domenica 13 giugno 2021

Ci scrive un Vecchio Giornalista: “Solinas e la legge 107 mi ricordano perché mi sono separato” - Vito Biolchini

 

Leggevo per diletto il contenuto della legge 107 appena approvata, meglio nota come “legge poltronificio” e più andavo avanti, più rivivevo le ragioni che mi hanno portato a separarmi. Non so, forse è il fatto che la mia ex moglie ha voluto lasciare il cellophane sulle poltrone per anni che mi ha provocato l’associazione di idee.

Parto dalla fine: nella relazione di minoranza, l’onorevole Corrias definisce la legge 107 “il tentativo di accentrare nella Presidenza della Giunta il coordinamento e il controllo di tutte le funzioni politiche e amministrative della Regione”. Ecco, è esattamente quello che fece la mia ex moglie Doloretta (la chiamerò con un nome di fantasia). 

Appena tornati dal viaggio di nozze ad accoglierci trovammo infatti mia suocera. Ci fece trovare un’ottima cena, e lì per lì io non feci caso al fatto che possedeva un mazzo di chiavi della nostra casa. Mi ci volle qualche settimana per capire che Doloretta aveva “istituito il Segretariato generale con funzioni di vertice per il coordinamento ed il controllo dei dipartimenti e delle direzioni generali”, ovvero sua madre. Ed era chiaro che me la sarei ritrovata tra i piedi a lungo, visto che “il Segretario generale è titolare di un incarico fiduciario e può essere revocato in qualunque tempo con decreto del Presidente della Regione”. Ma Doloretta non lo avrebbe mai revocato l’incarico e, zitta zitta, aveva messo in atto il “rilancio delle attività di impulso politico, di coordinamento e di attuazione degli interventi intersettoriali”. In pratica, decideva tutto lei.

Dovetti presto scoprire che Doloretta, un po’ come il nostro presidente Solinas, amava circondarsi di consigliere e consiglieri scelti “tra persone di particolare e comprovata qualificazione professionale”; per cui sua sorella Grazia divenne “direttore del Servizio studi ”, ovvero ci dava tanti consigli (già sposata e madre) su come gestire la casa ed educare i figli che manco ancora erano nati.

Poi c’era l’altra sorella, Graziella (matrimonio già in crisi), che dirigeva “l’ufficio di staff tecnico, supporto politico, tecnico e di macro amministrazione, di supporto nell’individuazione delle linee programmatiche politiche e nella verifica della corretta e precisa attuazione delle stesse ed al raggiungimento dei risultati”: in pratica, le suggeriva i modi più sottili e raffinati per controllarmi e possibilmente torturarmi. Perché mi odiava, era palese. 

Vi lascio immaginare come si chiamasse mio cognato, al quale Doloretta affidò “il comitato per la legislazione, con funzioni di supporto alla Giunta nella elaborazione di testi di disegni di legge da proporre al Consiglio regionale nonché in materia di semplificazione normativa”. A lui era affidata la manutenzione di casa nostra. Veniva a fare lavoretti, dato che io non so nemmeno appendere un quadro, e lui spadroneggiava, facendo il bello e il cattivo tempo. Allora non era di moda, ma lo si sarebbe potuto soprannominare “Ammiocugino”. Era un pasticcione, ma tanto pure lui era titolare di un incarico fiduciario e poteva essere revocato in qualunque tempo con decreto del Presidente della Regione.

Quando nel testo della legge 107 ho letto che l’Ufficio di Gabinetto includeva anche “l’ufficio del cerimoniale”, ho capito che davvero c’era un incredibile parallelo tra la legge e il mio matrimonio. Doloretta infatti nominò a capo di questo ufficio una sua amica fidatissima, di cui dirò il vero nome, Gisella, perché mi voglio vantare del soprannome che le affibbiai: “Gisegua”. Era donna libertina e cattiva come poche e che, non avendo famiglia, era perennemente a casa nostra, a suggerire nuove e agghiaccianti soluzioni d’arredo e improponibili menù. 

Quasi ogni fine settimana mi ritrovavo a tavola l’intero staff, inclusi figli e consorti. Esattamente come per me, anche per la legge 107 la domanda sorgeva spontanea: ma per far mangiare tutta questa gente chi paga? A portare reddito era solo il sottoscritto e francamente di tutti quei consiglieri, sebbene espertissimi, ne avremmo potuto fare benissimo a meno.

Quindi ritornando a noi, io ho deciso di separarmi e ho fatto bene. Magari anche i sardi, pensando che quelle tavolate le dovranno pagare loro, decideranno di separarsi dall’attuale giunta o quanto meno quando sarà il momento di votare rifletteranno bene su chi stanno andando a sposare.

Comunque, il giorno in cui feci le valigie, prima di andarmene, entrai in salotto e per dispetto strappai il cellophane dalle poltrone. Volevo dirvelo.

Un Vecchio Giornalista

da qui

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