Da mesi nel Governo italiano si discute sulla possibile riduzione dell’aliquota fiscale del 35%, che si applica ai redditi delle persone fisiche da 28.000 a 50.000 euro.
In particolare Forza Italia propone di diminuire la percentuale di 2 punti,
scendendo al 33%.
Non solo: di estendere questa aliquota anche ai redditi tra 50.000 e 60.000
euro, attualmente tassati al 43%.
Questa modifica dell’aliquota IRPEF, secondo i proponenti, dovrebbe servire
ad agevolare il ceto medio.
Ma se si prendono in considerazione gli ultimi dati disponibili sulle
dichiarazioni fiscali (del 2023 riferite ai redditi del 2022), si vede
chiaramente che il ceto medio non c’entra nulla con queste proposte.
Per comprendere l’effettivo impatto dell’eventuale riduzione dell’aliquota
al 33% e dell’applicazione anche ai redditi fino a 60.000 euro, si può
calcolare il risparmio in base ai diversi livelli di retribuzione.
Chi guadagna 30.000 euro pagherebbe 40 euro in meno di imposta all’anno.
Con 40.000 euro di reddito lo sconto sarebbe di 240 euro.
Chi ha un reddito di 50.000 avrebbe 440 euro e dai 60.000 euro in su il
risparmio sarebbe di 1.440 euro.
In sintesi, si tratterebbe di una riduzione evidentemente contraria al
criterio della progressività costituzionale, perché la diminuzione dell’imposta
si accentua con l’aumento del reddito.
Resta da vedere quanti potrebbero essere i contribuenti favoriti da queste
riduzioni di tasse e se davvero appartengono al ceto medio.
I contribuenti che avrebbero il massimo risparmio (1.440 euro) sono quelli
con redditi superiori a 60.000 euro.
Si tratta di 1.756.284 persone, che corrispondono al 4,23% del totale.
Se anche volessimo considerare i 762.699 contribuenti con redditi da 50.000
a 60.000 euro, che avrebbero un vantaggio crescente compreso tra 440 e 1.440
euro, si tratterebbe dell’1,84% del totale.
A questo punto sorge spontanea la domanda: che senso ha agevolare
soprattutto il 6% dei contribuenti più ricchi?
Anche allargando il calcolo a tutti coloro che avrebbero uno sconto (anche
se minimo), cioè a partire dai redditi di 28.000 euro a cui si applica
l’aliquota attuale del 35%, si tratterebbe in totale del 25% dei contribuenti.
Detto in altro modo, il 75% dei contribuenti, quelli con i redditi meno
elevati, non trarrebbe alcun beneficio da questa modifica dell’IRPEF.
Perciò, affermare che la riduzione dell’aliquota del 35% andrebbe a
vantaggio del ceto medio, se l’aggettivo “medio” ha un senso, è palesemente
falso.
In tutta questa vicenda quello che più stupisce è la quasi mancanza di
obiezioni sia da parte delle altre forze politiche sia degli organi di
informazione.
Ogni volta che si parla della proposta di Forza Italia non c’è nessuno che
mostri e dimostri, numeri alla mano, che andrebbe soltanto a favore dei più
abbienti.
Nulla ai più poveri e nemmeno al ceto medio indicato espressamente come
beneficiario.
Non solo: la riduzione delle imposte dovute dai contribuenti più ricchi,
comporterà una minor disponibilità di risorse, che di fatto si trasformano in
una riduzione dei servizi per tutti e questa diminuzione di fatto colpisce
maggiormente chi è più in difficoltà.
Di conseguenza il vantaggio per i più ricchi si trasforma anche in uno
svantaggio per tutti gli altri.
Il commediografo inglese Noel Coward ha scritto: “È sorprendente quante
persone sono turbate dall’onestà e quante poche dall’inganno”.
E forse aveva ragione anche Pier Paolo Pasolini: “Il coraggio intellettuale
della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia”.
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