mercoledì 9 giugno 2021

Ai bambini non serve

 “VACCINO COVID? SÌ, MA AI BAMBINI NON SERVE”

Una catastrofe morale: la definizione è del Direttore esecutivo dell’OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus. “Nei paesi ricchi – ha detto – si propone ai bambini e agli adolescenti il vaccino, mentre gli operatori sanitari nei paesi poveri non ne hanno”. E ancora: “In una manciata di paesi ricchi che hanno acquistato la maggior parte della fornitura di vaccini, i gruppi a basso rischio vengono ora vaccinati”. Ghebreyesus esorta gli stati a donare i vaccini non destinati alle categorie a rischio a Covax, un progetto (gestito da OMS e altre organizzazioni) che mira a garantire che i “Paesi in via di sviluppo” abbiano accesso ai vaccini.

Finora oltre 53 milioni di dosi di vaccini Covid-19 sono stati spediti in 121 Paesi e territori partecipanti. Al momento, ha spiegato il portavoce OMS, solo lo 0,3 per cento delle forniture globali di vaccini è andato ai Paesi a basso reddito, che ospitano il 9 per cento della popolazione mondiale. In alcune parti del mondo le persone a rischio potrebbero non essere immunizzate fino al 2024, quindi bisogna destinare i vaccini a chi è più in pericolo piuttosto che ai bambini, il cui rischio di ammalarsi è veramente basso, ha sottolineato.

Eppure, il 19 maggio il ministro Speranza ha dichiarato: “Vaccinare i giovani è altamente strategico ed è essenziale per la riapertura in sicurezza del prossimo anno scolastico”. Tuttavia, da vari studi pubblicati in Italia e all’estero e dagli screening effettuati nelle scuole sappiamo che esse sono uno dei luoghi più sicuri. Si stima che sotto i 20 anni la suscettibilità all’infezione sia circa la metà rispetto a chi ha più di 20 anni. La mortalità tra 0 e 20 anni per Covid-19 corrisponde a 0,17 per 100.000 abitanti, pari a un duecentesimo della mortalità totale stimata per tutte le cause in un anno normale. Il numero di vaccini da usare (NNT) per i bambini è di circa 14.000 per evitare un caso severo di malattia Covid-19 e per evitare un decesso si parla di circa 500’000.

L’autorizzazione condizionata concessa da Ema al vaccino anti Covid per gli adolescenti della fascia d’età 12-15 anni significa che i giovani a rischio o coloro i cui tutori ritengano debbano essere vaccinati, potranno esserlo. I pronunciamenti del Ministero e di molti rappresentanti istituzionali vanno invece nella direzione di condizionare la riapertura delle scuole in presenza solo a una massiva vaccinazione di categorie che sono a basso rischio di infezione e contagio e a rischio trascurabile di morbidità, introducendo un chiaro vulnus democratico. Mai prima la medicina ha chiesto tanto: vale la pena ricordare che i trattamenti medici si somministrano per la tutela della salute individuale, senza poter essere imposti per il solo interesse alla salute collettiva, tanto più nel caso dei minori. Data la bassa incidenza, la bassa gravità della malattia nelle fasce pediatriche e il fatto che le scuole non hanno un ruolo rilevante nella trasmissione del SARS-CoV-2, anche con le nuove varianti, e quindi i limitati benefici che i vaccini potrebbero avere per la collettività, al momento non si vede l’urgenza di vaccinare i giovani, mentre è molto più urgente vaccinare i tanti anziani e fragili che, per diversi motivi a loro non imputabili, non hanno avuto accesso al vaccino o non sono ancora riusciti a prenotarsi sulla piattaforma.

Inoltre, seppur questi dati siano preliminari, nei Paesi dove si è raggiunta un’alta copertura vaccinale (UK, Israele) la curva dei contagi è stata abbattuta anche senza la vaccinazione degli under 16. Al contrario, a fronte di benefici minimi nei giovani, c’è comunque la possibilità seppur remota di eventi avversi conosciuti e comuni, anche se probabilmente in gran parte reversibili.

La vigilanza post-marketing delle vaccinazioni è iniziata da poco; le informazioni su eventi rari ma pericolosi si potrebbero presentare nel corso degli anni.

L’approvazione per uso emergenziale di FDA è basata su circa 1.000 bambini fra i 12-15 anni e quindi le informazioni di sicurezza che se ne possono dedurre non possono escludere eventi avversi rari, con un’incidenza inferiore a 1/500. Sabato 29 maggio l’agenzia regolatoria UE, estendendo l’autorizzazione condizionata al commercio come richiesto dall’azienda farmaceutica Pfizer biontech, ha rilevato che, “visto il numero ridotto di bambini partecipanti allo studio, non è stato possibile valutare effetti collaterali rari”. Nonostante questa incertezza, ha considerato che “i benefici del vaccino Pfizer in bambini di età tra i 12 e i 15 anni superino il rischio, specificamente per i minori che presentano condizioni tali da determinare il rischio di sviluppare un COVID serio”. Non quindi per tutti. Soprattutto quando si parla di obbligo, il bilancio tra rischi e benefici attesi andrebbe stabilito da un’analisi condotta sul lungo periodo, in particolare nei giovani.

Anche solo alla luce di queste incertezze e della peculiarità delle aspettative di vita dell’età pediatrica, il principio del bilanciamento tra valori costituzionali, della salute primariamente come diritto fondamentale individuale (art. 32 co. 1 Cost.) e della valorizzazione del superiore interesse del bambino e dell’adolescente (articoli 3 UNCDC e art. 24 Carta dei diritti UE) impongono di usare una particolare cautela finché non si avrà una conoscenza adeguata delle implicazioni di questa vaccinazione. Tra i rischi dei vaccini anti-Covid ai giovani includiamo il messaggio simbolico comunicato ai ragazzi: fate attenzione perché chiunque può essere un pericolo. Stiamo insegnando ad avere paura dell’altro da sé, ad avere paura della vicinanza, dell’abbraccio, perché l’incontro potrebbe essere in potenza sempre portatore di malattia. Simbolicamente, un fatto grave.

I vaccini contro la Covid-19 effettuati nelle fasce di età adulta stanno riducendo i casi gravi di malattia e la mortalità nella popolazione. La loro somministrazione dovrebbe continuare a proteggere prima di tutto le fasce a rischio, per le quali la malattia può essere grave e letale, inclusi i soggetti in età pediatrica che sono particolarmente esposti a causa di patologie concomitanti.


Referenze

https://www.politico.eu/…/who-chief-vaccination-of…/

https://www.thelancet.com/…/PIIS2352-4642(21…/fulltext

https://www.fda.gov/…/coronavirus-covid-19-update-fda…

https://www.thelancet.com/…/PIIS2589-5370(20…/fulltext

https://blogs.bmj.com/…/covid-vaccines-for-children…/


Sara Gandini, epidemiologa; Daniele Novara, pedagogista; Maria Luisa Iannuzzo, medico legale; Marco Cosentino, medico farmacologo; Maurizio Rainisio, statistico; Raffaele Mantegazza, pedagogista; Ilaria Baglivo, biologa; Maurizio Matteoli, pediatra; Emilio Mordini, psicanalista; Gilda Ripamonti, giurista; Olga Milanese, avvocato; Elena Dragagna, avvocato; Marilena Falcone, ingegnere; Francesca Capelli, sociologa

da qui

 

 

Imparare la lezione o vaccinare i bambini? - Patrizia Gentilini

Lo sconvolgimento che a livello globale il nuovo coronavirus ha comportato ci impone non solo di riflettere, ma di interrogarci sulle possibili soluzioni per uscire da questa crisi planetaria. Fin dall’inizio si è scritto che più che “pandemia” si doveva parlare di “sindemia”, ovvero dell’interazione nefasta di molteplici fattori (sanitari, sociali, ambientali, economici), tutti comunque riconducibili al rapporto predatorio ed aggressivo dell’uomo col resto del Pianeta.

Già in tempi non sospetti autorevoli voci si erano levate denunciando il pericolo sempre più incombente di nuove pandemie e la necessità che il genere umano si impegnasse molto di più “per conservare la natura, preservare i servizi ecosistemici e la biodiversità, comprendendo e mitigando le attività che portano all’emergenza delle malattie”. Di fatto numerosi sono ormai gli studi che attestano come la maggior incidenza e gravità della Covid 19 si registri nelle aree maggiormente inquinate, quasi che da esse si levasse un ulteriore grido d’allarme per farci cambiare rotta. Un ampio studio condotto negli Stati Uniti ha dimostrato che per ogni aumento di 1 mcg/m3 di PM2,5, si ha un incremento di mortalità da Covid-19 del più 11 per cento, dato che, rapportato all’Europa, si traduce in un incremento pari al 19 per cento, e che è ancor più elevato per la Pianura Padana, area fra le più inquinate del continente europeo, e in cui si sono registrate le più elevate mortalità da Covid-19.

Ma non è solo la qualità dell’aria a condizionare la gravità della pandemia: da una ricerca dell’Università di Firenze che ha messo in relazione il numero di casi di Coronavirus con i modelli di agricoltura presenti nelle varie zone del Paese è emerso che nelle aree di agricoltura intensiva si registrano 134 casi ogni 100 km2, rispetto ai 49 casi delle aree non intensive, differenze che si confermano anche considerando i dati demografici.

Ma invece di imparare la lezione che questa crisi epocale ci sta dando ancora una volta sprechiamo l’occasione di ridurre drasticamente l’inquinamento e “fare pace col pianeta” e di fatto si propone come unica soluzione la vaccinazione di massa, addirittura estendendola a giovani e bambini, possibilità questa su cui autorevoli voci contrarie proprio in questi giorni si sono levate.

A questo proposito è stato lanciato un appello dalla Rete Sostenibilità e Salute con cui si richiede la moratoria della vaccinazione anti Covid-19 nei bambini e già sottoscritto da circa un migliaio fra medici e operatori sanitari (all’appello si può continuare ad aderire seguendo le istruzioni che in esso compaiono e l’elenco dei sottoscrittori sarà via via aggiornato).

I bambini sono fortunatamente risparmiati da questa pandemia, non hanno un ruolo rilevante nella trasmissione del SARS-CoV-2, ma rischiano di essere le sue più grandi vittimeI vaccini in uso, infatti, riducono ma non azzerano la trasmissione dell’infezione (con alcune varianti in Israele è stato documentato persino l’opposto), hanno durata sconosciuta ed efficacia ridotta su alcune delle varianti sinora emerse, a oggi non è stata stabilita la necessità e la frequenza di dosi di richiamo e soprattutto ancora troppo poco sappiamo degli esiti a lungo termine di questi trattamenti in organismi che hanno tutta la vita davanti. Perché una sollecitudine analoga a quella che si mostra nel voler vaccinare i bambini per una malattia che fortunatamente non sviluppano non la si dimostra anche nel difenderli dai rischi ambientali e dai comportamenti a rischio?

Confrontiamo qualche numero: dall’inizio della pandemia, oltre sedici mesi fa, fra 0 e 19 anni sono deceduti per Covid-19 26 soggetti, di cui la maggior parte già affetti da gravi patologie. D’altro canto in Italia ogni anno da 0 a 19 si ammalano di cancro oltre 2.400 soggetti e 356 ne muoiono, per non parlare dell’autismo (all’origine del quale ci sono anche fattori ambientali) che riguarda ormai un bambino su 77 fra 7 e 9 anni.

Ma al di là del “celebrare” queste situazioni dedicando ad esse apposite giornate (15 febbraio per cancro infantile e 2 aprile per l’autismo), cosa si fa di concreto? Direi purtroppo ben poco, eppure molto già sappiamo e molte azioni concrete potremmo mettere in campo per la prevenzione primaria sia dei tumori infantili che dell’autismo. Direi che mai, come in questo caso, mi sembra si usino due pesi e due misure, eppure l’imperativo ippocratico “primum non nocere” è un principio basilare per ogni medico e a maggior ragione dovrebbero esserlo anche per ogni provvedimento di sanità pubblica, specie se riguarda ciò che più importante ogni società dovrebbe avere a cuore: i propri bambini.

Più che mai nei confronti dell’infanzia dovremmo impegnarci invece per farli vivere in un ambiente non inquinato, respirare un’aria pulita, promuovendo un’alimentazione sana (ricca di verdura e frutta fresca e secca oleosa, cereali integrali, legumi, e povera di carni rosse e lavorate, bibite zuccherate, cereali raffinati…) e senza residui, nonché di una salutare attività fisica, fattori tutti fondamentali nel preservare le fisiologiche capacità difensive dell’organismo e contrastare non solo contro le infezioni, ma anche il carico complessivo di malattie croniche da cui sempre più sono afflitti.

da qui

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