Ricordo che da bambini, nei primi anni ’60, al pranzo dei giorni di festa, o nei rari banchetti nuziali ai quali ci capitava di partecipare - allora si tenevano quasi sempre a casa degli sposi; quasi mai al ristorante come usa oggi - mentre i grandi bevevano vino, noi piccoli avevamo diritto alla nostra abbondante e fresca razione di gazzosa.
Ricordo pure come molte passeggiate fatte d’estate, in compagnia dei nonni o degli zii adulti, finivano con noi seduti a cavalcioni sul muretto, i piedi penzoloni, esausti ma soddisfatti; o all’ombra di un pergolato - come nelle più torride gite in Sicilia - a gustarci, in piena tranquillità, una bottiglietta ghiacciata di quella soave, frizzante bevanda, con leggero aroma di cedro.
Dubito molto che ancora oggi esista qualcuno disposto a produrre, imbottigliare e distribuire quella modesta bibita effervescente che bevuta d’un fiato ti toglieva il respiro.
Dubito molto che ancora oggi esista qualche buontempone disposto a venderla per le poche lire che allora ci chiedeva il nostro vecchio amico barista, grasso e baffuto. Tu gliela chiedevi, lui la pescava dal bidone pieno di acqua e ghiaccio, tuffandoci dentro quasi tutto il braccio. Subito ti tendeva l’altra mano asciutta, aperta e avida. Ti cedeva la bottiglietta solo dopo che glie l'avevi regolarmente pagata.
Oggi siamo tutti condannati, inesorabilmente, alla modernità! E, si sa, la modernità non sempre è vero progresso...
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