vaccinale altro
non è stata che una gigantesca sperimentazione di massa di un farmaco dagli
effetti sconosciuti, sperimentazione alla quale i cittadini sono stati in parte
spinti gentilmente e in parte obbligati a partecipare e ai quali è stato
estorto un “consenso” che, per definizione, non poteva essere “informato”,
attesa l’impossibilità, da parte di chiunque e in particolare da parte dei
medici-vaccinatori, di conoscere previamente i rischi e i benefici del farmaco
in questione e, quindi, di comunicarli in anticipo ai partecipanti alla
sperimentazione medesima.
È tuttavia evidente che le responsabilità dei mandanti e degli esecutori
materiali di questa sperimentazione di massa non si fermano alla violazione del
principio di consenso informato – come codificato dal Codice di Norimberga del
1947, dall’art. 7 del Patto internazionale sui diritti civili e politici del
1966 e dall’art. 5 della Convenzione di Oviedo del 1997 – avendo gli uni e gli
altri calpestato scientemente, sistematicamente e, finora, impunemente anche
gli altri principi generali di bioetica e di biodiritto: dal principio di
precauzione al principio di beneficenza al principio di non maleficenza, solo
per ricordarne alcuni.
Ma tutto ciò ancora non basta, perché la gestione del Covid ha permesso di
pianificare, per la prima volta su scala planetaria, strategie biopolitiche
fondate sull’imposizione di strumenti di controllo sociale, quali il Green
Pass, che di fatto hanno trasformato i diritti fondamentali dei cittadini in
mere concessioni governative. La portata di questo attentato alle fondamenta stesse
dello Stato di diritto va ben oltre l’imposizione dell’obbligo vaccinale,
essendo ormai evidente che il concetto di premialità sotteso al Green Pass
resterà ancorato alle decisioni politiche e alle scelte normative che saranno
imposte anche in altri contesti (sostenibilità ecologica, energetica,
alimentare, ecc.) da classi dirigenti ormai organiche, e non più solo
funzionali, alle élites finanziarie transnazionali e ai diktat da esse
elaborati a livello globale.
A questo punto resta da chiedersi perché l’AIFA ammetta oggi, con tanto
candore, ciò che il CIEB, unitamente a una piccola parte della comunità
scientifica, sostiene con i suoi Pareri fin dal 2021.
Delle due l’una: o ciò è stato fatto per saggiare il grado di arrendevole
autocommiserazione degli italiani e la possibilità di continuare indisturbati
l’opera di demolizione dello Stato di diritto; o è stato fatto per provocare
una reazione che dovrebbe spingersi, coerentemente, fino a chiedere a tutti i
promotori della campagna vaccinale, e in particolare alle più alte cariche
dello Stato, di assumersi le responsabilità del proprio operato.
Chissà se la seconda, ipotetica reazione sarebbe tollerata dai poteri che
si celano dietro il velo della sovranità statale e che hanno tutto l’interesse
a creare le condizioni in grado di giustificare l’introduzione di misure
restrittive delle libertà personali ancora più stringenti di quelle ricordate
finora, esattamente come sta accadendo in Inghilterra in questi giorni: e cioè,
in altre parole, a creare un nuovo ordine attraverso il caos.
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