venerdì 13 marzo 2020

L’ambiente inquinato è più grave del Covid-19




(Intervista di Francesco Bilotta)


La diffusione del coronavirus come si colloca rispetto alle patologie ambientali? Ne abbiamo parlato con Patrizia Gentilini, medico oncologo ed ematologo, membro di Isde-Associazione di medici per l’ambiente, per fare il punto sulle minacce che incombono sulla nostra salute.

Quale è il suo giudizio su questo virus e sulle drastiche iniziative che cercano di isolarlo e impedire la sua diffusione?
I virus hanno sempre circolato. Questo appartiene alla categoria dei coronavirus e anche se è nuovo non è particolarmente grave. Non sono spaventata. L’80% delle persone colpite ha una risposta blanda e il virus sembra risparmiare i più giovani. Niente a che vedere con la Sars (Sindrome respiratoria acuta), dove la risposta immunitaria al coronavirus era più violenta ed era la stessa risposta immunitaria a produrre i danni maggiori, con liberazione di citochine e una serie di eventi a cascata. Le misure di contenimento sono necessarie per ridurre il numero di persone che vengono a contatto col virus. La letalità si attesta intorno al 2%, un valore non particolarmente alto, ma se i contagiati fossero milioni, allora il numero complessivo di morti sarebbe elevato.

La salute umana è correlata agli squilibri ambientali e questo vale anche per il nuovo coronavirus. In che modo le sostanze chimiche di sintesi e gli inquinanti ambientali possono alterare la risposta immunitaria e facilitare l’azione di virus e batteri?
Tutte le sostanze chimiche che agiscono come interferenti endocrini influiscono sulla capacità immunitaria dell’organismo. Si assiste a una invasione di sostanze chimiche di sintesi (pesticidi, additivi alimentari) e di inquinanti ambientali che hanno effetti tossici e mutageni. I sistemi immunitari più efficienti superano meglio una malattia virale o batterica. Le persone anziane o immunodepresse hanno più difficoltà.

Questa epidemia mette in discussione, ancora di più, il rapporto tra l’uomo e l’ambiente. Gli ecosistemi biologici sono stati profondamente modificati. In che misura le malattie emergenti sono legati ai fattori ambientali?
Le attività umane stanno sconvolgendo gli ambienti microbici e le profonde modificazioni che sono state indotte cambiano anche le modalità di trasmissione e diffusione di virus e batteri. C’è, inoltre una stretta relazione tra inquinamento ambientale (suolo, acqua, aria) e l’insorgenza di gravi patologie. Questo virus è molto potente, nel senso che è riuscito a fermare il mondo, quello che non riesce a fare l’inquinamento ambientale che produce ogni anno nel mondo, secondo l’Oms, più di 12 milioni di morti premature e, di questi, ben 8 milioni sono dovuti all’inquinamento atmosferico. In Italia ogni anno si registrano 80 mila morti a causa dell’inquinamento ambientale e siamo il primo paese in Europa per mortalità dovuta alle polveri sottili. Si sottovaluta il pericolo rappresentato dalle sostanze inquinanti. Si mette in atto una indispensabile mobilitazione per fermare il virus, mentre si adoperano misure palliative rispetto all’inquinamento. Due pesi e due misure che ha gravi conseguenze.

L’area lombardo-veneta, dove sono presenti i principali focolai del virus, è anche quella dove si registrano i tassi più elevati di inquinamento atmosferico e del suolo. Cosa si può fare, una volta superata l’emergenza coronavirus, per affrontare la questione delle malattie legate agli squilibri ambientali prodotti dall’uomo?
Il coronavirus mobilita e riesce a mettere in discussione le nostre abitudini perché scatena paure ancestrali. Attualmente, nei paesi occidentali, il 91% delle morti è causato da malattie non trasmissibili (cardiovascolari, respiratorie, tumori), con l’ambiente che svolge un ruolo decisivo nel favorirle, mentre il 9% è causato da malattie infettive. Le aree più inquinate sono quelle dove si registra la più alta incidenza di patologie. Nella pianura Padana l’esposizione alle polveri sottili e al biossido di azoto rappresenta una emergenza sanitaria. Le concentrazioni hanno raggiunto livelli insostenibili senza che le amministrazioni attuassero misure adeguate. In Veneto c’è una emergenza ambientale causata dall’elevata concentrazione di Pfas (sostanze perfluoro alchiliche) nelle acque sotterranee, superficiali e potabili. Intere comunità sono avvelenate da queste sostanze e una alta percentuale dei residenti nella regione ha valori elevati nel sangue. Facciamo fatica a cogliere la dimensione dei fenomeni, c’è una diversa percezione del pericolo, ma i veleni invisibili meritano la stessa attenzione che stiamo dedicando al coronavirus.

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