lunedì 4 marzo 2019

Il tempo stringe e l’inizio è adesso - Alberto Castagnola


I giovanissimi hanno capito che si sta decidendo il loro destino sul pianeta e hanno deciso che non possono più aspettare che le classi dirigenti si occupino finalmente degli eventi climatici sempre più gravi. Tutte le persone che da tempo hanno una chiara percezione della gravità della situazione ambientale e che seguono con preoccupazione crescente l’evoluzione dei fenomeni climatici più estremi guardano con molto interesse e una punta di ansia la nascita e la rapida diffusione di un movimento internazionale degli studenti delle scuole e delle università. Le loro rivendicazioni hanno il pregio di essere molto chiare e di non prestarsi a distorsioni interessate: vogliono che i politici finalmente si muovano e prendano tutte le decisioni necessarie per affrontare gli squilibri del pianeta e i principali danni che colpiscono interi popoli e territori sempre più vasti.
Chiedono, soprattutto, che mettano in pratica le decisioni necessarie nei tempi ristrettissimi imposti ormai dal progredire sempre più rapido del riscaldamento globale e delle aree continentali coinvolte da fenomeni inarrestabili, dalla siccità e dagli incendi, dalle alluvioni e dai cicloni, dagli inquinamenti dell’aria e dall’innalzamento degli oceani. I giovani hanno seguito con angoscia la vanità e il ritardo con cui procedono da oltre venti anni le trattative in sede ONU, dove all’apparente unanimità del coinvolgimento di tutti gli Stati della terra non fanno seguito misure adeguate e incisive di interventi concreti e risolutivi.
La lettura dei cartelli che colorano le loro manifestazioni rivela che le loro analisi sono accurate e aggiornate e si basano sul parere, ormai dominante, di tutti gli scienziati che si occupano di clima e di ambiente. I loro scioperi e le loro marce hanno obiettivi precisi e realistici. Anche i loro tempi e la loro capacità di resistere al normale logorio degli impegni protratti per mesi al momento non destano preoccupazioni: Greta ha lanciato la sua provocazione nell’agosto dell’anno scorso, e i suoi discorsi semplici e quasi elementari, ma duri e realistici nei contenuti, continuano a sollecitare strati sempre più ampi di partecipazione, mentre studenti di paesi sempre nuovi si aggiungono ogni giorno al movimento ormai internazionale.

La punta di ansia, che i vecchi militanti non riescono a frenare, riguarda la conoscenza, più volte rinnovata nel passato, della infinità elasticità e ottusità delleclassi dirigenti di un gran numero di paesi, abituate ad assorbire accuse e sollecitazioni e a continuare imperterrite nelle loro strategie di crescita infinita e di dannosità senza limiti, noncuranti dei desideri e delle esigenze profonde dei rispettivi popoli. Purtroppo i danni che continuiamo ad infliggere al pianeta non possono essere proseguiti per molti anni senza arrivare ai “punti di non ritorno” tanto paventati dagli scienziati. Anche il limite dei 12 anni, tante volte richiamato come il periodo che ancora avremmo a disposizione per ridurre drasticamente le emissioni dei gas serra e degli altri meccanismi di danno ambientale, sembra potrebbe ridimensionarsi se la serie degli “anni caldissimi” dovesse continuare (come prevedono non pochi scienziati, in particolare quelli del Goddard  Institute della Nasa e del NOAA) come si è verificato in questo inizio di secolo.
E’ evidente che i politici dovrebbero assolutamente essere costretti ad adottare misure significative subito (cioè non avendo davanti un periodo di oltre dieci anni) ma che prevedano impegni immediati e cogenti, da attuare magari con delle gradualità tecniche, ma non suscettibili di perdersi nei meandri delle misure legislative o nei labirinti della pubblica amministrazione.  E’ evidente che se il movimento adottasse un atteggiamento di questo tipo, anche le manifestazioni dovrebbero ogni volta verificare il comportamento dei politici e incalzarli sul rispetto degli impegni presi, verificando anche in termini concreti la reale incidenza sui dati del clima e del riscaldamento.

I prossimi venerdì rivestiranno un crescente interesse politico, specie in Italia, dove mancano quasi completamente i meccanismi automatici di controllo dei tempi di assunzione delle responsabilità politiche e soprattutto di verifica continua della realizzazione concreta delle iniziative legislative approvate. I giovanissimi potrebbero così diventare addirittura un fattore cruciale di rinnovamento del contesto in cui si muove la classe politica. Ma i tempi del clima forse non permetteranno lo svolgimento di un processo che deve essere obbligatoriamente profondo e diffuso, come denunciano i recenti risultati elettorali.

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