sabato 5 giugno 2021

Il terrore sui non umani - Grazia Parolari

 

Abbiamo il cuore spezzato. Oggi, dopo il cessate il fuoco, siamo riusciti ad andare al nostro rifugio. I cani mi guardavano come a domandarmi dell’orrore che hanno dovuto sopportare. Alcuni sono riusciti a sfondare la recinzione e sono fuggiti, restando vicino al rifugio, ma senza tornare. Ne abbiamo trovato uno mezzo seppellito dalla sabbia, l’abbiamo tirato fuori, ma è ferito ad una zampa e non riesce a camminare. Due di quelli fuggiti sono morti. Anche Lucky è morto, il cavallo che avevamo salvato a dicembre con l’impegno di dargli una vita migliore. Non è bastato il nome a portargli fortuna. E’ morto per una profonda ferita al collo causata da schegge di bombe, così come il nostro asino. Frammenti hanno colpito anche l’occhio di Sasha, uno dei cani, con gravi conseguenze. Questo solo al rifugio. Immaginate quello che hanno subito gli animali a Gaza. Abbiamo davvero il cuore spezzato. Abbiamo molto duro lavoro davanti a noi, non solo per riparare il rifugio, ma anche per sostenere psicologicamente i nostri animali, per cercare di far loro dimenticare il terrore”.

 

Con queste parole Saeed Al-Err, direttore e fondatore di Sulala Society for Animal Care (che durante l’attacco a Gaza ha cambiato il nome in Sulala Animal Rescue), ha raccontato in un post su FB la situazione da lui trovata, il giorno successivo al cessate il fuoco, al rifugio per cani randagi che ha creato e di cui si occupa.

 

In una Gaza già stremata da un assedio che dura ormai da 14 anni, con gravi problemi, tra gli altri, di acqua potabile e accesso a cure mediche, ci si aspetterebbe che gli animali non siano certo tra le priorità, e che la questione del loro benessere, incluse cure veterinarie e accesso al cibo, venga posticipata a indeterminati “tempi migliori”.

Ma a Gaza, la speranza per gli animali esiste, e si chiama Sulala  (Sulala significa semplicemente “razza” in arabo), un team i cui volontari mettono il cuore e l’anima nel prendersi cura dei numerosissimi cani e gatti randagi (e non solo) della Striscia.

Il rifugio, costruito su due dunam di terreno (2.000 metri quadrati) a sud di Gaza City, è stato istituito in collaborazione con la municipalità di Gaza, che nel 2020 ha messo a disposizione lo spazio e fornisce le gabbie per la cattura dei randagi. Il Ministero della Salute assicura invece le medicine e le vaccinazioni necessarie, oltre ad avere acconsentito a un progetto pilota di sterilizzazione che ha avuto anche parere favorevole dalle istituzioni religiose (una fatwa ha stabilito che è meglio sterilizzare gli animali piuttosto che consegnare una popolazione in costante crescita alla miseria e agli abusi).

 

Quotidianamente il piccolo team di Sulala percorre le strade dei quartieri residenziali in cerca di randagi, o risponde alle chiamate dei cittadini per animali feriti o maltrattati. Durante l’appena concluso attacco di Israele, ha cercato per quanto in suo potere di portare soccorso, cibo e acqua a tutti gli animali in difficoltà, oltre ad appellarsi ai cittadini perché, ove possibile, si prendessero cura dei molti cani presenti nei terreni agricoli e rimasti, legati, senza cibo e acqua per giorni, in quanto i loro proprietari erano impossibilitati a raggiungerli.

Tra i molti animali soccorsi, un cane che durante un bombardamento, in preda al terrore, si è lanciato dal sesto piano di un palazzo, procurandosi diverse fratture.

Del resto, anche in tempi di “pace”, oltre il 60% dei cani portati al rifugio soffre di malattie o fratture agli arti. Spesso le ferite o le fratture sono provocate da maltrattamenti e, come dice una volontaria del rifugio durante un’intervista al giornale Al Monitor:  “Non è sempre vero che i cittadini vengono danneggiati dai cani; a volte è il contrario. Abbiamo trovato Nancy sdraiata sul ciglio di una strada a Gaza City, con una zampa rotta dopo essere stata picchiata dai bambini. Le abbiamo fornito cure mediche e le abbiamo dato una casa in questo rifugio”.

Proprio per favorire una migliore convivenza tra uomini e animali, Sulala organizza giornate informative nelle scuole, rivolte agli scolari ma anche ai genitori, e non rifiuta il suo aiuto a nessuna specie animale.

Durante i recenti bombardamenti, molte sono state le immagini di persone, spesso ragazzini, che aiutavano cani e gatti in difficoltà, a misura di quanto la sensibilità verso gli animali non umani stia cambiando, e questo grazie anche a Sulala.

Saeed Al-Err, il fondatore di Sulala, è un dipendente dell’Autorità Palestinese in pensione, con nove figli, che si prende cura degli animali in difficoltà sin dall’infanzia. Dopo un corso di addestramento per cani di nove mesi in Russia, Al-Err ha lanciato Sulala nel 2006 e la maggior parte della sua famiglia ora lavora al suo fianco nella cura degli animali.

“Non posso fare a meno di occuparmi di loro” Saeed si racconta in un video, quando ancora non aveva fondato il rifugio e si prendeva cura degli animali dalla sua casa.

Fino all’avvento della pandemia di coronavirus, nutriva i cani e i gatti con gli scarti della macellazione dei numerosi allevamenti avicoli o delle fattorie, ma a causa della chiusura dei mercati per la macellazione e la vendita di pollame, imposte per frenare la diffusione del virus, ha dovuto ricorrere alla scorte di cibo immagazzinate per le emergenze. Quelle stesse scorte utilizzate, durante gli 11 giorni di bombardamenti, per sfamare tutti gli animali che ne avevano bisogno mentre, impossibilitato a raggiungere il suo rifugio, manteneva la speranza che qualcun altro potesse farlo.

Uno dei volontari del team è riuscito a farlo, se pure solo un paio di volte, portando cibo e acqua.

Ma nulla ha potuto, né lui né Saeed, per salvare la vita di Lucky e degli altri, uccisi dalle bombe israeliane.

Bombe sganciate da quello che, ovviamente senza alcuna vergogna, si definisce surrettiziamente “l’esercito più vegan del mondo”.

 

Per aiutare Sulala Animal Rescue http://paypal.me/donatesulala

Fonte: Invicta Palestina

 

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