Diciamoci la verità: basta far finta di non vedere. Di certo,
sarà più difficile per chi ha la sfortuna di visitare un macello o di
imbattersi, magari per caso, in un frammento di informazione sulle condizioni
in cui viene tenuto il bestiame che portiamo in tavola. Noi riusciamo a
sopportare la schiavitù degli «animali umani», chi volete che si preoccupi per
quella di un vitello che non vota, non fa nulla per liberarsi e nemmeno riesce
a protestare?
Come possano esserci così pochi vegetariani? È
un mistero. La forza dell’abitudine, la scarsa sensibilità del pubblico in
generale rispetto alla sofferenza degli animali, la poco radicata coscienza
ecologica, la mancanza di voglia di cucinare, il gusto di divorare cadaveri,
“carne cara data vermis”, carne cara data ai vermi, “ca -da-ver”, sarà che ci
piace moltissimo comportarci come i vermi, e in più divorare animali torturati.
Indignarsi per la fame nel mondo o per le
corride, per il consumo della carne di cane in Corea o per la strage di
cuccioli di foca in Canada, e non visitare mai un macello o non conoscere le condizioni
del bestiame nelle stalle e non sapere quello che le bestie mangiano…e poi
continuare comunque a mangiare carne, è qualcosa che non quadra. Non possiamo
vedere soffrire gli animali fino al punto da voltarci da un’altra parte. Ci
fanno pena, poverini, così li mangiamo.
La verità è che le testimonianze che forniamo a proposito
della sofferenza degli animali non umani sono risibili. Gli studiosi delle
specie, come tutti i razzisti, guardano da un’altra parte, mostrano la loro
faccia solo quando il problema li tocca da vicino. Allora cominciano a parlare
di filiere, a chiedersi se anche i pesci soffrono e cose simili. Per portare
gli ascoltatori divertiti dalla loro parte. Non parlano assolutamente delle
condizioni delle aziende produttrici di uova e latte industrializzati. Vogliono
vivere tranquilli. Ci mancherebbe altro!...
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