C’è
un’emergenza educativa in atto di cui siamo – chi più chi meno – diversamente
responsabili. Ci siamo persi la natura. E non solo a scuola. Scomparsa o
relegata alle due ore di scienze, come conoscenza e studio di seconda mano.
Abbiamo allontanato i nostri bambini dagli alberi, dai fiori, dagli animali,
dal cielo, dalle nuvole, dalla pioggia…
“La
natura, in verità, fa paura alla maggior parte della gente. Si temono l’aria e
il sole come nemici mortali. Si teme la brina notturna come un serpente
nascosto tra la vegetazione. Si teme la pioggia quasi quanto l’incendio” diceva Maria Montessori.
Conosco
un bambino che non ha mai visto il mare. Chi non è mai stato in montagna. Molti
nella mia classe non hanno mai visto la neve. Alcuni non hanno mai visto un
pulcino. Li conoscono senza averne fatto esperienza. Senza essersene bagnati.
Senza averli tenuti tra le mani. Senza quel contatto intimo che si scrive per
sempre nell’anima.
I
nostri bambini sempre più protetti diventano sempre più artificiali. Non hanno
più la terra sotto i piedi. Hanno paura di sporcarsi le scarpe di fango. E
diventano allergici ai pollini e ai gatti. Lontani e separati dal verde, con la
natura ristretta ai pochi elementi che resistono nei nostri percorsi urbani, ci
ritroviamo – adulti e bambini – con l’anima rimpicciolita e non ce ne
accorgiamo. “Il sentimento della natura – diceva ancora la Montessori – cresce
come ogni altra cosa; e non è certo trasfuso da noi con qualche descrizione od
esortazione fatta pedantescamente dinanzi ad un bimbo inerte e annoiato chiuso
tra mura…”,
È in quel sentimento che si gioca il legame
con la vita e la sua qualità. L’esplorazione, la curiosità, l’avventura, la
fiducia. La poesia del mondo naturale e la sua bellezza. Perché natura è
cultura. È scoperta delle relazioni che esistono tra gli elementi, e quindi è
cura e rispetto. Ma, per prima cosa, per ogni bambino è gioia e incanto...
grazie a Franca per la segnalazione
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