venerdì 8 marzo 2019

I veleni di Gaza che uccidono i bambini di cancro - Michele Giorgio




Oncologia pediatrica dell’ospedale al Rantisi
«È un giorno speciale per l’ospedale al Rantisi di Gaza. Dopo oltre un anno di lavori, viene inaugurato il reparto di oncologia pediatrica. Una struttura all’avanguardia finanziata con tre milioni di dollari raccolti dal Palestine Children’s Relief Fund, Pcrf, una ong palestinese che garantisce assistenza medica ad alta specializzazione ai bambini palestinesi e di altri paesi arabi e per la quale lavorano medici volontari di ogni parte del mondo, anche italiani».
Michele Giorgio, Nena News, una vita in terra di Palestina, non è testimone neutrale, ed è giusto così. Perché di fronte al cancro che si mangia la vita di bambini, non esiste neutralità umana ammessa. E l’autore descrive sul Manifesto, le stanze colorate e con disegni. Per questi bimbi e le loro famiglie l’apertura di questo reparto nella Striscia prigioniera e assediata, è l’unica speranza di salvezza.

Tanti tumori infantili a Gaza
16 letti per il ricovero e di altri 13 per il day hospital, spiega l’oncologa Zeena Salman, con personale medico e paramedico in grado di assistere un centinaio di pazienti all’anno. «Perché sono tanti purtroppo i bambini colpiti da tumore qui a Gaza». Un numero impressionante che il dottor Stefano Luisi, cardiochirurgo pediatra volontario a Gaza e presidente della sezione italiana del Pcrf, mette in relazione alle condizioni ambientali e alle conseguenze dei bombardamenti avvenuti durante le offensive israeliane contro la Striscia.
«Un cocktail micidiale minaccia la salute di adulti e bambini a Gaza. Oltre due milioni di persone vivono in un territorio minuscolo, sotto embargo, con scarsità di acqua potabile, degradato e con precarie condizioni igenico-sanitarie». A ciò, prosegue Luisi, «si aggiungono metalli pericolosi rilasciati dai bombardamenti. Missili e proiettili di artiglieria sono fatti di materiali speciali che rimasti sul terreno nelle zone abitate possono provocare malattie gravi».

Ospedale Rantisi, valico di Erez
Il reparto di oncologia all’ospedale Rantisi ha risolto il problema del sempre difficile attraversamento del valico israeliano di Erez per le strutture ospedaliere della Cisgiordania, e possono avere i genitori accanto a loro. L’esercito israeliano rilascia permessi per i piccoli ammalati, ma non fa altrettanto con i genitori che, perché giovani, sono soggetti a forti restrizioni ‘di sicurezza’ e nella maggior parte dei casi non possono uscire dalla Striscia. Così, ad accompagnare i bambini sono le nonne.
L’ospedale Rantisi allevia solo in piccola parte la difficile situazione della sanità a Gaza e di migliaia di civili ammalati, con tanti corresponsabili. Il blocco israeliano noto, la chiusura del valico di Rafah per decisione dell’Egitto e le sanzioni imposte dal presidente palestinese Abbas che, -denunciano i medici gazawi-, ha allungato i tempi per la consegna di farmaci e attrezzature, impegnato com’è in un duro confronto a distanza con il movimento islamico Hamas che ha il controllo della Striscia.
Morire a Gaza non solo di guerra
Allarme precarietà del ministero della salute sui 13 ospedali e 53 poliambulatori di Gaza, a causa soprattutto della poca energia elettrica disponibile -qualche ora al giorno- che impone l’uso costante di generatori. E presto cesserà la donazione a Gaza di 15 milioni ogni mese per sei mesi offerta dal Qatar.  E da circa un anno ospedali, medici e paramedici palestinesi devono fare i conti, ogni venerdì, con l’afflusso di decine, talvolta centinaia, di feriti dagli spari dei cecchini israeliani durante le manifestazioni lungo le linee di confine della “Grande Marcia del Ritorno” contro l’assedio.
I risultati pubblicati nei giorni scorsi di un’indagine dell’Onu su queste uccisioni, evidenzia come i proiettili sparati abbiamo provocato numerose amputazioni di arti e disabilità permanenti tra i manifestanti feriti. Per Israele quel rapporto è un cumulo di falsità che non tiene conto delle minacce palestinesi, ma le gambe amputate  sono dato di fatto.

Dalla commozione alla geopolitica
Dalla commozione per qui bimbi colpiti da cancro e per le sofferenze generali della popolazione, lo spettro di una quarta offensiva militare. La campagna elettorale israeliana sbilanciata a destra sulla questione palestinese, potrebbe favorire qualche azzardo militare contro Hamas e altre formazioni palestinesi che tengono vivo lo scontro lungo i confini, per spingere Israele a rimuovere il blocco della Striscia. Da alcune settimane ‘unità notturne’ hanno preso il posto degli ‘aquiloni e dei palloni incendiari’ per tenere impegnati i soldati israeliani.
Pneumatici dati alle fiamme, tentativi di superare le recinzioni e altoparlanti che diffondono slogan e canti nazionali palestinesi. E ordigni rudimentali con danni limitati ma tensione alta. Israele reagisce con cannoneggiamenti e bombardamenti aerei. «Se noi non possiamo vivere da essere umani, anche gli israeliani non potranno farlo» era scritto su un pallone incendiario lanciato dai palestinesi. Filosofia di morte a cui preferiamo sfide come quella dell’ospedale Rantisi.

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